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    La lezione di Thiago Motta a Mourinho: il Bologna è da Champions, la Roma no

    La lezione di Thiago Motta a Mourinho: il Bologna è da Champions, la Roma no

    • Renzo Parodi
    Nell’ora commossa del ricordo di Sinisa Mihajlovic, presenti al dall’Ara colmo di pubblico e di lacrime la vedova e tre dei cinque figli del tecnico serbo, il Bologna onora la memoria del suo allenatore scomparso un anno fa battendo la Roma con un 2-0 perentorio. Quarto posto per lo squadrone (massì, squadrone) di Thiago Motta, lanciato a razzo verso i quartieri alti della classifica, a ridosso delle Grandi in servizio permanente effettivo. Ennesimo ruzzolone della Roma all’insegna del “vorrei ma non posso”. Le assenze, d’accordo. Pesantissime: Lukaku e Dybala, ossia l’attacco atomico di Mourinho, nonché Zalenski e i lungodegenti Abraham, Smalling e Kumbulla. Ma non bastano a spiegare l’ennesimo inciampo nella corsa alla zona Champions. Roma troppo timida e slegata nel primo tempo. Meglio nella ripresa con l’ingresso in successione di Bove ed Azmoun, a dar manforte all’isolato Belotti e al vivace El Shaarawy. Renato Sanches, subentrato a Spinazzola dopo l’intervallo, ha giocato appena 18’, Mourinho lo ha richiamato in panchina per Bove e la decisione suona come una sentenza.

    Grande Bologna per lo spirito e l’agilità con i quali ha condito il suo calcio tutto movimento senza palla, al tocco negli spazi guadagnati grazie ad una condizione atletica impeccabile. Il segreto ulteriore? le variazioni continue degli interpreti nei diversi ruoli, che hanno recitato una commedia brillante e imprevedibile, di difficile lettura per l’avversaria. Tutti nella squadra di motta sanno fare un po’ tutto, all’occorrenza. I difensori sanno giocar palla e attaccare, i centrocampisti (Freuler un califfo, davanti alla difesa) si inseriscono in area di rigore, gli attaccanti rientrano e danno manforte dove occorre infittire le maglie amiche.  In mezzo a tanta ricchezza, spiccano i due alfieri del nuovo corso, Ndoye e Zirkzee. Imprendibili, inesauribili, il primo travestito da prima punta - e lo è, eccome, per tecnica, talento e vocazione - ha coperto ogni zona del campo, inventandosi ora assistman, ora centrocampista e financo difensore. Il secondo è stata la scheggia che ha frantumato il vaso di cristallo giallorosso, con accelerazioni e tagli che hanno mandato in confusione la difesa di Mourinho. Ndoye non ha avuto la gioia del gol, il raddoppio del Bologna è venuto da un’autorete di Kristensen su un pallone tagliato dentro l’area da Ferguson, ma è stato lui a costringere l’esterno romanista all’intervento scomposto che ha tradito Rui Patricio. 

    Ne turbine del gioco avversario, la Roma ha fatto quel che ha potuto, non abbastanza per arginare i folletti di Motta, il loro possesso palla intelligente, il palleggio finalizzato a costruire trame fulminanti spesso sfociate in tagli e ripartenze micidiali. Pellegrini si è dannato l’anima a ricucire fra centrocampo e attacco, Kristensen ha ingaggiato furenti duelli di quadricipiti e garretti col quasi omonimo Kristiansen sulla fascia di competenza, Belotti ha battagliato contro il tenace Calafiori (una delle intuizioni di Motta, Paredes ha distribuito più calci che calcio, Cristante ha tamponato ma raramente riproposto gioco, la difesa ha traballato e insomma giratevela come volete, la vittoria del Bologna non fa una grinza. Otto ammoniti in un match spigolosissimo che Guida ha faticato un po’ a tenere in pugno. Grave l’errore dell’arbitro campano, la mancata espulsione di Beukema, già ammonito, che ha placcato al limite dell’are Belotti, in un vis a vis che avrebbe potuto provocare l’occasione per dimezzare lo svantaggio romanista. Restando in dieci probabilmente il Bologna avrebbe faticato a tenere il 2-0 conquistato in chiusura di primo tempo dalla rete di Moro e consolidato immediatamente dopo l’intervallo dall’autorete di Kristensen.

    Son subito fumi acri e schianti di tibie all’avvio del match.  Si battaglia in mezzo al campo, mulinano i tacchetti e però il gioco scorre rapido, di qua e di là. Il Bologna è tosto ed essenziale, giro palla sì, ma senza fronzoli e improvvise imbucate sugli esterni, Doye a destra affonda bevendosi Ndika, la cerniera di mezzo rossoblù funziona a meraviglia. Freluer tampona e rilancia, Ferguson si avventa su Cristante, Moro prilla dappertutto aprendo squarci nella mediana giallorossa. Otto minuti e primer scintille, Saelemakers scappa a Kristensen sulla linea di fondo, contrasto in corsa tra i due, il bolognese scivola a terra, Lllorente si avventa ne nasce un accenno di rissa che Guida dirime con i gialli a Saelemakers e al centrale romanista. La Roma non sta a guardare e Paredes prova a verticalizzare su Belotti che si agita nelle grinfie dell’aitante Calafiori, creatura del vivaio romanista riciclato brillantemente da Motta come difensore centrale. Battibecchi dentro e fuori dal campo, Guida redarguisce Thiago Motta, Thiago Motta -dimentica l’amicizia con Mourinho che accusa i calciatori di Motta di andar a terra con troppa facilità e Thiago lo invita ad alta voce a starsene tranquillo. Bella partita però, nel fumo dei grovigli di gambe e braccia, Belotti in gran spolvero schiaccia di testa e Ravaglia fa un figurone allungandosi a respingere il pallone in corner. Pellegrini deve fare due parti in commedia, centrocampista e spalla centrale di Belotti, il capitano della Roma va un po’ un po’ troppo su di giri, su un contrasto non fischiato protesta e si becca il giallo.

    L’equilibrio si spezza al minuto 37. Magistrale azione in velocità del Bologna, tocco profondo di Freuler sulla corsa di Ndoye, fuga per la vittoria dell’agile esterno e pallone servito dal fondo a rientrare in area di rigore, Moro piomba in corsa e spacca la porta di Rui Patricio. Bologna avanti e non è una bestemmia. 

    Ripresa. Ecco Sanches che sarà una meteora, giocherà appena 18’ minuti. Subito il Bologna raddoppia. L’ennesima trama volante di chirurgica precisione libera Ferguson, il suo cross filante incoccia il corpo di Kristensen avvinghiato a Ndoye a un metro della linea di port aed è 2-0. Dopo l’erroraccio già citato di Guida che perdona Beukema (che Motta immediatamente sostituisce con Lukumi)  Mourinho le prova tutte. Fuori Sanches e Lllorente, dentro Bove e Azmouni. La Roma produce qualche occasione in mischia con Kristensen, Pellegrini ed El Sharaawy, il Bologna ci mette stinchi e petti e ribatte i palloni minacciosi. Niente di eccezionale da parte giallorossa, ma almeno la squadra di Mou non subisce più come in avvio del match quando la manovra avvolgente e ficcante del Bologna la costringeva a rinculare. Ennesimo accenno di rissa e gialli per Paredes e Freuler. Girandola di ambi, di qua e di là. Il Bologna ha perduto un po’ di smalto, ma non rinuncia ad attaccare e comunque non dà mai l’impresisone di sbandare sotto gli assalti, generosi ma alquanto velleitari, delle truppe di Mourinho. Occasione-gol nel finale per Belotti sventata da Ravaglias, ottima controfigura di Skorupski, e tutti a bersi un the caldo. Amaro per Mou e i suoi ragazzi. Dolcissimo per la banda Motta.
     

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