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    La Juve quasi prima? Un miracolo di Allegri, vale come uno scudetto. È lui il miglior tattico d'Italia

    La Juve quasi prima? Un miracolo di Allegri, vale come uno scudetto. È lui il miglior tattico d'Italia

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Che la Juventus - sempre che batta il Verona domani sera, cosa sulla quale divido qualche dubbio con Allegri - possa per ventiquattr’ore essere in testa alla classifica e per di più da sola, non è un evento solo eccezionale. È propriamente miracoloso. Certo, anche fosse, la Juve prima non resterà per lungo tempo (l’Inter stenderà la Roma) e certo non vincerà lo scudetto. Ma vedere una squadra ormai ridotta ai minimi termini (Pogba e Fagioli squalificati, Alex Sandro e Danilo infortunati, Chiesa e Vlahovic panchinari, come accaduto a San Siro) vincere a Milano e piazzarsi al terzo posto è quasi commovente (almeno per gli juventini veri).

    L’elogio ad Allegri, comunque la si pensi del suo gioco e dei suoi atteggiamenti, è quasi obbligatorio. Perché dalla stagione scorsa ad oggi è riuscito a portare la sua squadra - stando ai risultati del campo - dal terzo posto a ridosso del vertice della classifica. Fa un po’ specie celebrare la Juventus come se fosse una provinciale, ma quando scoppiò la bolla delle plusvalenze e venne azzerato l’intero Cda, con vaste ripercussioni giudiziarie, sembrava di essere ritornati dentro ad un’altra Calciopoli. Invece, in piena tempesta e in assoluta solitudine, Allegri ha saputo costruire il suo autentico capolavoro, forse più importante di uno dei cinque scudetti conquistati in bianconero. Ha reso la squadra impermeabile alle intemperie, ha stimolato lo spirito di appartenenza, ha consolidato il gruppo, ha indicato il percorso per arrivare indenni alla meta, nonostante i punti tolti, ridati, ritolti, seppure solo in parte.

    Da lì in avanti la Juve, che non ha fatto mercato se non per svincolare, cedere e prestare (è arrivato il solo Weah, è rientrato solo Cambiaso) non poteva che migliorare. Ma pochissimi pensano che possa vincere lo scudetto o lottare per conquistarlo. Certo, rinunciare ai soldi della Champions, è doloroso almeno quanto non parteciparvi, ma giocare solo una partita alla settimana è un vantaggio. Il punto è che, se ce ne fossero due (e arriveranno con la Coppa Italia), Allegri dovrebbe farlo con Huijsen, Iling Junior, Yildiz e Nicolussi Caviglia, cioè i ragazzi dell’ex seconda squadra.

    Nel frattempo - sempre che la fortuna lo assista - Allegri ha rispolverato Rugani (che nei due anni lontano dalla Juve faceva la riserva al Rennes e al Cagliari), ha riqualificato McKennie (doveva essere ceduto, è diventato titolare), ha schierato Kean e Milik contro il Milan. Ora l’allenatore può non piacere, il suo gioco è ormai sclerotizzato, i ritmi sono sincopati, le vittorie sono spesso delle ruminate gestioni, ma dire che Allegri non sia efficace, non sappia gestire il gruppo o, peggio, abbia qualcuno contro, sarebbe una menzogna.

    Al contrario, pur non essendo un grande stratega, è un eccellente tattico, forse il migliore che abbiamo in Italia, perché sa cambiare in corsa, leggere i diversi momenti della partita, accettare di soffrire contro chiunque, magari per strappare anche un punto (è accaduto a Bergamo e Allegri ne era fiero). Comunque, per ora, e magari solo fino a domani sera, la Juve va. Conscia che ci sono almeno tre squadre più forti (Inter, Napoli e Milan), padrona dei propri limiti e di un calendario che, nel prossimo week end, prevede la sfida di Firenze. Forse solo dopo quella trasferta, sapremo se la Juve vale più o meno del quarto posto. Stare in testa dà alla testa. 
     

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