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La Juventus non è eterna
Ebbene non è affatto cosi! Ed è il caso che se lo ricordino sia quegli juventini viziati e con la pancia piena di troppi scudetti che quei tifosi avversari che scostomizzano il bianconero derubricando i fallimenti delle proprie squadre del cuore e giustificando il tutto col fatto che dall'altra parte c'è una Juve invincibile. Un fenomeno questo che si è manifestato con sfumature molto diverse, ma con esiti identici sia a Milano, che a Roma e Napoli. La Juve non vince per diritto divino, come credono in molti e soprattutto non solo in passato non ha vinto così spesso, ma in alcuni periodi non ha vinto affatto e anche per moltissimo tempo.
Ci sono stati tre momenti storici caratterizzati dall'assenza di Juve, il primo è lontanissimo e fa praticamente parte della preistoria del nostro calcio e va dal 1905 al 1926, 21 anni di attesa tra il primo e il secondo scudetto della storia bianconera, ma la Juve non era ancora la Juve, (qui la tautologia ci sta tutta invece) perché comincia ad essere tale solo con l'arrivo degli Agnelli nel 1923. Poi dopo la grande abbuffata del quinquennio degli anni '30 (scudetti 30/31, 31/31, 32/33,33/34 e 34/35) la Juve sparisce dalla scena nazionale per 12 lunghi anni, anni nei quali il calcio italiano vide il Bologna che tremare il mondo fa, il primo scudetto della Roma, due titoli dell'Ambrosiana Inter e soprattutto il Grande Torino, che se non fosse stato per la tragedia di Superga avrebbe prolungato il digiuno di Juve per molti anni ancora.
Ma la Juve diventa veramente grande solo dopo il grande decennio d'oro, quello che va dal 1976 al 1986, un decennio in cui la Juve di Boniperti e Trapattoni non domina solo – come al suo solito – in Italia, ma vince e convince soprattutto all'estero, vincendo tutti i trofei europei e diventando quindi il primo club nella storia a potersi fregiare della Targa UEFA. Proprio alla conclusione di quel ciclo straordinario arriva la terza grande carestia della storia juventina, la più breve di tutte ma paradossalmente la più grave, perché si manifesta in un calcio ormai già altamente professionistico ma soprattutto sulla soglia d'ingresso della modernità.
Un calcio che aveva come epicentro assoluto il campionato Italiano con una Serie A nelle vesti di El Dorado di questo sport, perché mai – né prima né dopo – si è mai visto un campionato così ricco di talenti e con una tale concentrazione di fuoriclasse tutti nella stessa lega. Un calcio soprattutto che proprio in quegli anni diventa fenomeno planetario e massmediatico grazie al primo Milan di Berlusconi, con una Serie A che poteva vantare oltre a quella rossonera, altre tre grandi corazzate di calibro mondiale, come il Napoli di Maradona, l'Inter dei record e la Samp di Vialli e Mancini.
Ebbene la Juve di quel periodo, che pure veniva da una grande esperienza di vittorie nazionali e internazionali, spari dai radar per un'eternità, precisamente dal 1986 al 1995. Nove lunghi anni in cui i bianconeri non furono mai campioni d'Italia e che prima di vincere qualcosa rimasero a secco di trofei per quattro interminabili stagioni (quelle del post Trap e Platini) e interruppero l'anomalo digiuno di vittorie solo nella stagione 1989/90,con la magnifica Juve operaia di Zoff, con due trionfi inaspettati (Coppa Italia e Coppa UEFA, conquistate rispettivamente contro Milan e Fiorentina), che spezzarono un'attesa che stava diventando imbarazzante.
Attenzione quindi a dare per scontate le vittorie della Juve , perché nella storia, dietro ogni vittoria dei bianconeri c'è sempre stata una mole di lavoro enorme condita da professionalità e programmazione di livello assoluto. Ma nulla è per sempre...e questo dovrebbero tenerlo bene a mente sia gli juventini che i tifosi avversari.
@Dragomironero