Getty Images
La rivincita del rigore a cucchiaio. Ma qualcuno è contro: 'Fatelo ai giardinetti'
La rivincita del cucchiaio - Giulia Zonca per La Stampa
Smargiassata, rischio, colpo di classe, dimostrazione di forza: la definizione del rigore «a cucchiaio», universalmente noto come Panenka, è in costante mutamento. Il colpo cambia, si evolve e da tiro elitario, azzardo di pochi, si sta trasformando in numero da repertorio, come se i giocatori lo avessero metabolizzato e aggiunto all’elenco delle possibilità.
Dopo il rigore del San Paolo, Icardi ha dato una spiegazione analitica: «Sapevo che Andujar studia attentamente le caratteristiche di chi va sul dischetto e uno alto come lui poteva prendermela». Così ha tentato un diversivo e scatenato brividi di paura perché il cucchiaio di solito è un tiro a tradimento: lancio smorzato dopo rincorsa a cannone, indirizzo centrale dopo sguardi angolati e movimenti fluidi, da vero baro. Icardi in realtà incespica e blocca lo slancio, la palla si muove quasi al rallentatore mentre il portiere è già per terra. Ci è voluto coraggio, l’argentino ha osato parecchio. Dunque il colpo proibito diventato moda è ancora un rischio.
Se si guardano i numeri pare di no. Due in una sola giornata, l’ultima. Oltre a Icardi si è cimentato pure Toni contro il Milan e anche lui con motivazione ultra razionale: «Prima di smettere volevo fare gol in questo modo, in uno stadio importante. Contro il Milan è capitata l’occasione giusta». Più un inventario che una scarica di adrenalina: un’altra tacca sopra una carriera di invenzioni.
Solo in questo 2015 quattro rigori cucchiaio in serie A. I due citati più la rete vittoria di Candreva in Udinese-Lazio e l’astuzia di Brienza in Cesena-Torino. C’è persino un Panenka arditissimo dentro uno scontro salvezza di serie B, firmato da Viviani in Latina-Trapani. E se si allargano i confini, sempre per restare agli ultimi due mesi e dieci giorni, c’è la scommessa, riuscita, dell’ex milanista Constant in Guinea-Mali di Coppa d’Africa e addirittura la trovata di un ragazzino in Coppa d’Asia: Emirati Arabi contro Giappone e la finezza è di Abdulrahmana, detto Amoory, 23 anni, il ritratto dell’inesperienza.
L’arte del depistaggio
Il Panenka è diventato seriale senza perdere fascino. Sarà per la storia che si porta dietro, per la memoria dell’uomo con i baffoni che lo ha mostrato al mondo in una finale degli Europei. La Germania Ovest contro la Cecoslovacchia aveva tutto per vincere tranne Youtube, perché Panenka non faceva che ripetere quel penalty al contrario: floscio, dritto, lento. Sapeva di andare sul sicuro però il commento fu molto più epico di quelli che girano in questi giorni: «Se l’avessi sbagliato, mi avrebbero spedito in fabbrica per trent’anni».
Oggi al limite rimedi qualche fischio e una figuraccia, ma passa. L’errore non marchia più.
Totti è stato l’unico che ha avuto il coraggio di dichiarare il cucchiaio prima di farlo, ma il colpo «siediportieri» non spaventa come un tempo. All’inizio del campionato i numeri uno paravano ogni tentativo dagli 11 metri. I rigoristi hanno capito che i rivali studiano e si sono messi a fare i monelli. Il Panenka non è più puro estro audace, è un depistaggio calcolato.
Il cucchiaio fatelo ai giardinetti - Jack O’Malley per Il Foglio
Selfie. Luca Toni ha fatto un cucchiaino, una parabola bassa bassa, quasi dimessa; Mauro Icardi ha tirato fuori dal cassetto un cucchiaio da portata, una traiettoria lenta, interminabile, facilmente sopportabile soltanto dal tifoso interista, che ha le coronarie rinforzate
Entrambi i pallonetti sono stati efficaci – e di fronte all’efficacia m’inchino – ma fosse per me lo scavino andrebbe abolito. Non ne faccio una questione di rispetto, perché l’umiliazione calcistica dell’avversario è parte del gioco, ma di estetica e di cultura. Il cucchiaio è ottimo per una partita ai giardinetti, dove peraltro tende a riuscire meno perché il portiere non si tuffa di default, accompagnato dalla rabona e dall’elastico, che non servono quasi mai a nulla ma strappano applausi e accrescono il rispetto.
E’ pur vero che la serie A è il grande giardinetto del calcio europeo, ma non esageriamo. Posso capire il pallonetto usato come arma psicologica in una partita che finisce ai rigori: non ricordo quanti bicchieri di brandy ho ingurgitato quando Pirlo ci ha infilato con quel tocco agli Europei, ma so che i nostri tiratori che sono venuti dopo sembravano anche più ubriachi di me. Ma nel rigore in mezzo alla partita il cucchiaio è una sbavatura, un selfie dagli undici metri di cui farei volentieri a meno.