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  • Laziomania: Caso Cardelli, lascia il calcio, ma per colpa di chi?

    Laziomania: Caso Cardelli, lascia il calcio, ma per colpa di chi?

    • Luca Capriotti
    Per colpa di chi? Il ritornello insistente è del buon Zucchero, ma il ritornello è cantato spesso, in casa Lazio, da ragazzi provenienti dal settore giovanile. Senza che perda di efficacia, nella sua ripetizione continua.

    È storia di queste ore in casa Lazio: Filippo Cardelli, centrale Primavera di belle speranze della Lazio, vola negli States. Il ragazzo si sente "schifato" perché nello spogliatoio esiste enorme differenza tra chi è contrattualizzato e chi no, punta il dito sugli stranieri, che hanno tutti il contratto, "il calcio degli italiani è morto", denuncia. Ha dovuto sostenere tutte le cure mediche da solo, dopo la rottura del crociato. Nelle relazioni tra giocatore, o tra molti giovani, e la Lazio, meglio non entrare. Nei contratti, e a chi, nemmeno, anche se, va detto, sono tematiche piuttosto comuni nel mondo del lavoro (Cardelli se ne farà una ragione, un giorno, di queste sommarie ingiustizie, piuttosto tristi, ma trite). 

    Solo nell'anticamera di certi racconti, senza neppure entrarci, si sente lo stantio odore del pressappochismo, la superficialità con cui molte società italiane trattano i propri ragazzi. Ma se il problema è il rapporto con la Lazio, allora sono in molti a berciare, o a giustamente lamentarsi. Poi c'è chi decide di non sfogarsi, tenersi il colpo incassato per non rischiare nemmeno di scendere a certi livelli (forse lo preferiamo anche, un po' perché siamo un po' meri borghesi, un po' perché siamo sempre per l'approccio soft). Ma sono scelte. Se il problema è la quantità di stranieri, sono in molti a lamentarsi, e molto. La Lazio ha scelto giocatori più o meno fortunati nel multimarket estero, alcuni a scadenza, altri che ancora sono in rosa. Bisogna privilegiare un ragazzo perché italiano? Questi discorsi li dovrebbe fare un selezionatore di nazionali giovanili azzurre, si dirà, non un direttore sportivo. Che al massimo, o al meglio, dovrebbe prendere, all'estero i migliori che può, mentre la sua società, nel suo bacino d'utenza, dovrebbe battagliare con la Roma per avere i più forti sul territorio. Sulla qualità degli acquisti all'estero di Tare risponde Cardelli stesso: la Lazio avrebbe preso "giocatori normali" (nella migliore delle ipotesi), togliendo Keita ovviamente. E non è l'unico a mormorarlo, fuori e dentro Formello. Quindi qualcosa non va.

    Sulla seconda a testimonianza di un fallimento eclatante ci sono i numeri e le prestazioni dell'intero movimento giovanile biancoceleste, francamente difficili da mandare giù. Quindi è più di qualcosa che non va. È domanda di queste ore, allora: come si difende il movimento calcistico italiano, come lo si preserva? Sul caso Cardelli mancano troppi elementi per giudicare (le cose sono andate proprio così? ), ma rimane un dubbio, grosso come un macigno, che spesso viene sottovalutato: ma non è che, sull'altare del no di Bielsa, oltre alla panchina della Salernitana Lotito ha sacrificato pure tutta l'annata della sua "amata" Primavera? Parafrasando, si potrebbe dire che il calcio italiano è morto, l’emozione Bielsista pure, e neanche la Lazio si sente troppo bene.

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