AFP via Getty Images
La prima da ex di Dybala: acclamato, temuto e poi fischiato FOTO
Doveva essere la "sua" partita e in fondo lo è stata. Seppur per lunghi tratti Paulo Dybala abbia dato l'impressione di predicare nel deserto con una Roma in totale balìa della Juventus, è stato proprio un colpo estemporaneo dell'attaccante argentino a consentire ad Abraham di siglare il gol che vale un punto pesantissimo nel primo scontro diretto della stagione giallorossa. Avevamo ancora negli occhi il pianto a dirotto della Joya del 17 maggio scorso nella sua ultima recita in bianconero allo Stadium: il commiato in tono minore organizzato dalla società rispetto a quello di capitan Chiellini ampiamente compensato dal tributo della gente comune e dalla corsa sotto la curva, richiesto a gran voce dal popolo bianconero e con la spinta di quelli che si apprestavano a diventare ex compagni di squadra.
AMORE IMMUTATO - Se con i vertici dirigenziali della Juve qualcosa si era rotto per questioni economiche e progettuali, a non essersi mai spezzato è il legame profondo coi tifosi, che in questo numero 10 venuto dall'Argentina avevano trovato il riferimento per senso estetico e capacità di emozionare dopo l'addio di Del Piero. Sentimenti e sensazioni misti ad uno straniamento per quei colori così nuovi e così diversi come il giallorosso hanno caratterizzato il pomeriggio di ieri dello Stadium, in cui ancora una volta è prevalso il senso di gratitudine per quei 7 anni assieme che non si possono dimenticare. "Sotto la curva, Dybala sotto la curva", il canto intonato dalla curva Sud dello Stadium al momento del riscaldamento, a dimostrazione di come Paulo non possa essere - almeno per il momento - un avversario come tutti gli altri.
NEMICO MAI - Poi c'è il campo e una partita in cui le emozioni svaniscono e in cui la "battaglia" deve prendere il sopravvento: fatica Dybala, come tutta la Roma, per oltre un'ora, prima del guizzo - classico del campione - al 69° che riaccende gli uomini di Mourinho e spegne il ritrovato entusiasmo di Vlahovic e compagni. Già, proprio Vlahovic, l'erede designato dal punto di vista tecnico e progettuale della Juventus, amico dell'argentino (come dimostra il saluto con scambio di maglie a fine gara) ma di fatto colui che ha avuto l'ingrato compito di metterlo alla porta. E' il calcio, bellezza, e alla fine è sempre il campo a dover prendere il sopravvento: passata la commozione, passato lo straniamento, si torna alla normalità e, al momento della sostituzione con Kumbulla, anche per Dybala arriva qualche fischio da parte della "sua" gente. Non la gente romanista, che lo ha già adottato come l'emblema di un sogno chiamato scudetto, ma un popolo, quello bianconero, per cui ci vorrà ancora del tempo per chiamarlo "nemico".
AMORE IMMUTATO - Se con i vertici dirigenziali della Juve qualcosa si era rotto per questioni economiche e progettuali, a non essersi mai spezzato è il legame profondo coi tifosi, che in questo numero 10 venuto dall'Argentina avevano trovato il riferimento per senso estetico e capacità di emozionare dopo l'addio di Del Piero. Sentimenti e sensazioni misti ad uno straniamento per quei colori così nuovi e così diversi come il giallorosso hanno caratterizzato il pomeriggio di ieri dello Stadium, in cui ancora una volta è prevalso il senso di gratitudine per quei 7 anni assieme che non si possono dimenticare. "Sotto la curva, Dybala sotto la curva", il canto intonato dalla curva Sud dello Stadium al momento del riscaldamento, a dimostrazione di come Paulo non possa essere - almeno per il momento - un avversario come tutti gli altri.
NEMICO MAI - Poi c'è il campo e una partita in cui le emozioni svaniscono e in cui la "battaglia" deve prendere il sopravvento: fatica Dybala, come tutta la Roma, per oltre un'ora, prima del guizzo - classico del campione - al 69° che riaccende gli uomini di Mourinho e spegne il ritrovato entusiasmo di Vlahovic e compagni. Già, proprio Vlahovic, l'erede designato dal punto di vista tecnico e progettuale della Juventus, amico dell'argentino (come dimostra il saluto con scambio di maglie a fine gara) ma di fatto colui che ha avuto l'ingrato compito di metterlo alla porta. E' il calcio, bellezza, e alla fine è sempre il campo a dover prendere il sopravvento: passata la commozione, passato lo straniamento, si torna alla normalità e, al momento della sostituzione con Kumbulla, anche per Dybala arriva qualche fischio da parte della "sua" gente. Non la gente romanista, che lo ha già adottato come l'emblema di un sogno chiamato scudetto, ma un popolo, quello bianconero, per cui ci vorrà ancora del tempo per chiamarlo "nemico".