Lazio, mercato ok:| Il vero problema è Reja
Uno, l'albanese, è già un idolo. Su Facebook i gruppi di tifosi laziali - tutti un po' stufi della squadra di fighetti che quest’anno s'è fatta sfilare la Champions proprio sotto al naso - si rimpallano a suon di 'wow' e di 'era ora!' una clip da brividi, un collage di immagini in cui Cana, indossando le maglie più disparate, fa secchi grappoli di avversari entrandogli a piedi uniti sulle caviglie, roba da far impallidire il ricordo dei più feroci mastini del calcio mondiale. Un altro, il tedesco-polacco, idolo lo può diventare, a patto che ritrovi in Italia la vena di goleador che ha saputo guadagnarsi in un decennio di onorata carriera in Germania.
Se Klose ce l'avevamo quest’anno, ragionano i laziali, potevamo arrivare secondi (e io sono d'accordo con i miei correligionari, pur se avrei preferito che Lotito si fosse abbandonato a un colpo di genio tipo chiedere al Milan di dirottare Borriello da Trigoria a Formello, sfruttando il suo legittimo desiderio di sottrarsi alle grinfie di Totti). Lulic non lo so, ma certo peggio di Garrido non può essere, dunque okay. Come centrale di difesa, invece, va bene chiunque, tanto i titolari ce li abbiamo già. E in quanto al portiere, beh, non so voi, ma a me Muslera non mi ha mai convinto, per cui ben venga Marchetti, che non può non rinascere una volta sottratto alle angherie di Cellino.
Insomma, se sono vere queste voci di mercato, e naturalmente a patto di tenerci stretti almeno Zarate ed Hernanes, a me sembra che la Lazio che verrà sarà più forte di quella che già quest'anno aveva il potenziale per sfruttare assai meglio di quanto abbia fatto la crisi di alcune grandi, o presunte tali, quali la Roma e la Juventus. Se un problema avremo, semmai, secondo me è quello dell'allenatore. I lettori de 'Il Tempo' sanno come la penso su Reja: uomo di calcio di quelli che non se ne fanno più, ottima persona, competente vero, ma tecnico ideale solo per squadre che puntino a salvarsi.
Al netto degli scandalosi arbitraggi che le hanno segato le gambe, la sua Lazio non è quasi mai stata compiutamente bella, e al momento della verità le sono mancati il coraggio per vincere le partite da vincere. Siccome le squadre assomigliano ai loro allenatori, come i cani assomigliano ai padroni, pensare che bastino un killer albanese e un goleador tedesco a cambiare il modo d'essere della Lazio è nulla più che un atto di fede. Oremus, dunque.
(Il Tempo)