Lazio, al Festival del Cinema di Roma il film su Maestrelli. Il regista: "Il ritratto di una pagina di storia del calcio"
RITRATTO DELL’UOMO – Nelle note di regia i due autori sottolineano come di Tommaso Maestrelli sia conosciuto soprattutto il suo essere stato l’allenatore del primo storico scudetto della Lazio del 1974; ma la sua vita, che ha attraversato buona parte del XX secolo, è stata costellata da altri importanti traguardi, raggiunti sia come uomo, sia come calciatore e allenatore. E questo documentario cerca di offrire un ritratto completo della personalità di Maestrelli, per restituirne tutto il valore umano. Intervistato, Francesco Cordio ha poi spiegato: “Tommaso Maestrelli ha attraversato tutto il secolo. Pur essendo morto giovane (n.1922 – m. 1976, ndr) è comunque riuscito ad essere testimone di tutti i grandi cambiamenti del ‘900. Ha fatto la guerra, è stato partigiano, poi anche consigliere comunale a Bari. È stato un uomo attento e impegnato politicamente; un intellettuale, che leggeva due giornali al giorno. Quando alleava si confrontava con i suoi giocatori non solo sul piano sportivo, ma anche dal punto di vista familiare e sociale. Da partigiano era stato anche commissario politico e 360 uomini sotto la sua responsabilità. A loro non imponeva regole e non si limitava a impartire ordini, così come non lo faceva con i suoi giocatori. Ci ragionava insieme e cercava di sensibilizzarli al raggiungimento dell’obiettivo finale”.
IL CAST - Nel cast del documentario compaiono alcuni discendenti di Tommaso Maestrelli: Massimo, Andrea e Nicolò, rispettivamente figlio e nipoti. A loro si aggiungo testimoni diretti e protagonisti della vita dell’ex allenatore, giornalisti, ex calciatori e persone che hanno conosciuto o anche solo raccontato l’incredibile avventura di quell’uomo, che ha scritto a suo modo una pagina di storia del calcio italiano. Tra i vari, Giancarlo Oddi, Luigi Martini, Bruno Giordano, Guido De Angelis, Riccardo Cucchi, Stefano De Grandis, Massimo Tecca, Tonino Raffa, Franco Ordine e molti altri ancora, ciascuno con un pezzo del personaggio Maestrelli da raccontare secondo la propria esperienza.
IL FILM - “Tutto è partito da Massimo Maestrelli – spiega ancora il regista Francesco Cordio - che ha accettato che qualcuno facesse un film sulla storia di suo padre a tutto tondo. Negli anni aveva ricevuto già diverse richieste e proposte, ma per vari motivi non aveva ritenuto opportuno darvi seguito. Adesso forse, più avanti nell’età, è arrivato il momento di passare il testimone ai suoi figli e nipoti della storia del nonno, quindi in qualche modo ha capito che fosse arrivato il momento giusto. Massimo ovviamente è uno degli attori protagonisti, perché è quello che ha nella sua testa tutti i ricordi del padre. E oltretutto è bravissimo nel raccontarli, perché ha una capacità di narrazione molto affascinante. Poi ci sono i vari testimoni sin dai tempi in cui lui era a Bari. Siamo riusciti ad ottenere testimonianze dirette anche dei calciatori che hanno giocato con lui alla Reggina e al Foggia, oltre che quelli della Lazio del ‘74. Alla fine ne esce un ritratto che può diventare una pagina di storia non solo del calcio, ma di tutto il paese. Grazie alle immagini dell’istituto Luce e delle teche Rai abbiamo anche dei contributi su quella che era la società di quel periodo da lui vissuto”.
UN RIVOLUZIONARIO - Tommaso Maestrelli è stato riconosciuto negli anni a venire come un pioniere in Italia del cosiddetto “calcio totale”. In molti lo hanno definito un sognatore audace, che ha sfidato il predominio delle grandi squadre del Nord, riuscendo a portare una Lazio allora composta da calciatori semi-sconosciuti a conquistare uno storico scudetto. Il documentario però parla anche delle tante altre persone che hanno ruotato attorno alla vita di Maestrelli, rendendo giustizia anche al dietro le quinte della sua vita. “Una presenza discreta, ma fondamentale era quella di sua moglie Lina (al secolo Angela Barberini, ndr) – svela sempre Cordio – Fu lei decisiva in varie scelte che ha fatto Tommaso. Lui poi ha sempre ragionato col cuore e non solo ed esclusivamente pensando alla sua carriera, ma anche e soprattutto per rispetto delle persone con cui aveva a che fare”. Nella prima parte del film viene anche raccontato quello che è stato il Maestrelli calciatore. Aveva giocato anche nella Roma, alla fine degli anni ‘40. Quindi la città di Roma già la conosceva, anche se la realtà sociale di 30 anni prima era molto diversa rispetto agli inizi degli anni ‘70, quando, considerando le tensioni di quel periodo, non era sicurissimo di venire a vivere con la famiglia nella Capitale. “I primi tempi vivevano in un albergo – rivela ancora il regista - e lui non era affatto sicuro di trasferirsi definitivamente, facendo venire la famiglia su da Bari. Ma anche grazie ai consigli della moglie, decisero poi di stabilirsi definitivamente”. Gli stessi registi poi lo descrivono come uno dei padri nobili della bellezza applicata al calcio e se a cinquant’anni dalla sua scomparsa, i segni del suo passaggio sono ancora tangibili il motivo è semplice: come hanno cercato di raccontare nel documentario, Maestrelli è ricordato da tutti come un uomo dal sorriso gentile che ha lasciato dietro di sé solo amore, gratitudine e rispetto in qualunque città abbia giocato o allenato e in chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo.