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La storia è con Fonseca: da Liedholm a Rudi Garcia, a Roma passa lo straniero
Negli anni prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale gli allenatori sono quasi tutti stranieri: Herbert Burgess (inglese), Janos Baar, Geza Kertesz e Imre Senkey (ungheresi, quest’ultimo nell’immediato dopoguerra), Lajos Kovacs (rumeno). Nel 1955 l’inglese Jesse Carver conquista un terzo posto, maluccio fa l’ungherese Gyorgy Sarosi e non lasciano traccia l’inglese Alec Stock e un mito del calcio mondiale, lo svedese Gunnar Nordhal, il «Pompiere» che da centravanti aveva fatto grande il Milan. Tracce giallorosse anche per Luis Craniglia (argentino), Luis Mirò (spagnolo) e Naim Krieziu (albanese). E’ un Helenio Herrera sul viale del tramonto quello che si presenta a Roma alla fine degli anni ’60, ma dopo di lui arriverà Liedholm. Il «Barone» (che ha allenato i giallorossi in tre fasi diverse e per otto anni complessivi) ha lasciato in bacheca - oltre allo scudetto - anche tre Coppe Italia: è lui l’allenatore per eccellenza della storia della Roma.
A metà degli anni ’80 un altro svedese - giovanissimo - fa innamorare la piazza giallorossa e consegna alla memoria una squadra che gioca il più bel calcio d’Italia: è Sven Goran Eriksson, che nella tarda primavera del 1986 perde uno scudetto già vinto facendo harakiri all’Olimpico contro il Lecce già retrocesso (2-3 e titolo che va alla Juve del Trap). Con lo jugoslavo Vujadin Boskov la Roma chiude 10ª, ma a lui si deve il debutto di Totti in serie A. Sciagurata invece la parentesi del’argentino Carlos Bianchi (che prima e dopo la Roma in Sudamerica vincerà praticamente tutto). Ci eleviamo a vette di bellezza assoluta quando ricordiamo il biennio di Zeman (1997-99) sulla panchina giallorossa. Dimenticabile il Rudi Voeller in versione allenatore, lungimirante ma poco redditizia la scelta di Luis Enrique, eccellenti (a ripensarci ora) le prime due stagioni di Rudi Garcia (due secondi posti) prima dell’esonero. Ora tocca al portoghese Paulo Fonseca. La storia gli fa l’occhiolino.