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Lautaro Martinez raccontato dal padre e da Milito: 'Lo volevano in 10 ma l'Inter non ci ha lasciato dubbi'
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IL PADRE - "Da piccolo lo chiamavano Maravilla, oppure Pelusita, in quanto figlio del Pelusa, che sarei io. Ai tempi del Racing la sua caratteristica era la potenza, da lì nacque il soprannome, poi anche per come festeggiava i gol incrociando le mani. Non ha sbagliato a decidere di fare il calciatore. La mamma è quella che ha sofferto di più il distacco, è un po' come se ti rubassero il figlio. Ricordo che andava a vedere la sua camera vuota, a volte metteva a tavola anche per lui sapendo che il piatto sarebbe rimasto vuoto. Fu molto difficile all'inizio, ma sapevamo che quello era il suo sogno ed era sul punto di realizzarlo. Ebbe un momento di fragilità in cui disse 'voglio tornare a casa' quando era al Racing. L'Inter? C'erano almeno dieci squadre interessate o che avevano fatto un'offerta. Ma noi siamo sempre stati tranquilli, ci siamo sempre confrontati come famiglia in questi momenti, ha sempre chiesto la nostra opinione. Poi arrivò la proposta concreta dell'Inter, non abbiamo dubitato neanche un momento. Non è per tutti essere capitan di una squadra top come l'Inter, ora lui ha la possibilità di comandare lo spogliatoio, fare discorsi pre-partita, caricare i compagni. Con la personalità che ha penso possa farlo, mi sento molto orgoglioso di lui e anche tranquillo perché nessuno gli ha regalato nulla per avere questo privilegio. La distanza fa sentire la sua mancanza, ora con i nipoti ancora di più. Li vediamo con le videochiamate tutti i giorni, ma capisci che ti stai perdendo qualcosa", ha detto Mario Martinez.
L'IDOLO - "Ho ancora in testa quando lui fa i primi minuti in prima squadra proprio al mio posto. Non pensavo che avrebbe seguito le mie orme, andando all'Inter, nonostante credessi sarebbe diventato un campione. A distanza di anni lo ricordo con affetto. Ricordo che dopo ogni allenamento si fermava, guardava noi più grandi, chiedeva consigli. Gli voglio benissimo, abbiamo sempre avuto un grandissimo rapporto. Parlavamo non solo di calcio, di quello che un attaccante deve fare in campo, ma anche di come bisogna essere leader con l'esempio. Sono tutte cose che sta dimostrando ora. L'Inter? Non ho dovuto convincerlo ad andare all'Inter quando ero dirigente al Racing, il presidente stava cercando di chiudere il suo passaggio in Europa ma non riusciva a fare accordi con altri club. A quel punto, suggerii io l'Inter perché sapevo che Zanetti e, soprattutto, Ausilio lo seguivano. Non ho fatto tanto, ho chiamato Pupi chiedendogli se volessero ancora Lautaro, dopodiché ha chiamato Piero e hanno accelerato venendo in Argentina. Hanno fatto un grandissimo affare. Ora ci scambiamo messaggi quando sono a Milano, ma lo lascio tranquillo perché so che ha una famiglia. Cerco di stargli vicino nei momenti di difficoltà come attaccante, quando magari non segna per 2-3 partite: un messaggino di appoggio so che può aiutare. Da argentino, sono molto fiero di lui".