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    Laziomania: dal 1’ st si capiva come sarebbe finita, a Sarri non basta l’asilo

    Laziomania: dal 1’ st si capiva come sarebbe finita, a Sarri non basta l’asilo

    • Luca Capriotti
    Un ottimo Lecce: cattivo, alto, forte sul pallone, ordinato, ben messo in campo da un altrettanto bravo Baroni. Lazio col cronometro in mano: dopo 30’ di dominio assoluto con gol del vantaggio decide di mollare le redini della partita e godersi il panorama di questo ritorno della Serie A nel 2023. E il Lecce, ottimamente, calpesta la Lazio mentre sta a fischiettare sul pallone. In tutti i sensi. 

    PREDOMINIO FISICO - Non vi parlerò della Lazio che fa bene: è la solita di Sarri. Un calcio elegante, veloce, vivace. Vi parlerò di Mr Hyde, la Lazio che un po' intenerisce. Sembra quella famosa scena dei Simpson con Krusty il clown, in cui i bambini gridano: “Bastaaa, è già stecchito”. La Lazio è stecchita, il Lecce gli cammina sopra. Non solo grazie all’entrata in campo potente di Di Francesco (sembra Conti contro la Roma, una sentenza) ma in generale perché fa la voce grossa tecnicamente, fisicamente, pure nella taverna di fine partita l’impressione è che il Lecce abbia condotto la Lazio dove voleva Baroni. In una ridda di recriminazioni, rimpianti, mentre la bolgia applaudiva il clima UFC del finale. Mentre dall'altra parte non ho sentito io i cori, ma pare si siano sentiti benissimo, tanto per cominciare malissimo il 2023. Dal 1 minuto del secondo tempo si è capito subito come sarebbe finita: male, malissimo. Loro entrati in campo con la rabbia giusta, noi in naftalina, dentro la solita boriosa bolla di autocompiacimento ovattato. Si sapeva, alla prima dopo i Mondiali il trappolone era possibile, e si sapeva che la Lazio poteva beccarlo. Si sapeva, ma non si è evitato. Si sapeva, e comunque ci siamo caduti. Si sapeva, e sopra di un gol la Lazio è riuscita comunque a fare peggio di quello che ci si aspettava. Un secondo tempo totalmente inadatto, da turisti. E i turisti, su un campo di calcio, di solito finiscono così. Sconfitti, menati, e a casa. 


    FELIPE ANDERSON E MILINKOVIC- Non vi parlerò dell’ennesimo gol di Ciro Immobile, che pure alla fine era stanchissimo eppure è rimasto in campo. Non vi parlerò di uno Zaccagni uscito del tutto dalla partita, ma vi starò a raccontare un attimo di Felipe Anderson e Milinkovic Savic, perché sono due aspetti del problema. Sergej non è al top, si vede, ha sofferto tantissimo Umtiti – sontuoso – non è riuscito quasi mai ad incidere. Peccato che, appena uscito, è finita la Lazio. E sarebbe stato iper utile in caso di attacco finale, che infatti per sicurezza, non sia mai, non si è verificato. Sarri lo ha dovuto mettere perché non ha Luis Alberto, alle prese con una perigliosissima spagnolite, come sempre dopo le feste, e non ha voluto mettere Vecino, che comunque è più o meno nelle condizioni di Milinkovic. Entra Felipe, ed ecco la seconda parte del problema. Anderson dovrebbe rivedersi come è entrato in campo Di Francesco, e fare rosari di espiazione per i prossimi 10 anni. Una roba imbarazzante di distacco di voglia, volontà, qualità. Ok, il momento della partita era terribile, ma la gente come Felipe serve ad aiutare in questi momenti. Sparire no, non è un aiuto. 

    I CAMBI DELL’ASILO - Per provare a riprenderla, Sarri ha dovuto mettere dentro Romero e Cancellieri. Sapete quanto li aspettiamo, quanto ci speriamo. Ma è chiaro, e questo è un messaggio alla dirigenza, che l’asilo non ti salva in provincia. Romero ha dimostrato comunque più voglia di 10 suoi compagni a caso nella ripresa, ma voi capite che puntare all’Europa così è difficile. Serve una punta vera, grossa, che fa a spallate, da mettere quando le cose si mettono brutte. Per inciso, non è Bonazzoli quel tipo di punta. Meglio essere chiari, come è stata chiara tutta la partita: un limpido messaggio. Così si perde sempre. Il 2023 ora può solo migliorare.

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