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    Lautaro, Leao e Vlahovic in crisi: alle origini dei 3 casi di Inter, Milan e Juve

    Lautaro, Leao e Vlahovic in crisi: alle origini dei 3 casi di Inter, Milan e Juve

    • Sandro Sabatini
      Sandro Sabatini
    "Ci provi sempre, ma la palla non entra mai. L'incubo peggiore di ogni attaccante", racconta il mitico "Spillo" Altobelli in un'intervista uscita oggi sul "Corriere della Sera". Non una rivelazione originale, in verità. Virgola più virgola meno, l'abbiamo già sentita da tutti gli ex attaccanti, grandi e piccini. 
    Il caso, stavolta, riguarda il tridente che rappresenta - in ordine di classifica dell'anno scorso - Inter, Milan e Juve. "Basta un gol per sbloccarsi", dice per storia ed esperienza proprio Altobelli. Ed è vero. Ma c'è pure qualcosa da aggiungere, no? 

    Lautaro, per esempio. Si sbloccherà, ci mancherebbe. Intanto soffre tanti piccoli stress: Copa America, allenamenti affrettati e differenziati, varie ed eventuali, perfino quel labirinto emotivo che diventò il suo rinnovo di contratto. In più - scusate l'apparente provocazione - forse non sta vivendo al meglio la presenza di Taremi. L'iraniano sa giocare. Vede il calcio con un passaggio di anticipo. È stato il migliore al debutto in Champions a Manchester. Anziché come alleanza, può essere che Lautaro la viva come concorrenza interna? Domanda troppo maliziosa, ma tocca a Simone Inzaghi la soluzione migliore su minuti giocati, cambi e turn-over. Con un aggiornamento in più, da scaricare al più presto. Forse, all'Inter conviene provare anche l'accoppiata Lautaro-Taremi, senza offesa né pericolo per Thuram che resterà più titolare di tutti. 



    Al Milan il problema è Rafa Leao, la soluzione Abraham. L'attaccante inglese è il primo "like" della stagione rossonera. Pollice su. Complimenti. E viene già descritto come leader della squadra. Bravo anche Fonseca ad aggiustare la mira: 4-4-2 o 4-2-4 sono sciocchezze da settimana enigmistica degli ossessionati dalla tattica. Per gli attaccanti i numeri che contano sono (nell'ordine) vittorie, gol e tiri in porta. Abraham c'è, bodyguard di se stesso e di Morata. Con Leao da una parte e Pulisic dall'altra, il problema sembra risolto. A patto che tutti abbiano voglia di correre - e all'occorrenza rincorrere - qualche metro in più. 

    Ed eccoci a Vlahovic, che è un caso anche lui, ma solo per chi aveva individuato in Allegri l'unico e non misterioso colpevole. Allineati e compatti dietro ai Vannacci del pensiero calcistico dominante, tutti o quasi i tifosi avevano sposato la suggestione che bastava cambiare allenatore. Invece, no. Sono bastate cinque giornate di campionato (più una di Champions) per capirlo. Quel che stupisce, semmai, è la soluzione che Thiago Motta ha esibito una settimana fa: figlio d'arte, d'accordo, ma Weah jr non è un bomber tipo… papà George! In settimana si è invece parlato di Yildiz "falso 9" al pari di Nico Gonzalez, fino ad approdare a un più generico avvicinamento di Koopmeiners. Meglio le soluzioni strane, che le stranezze. Ecco. L'importante è che Vlahovic giochi, perché altrimenti la Juventus rischia di peggiorare una situazione già precaria, visto che dalla direzione sportiva di Giuntoli arrivano sussurri sull'ingaggio da oltre 10 milioni di euro netti all'anno che il serbo sta già incassando. Soldi esagerati, certo. Ma investimento da non deprezzare. Come ammoniscono anche i bilanci di questi giorni…

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