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  • La legge del Mancio: otto milioni per lasciare il City, dopo gli 11 da Moratti

    La legge del Mancio: otto milioni per lasciare il City, dopo gli 11 da Moratti

    Roberto Mancini quando cade lo fa con fragore, ma non si può negare che atterri sempre in piedi. Dopo tre anni e mezzo il Manchester City chiude l' "italian job" del tecnico di Jesi. Non è bastato al Mancio compiere la missione più difficile: riportare il lato "povero"della capitale industriale del Regno Unito nell'Olimpo del calcio inglese.
     
    Un trofeo dopo 35 anni (la Fa Cup 2011) e un titolo nazionale dopo 44 (la Premier vinta in rimonta un anno esatto fa sui cugini dello United) non servono a conservare la panchina dopo una stagione a "zero tituli". Né a sfidare l'anno prossimo l'erede di Sir Alex Ferguson allo United, David Moyes, e Josè Mourinho di ritorno al Chelsea.
     
    Sarebbe, però, troppo facile pensare che l'esonero deciso dallo sceicco Mansour sia maturato dopo l'ennesima sconfitta di questa stagione: la finale di Fa Cup persa sabato contro il Wigan quasi retrocesso. «Ha fallito tutti gli obiettivi», recita il comunicato apparso nella tarda serata di lunedì sul sito del club. «I risultati parlano per Roberto, che avrà il rispetto e la gratitudine dello Sheikh Mansour, mio e del board per tutto il duro lavoro e l'impegno profuso negli ultimi anni tre e mezzo», è invece il commiato accorato del presidente Khaldoon Al Mubarak.
     
    Parole che svelano il profondo legame tra il "Mancio"e la squadra e i tifosi, attaccatissimi all'allenatore dei trionfi e del doppio fallimento Champions League. Le ragioni di un esonero duro e sgarbato - per l'ultima di campionato andrà in panchina il vice Brian Kidd - vanno ricercate nelle stanze di Ferran Soriano e Txiki Begiristain. Approfittando dei contrasti dell'allenatore con alcuni campioni (Tevez, Nasri, Tourè), i due dirigenti ex Barça hanno tramato sin da subito per portare Pep Guardiola a Manchester, ora - battuti dal Bayern - vireranno su un altro spagnolo: Manuel Pellegrini.
     
    Dopo la fine traumatica del rapporto con l'Inter nel 2008 - che costò 11 milioni a Moratti al momento della rescissione nell'ottobre 2009, a oltre un anno dall'arrivo in nerazzurro dello Special One - un altro addio da "vincente" per Mancini. Almeno sul piano economico. Per una clausola sul contratto il tecnico dovrebbe ricevere otto milioni di euro di buonuscita, ma forte del rinnovo nella scorsa estate fino al 2017 per 8 milioni a stagione, il Mancio potrebbe rivendicare 32 milioni.
     
    Una cifra mostruosa ma non troppo per gli sceicchi che, nelle sette sessioni di mercato gestite dall'italiano, hanno registrato un saldo negativo di oltre 220 milioni: dall'acquisto di Adam Johnson (8 milioni) a quello di Javi Garcia (20) passando per i super assegni per Yaya Tourè (30), Silva (28) Balotelli (29,5), Dzeko (37), Aguero (45) e Nasri (27,5). 
     
    Al City non resta che sperare nell'interesse del Monaco per ridurre l'esborso a un solo anno di contratto.
     
    A caccia di un grande nome per sfidare il Psg, il magnate russo Rybolovlev è pronto a offrire 10 milioni al tecnico di Jesi oltre a Falcao e allo stesso Tevez che avrebbe un accordo con la squadra del Principato. Solo voci invece sull'interessamento di Milan, Inter e Samp. «Roberto fa parte del mondo dei sogni», scherza il patron blucerchiato Garrone. Mancini invece è uno coi piedi piantati per terra.

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