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    La rivoluzione sul mercato non sia un tabù: troppa gente non è da Inter

    La rivoluzione sul mercato non sia un tabù: troppa gente non è da Inter

    • PG
    La rivoluzione non sia un tabù, ma un atto dovuto verso chi da anni ingoia solo bocconi amari. Spalletti difende un gruppo ormai indifendibile, fatto di uomini che da troppo tempo si sgretolano sul più bello, si afflosciano, si dividono, si ignorano e si riavvicinano quando sono sul punto di essere smascherati. Inciampano e si rialzano, sempre quando è troppo tardi. Senza costanza, senza amore, senza spirito. Saranno bravi ragazzi, di sicuro non sono né campioni né giocatori da Inter. Questa è una delle poche certezze di una società alla ricerca della propria identità dal 2012, l’ultima volta in cui l'Inter ha messo piede in Champions. L’ultimo trofeo, invece, è targato 2011. 

    STESSI UOMINI, STESSI PUNTI - Il 2017-2018 come il 2016-2017: stessi uomini (più o meno) e stessi punti raccolti alla 25esima giornata di campionato. Il solo Spalletti non può fare miracoli e l’organico mediocre della passata stagione sta ripresentando il conto. Però la parola rivoluzione è indigesta. Non dovrebbe. Non dovrebbe perché probabilmente qualcosa andava già fatta prima, mettendo in cascina i 30 milioni offerti dallo United per Perisic. Se tanto il croato è questo… Ed è questo perché ormai lo si conosce da anni. Come sono questi tutti gli altri protagonisti (salvandone qualcuno). Ormai non gliela si racconta più a nessuno, sono anni che il copione si ripete e le illusioni hanno lasciato il posto alla fredda disamina. 

    IL PRIMO PASSO - Ma Appiano Gentile è un luogo pieno di animi sensibili, dove i giocatori leggono il giornale e fanno il punto del giorno se qualcuno li mette in discussione. E lo stesso Spalletti alla Rai non nega il problema quando Ivan Zazzaroni porge al tecnico il proprio quesito: «Se le voci di mercato tolgono sicurezza al gruppo, viene da pensare che mentalmente non sia un gruppo forte. Se sei all’Inter e le cose non vanno particolarmente bene, è chiaro che nelle orecchie inizi ad arrivare di tutto», chiede il giornalista. E Spalletti non nasconde la grana: «Probabilmente è così per quello che è stato il risultato delle ultime stagioni e per quello che stiamo facendo anche adesso, probabilmente è così». Il primo passo per combattere un problema sta nel saperlo riconoscere. La “rivoluzione”, tutt’altro che semplice da attuare, sembra l’unica via percorribile, anche se questa squadra dovesse arrivare in Champions. 

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