Tubize: il metodo GAG alla base della generazione d'oro del Belgio
Step by step, un passo alla volta, stiamo giungendo al termine del nostro percorso. Una strada che ci ha portato alla scoperta di centri federali, riforme, veri e propri movimenti rivoluzionari in favore della crescita e dello sviluppo dei talenti del calcio giovanile europeo. Dalla Francia (QUI), capostipite e precursore di questo nostro viaggio, da tutti imitata, passando per l’Inghilterra (QUI), la Spagna (QUI) e, infine, almeno per il momento, la Germania (QUI). E quest’oggi, il nostro giro d’Europa ci porta dritti verso una delle patrie che ha sfornato più giocatori di assoluto livello nella recente storia del calcio: il Belgio.
L’INGLORIOSO PASSATO – La storia della nazionale dei Diavoli Rossi ci pone di fronte ad un quadro piuttosto semplice. Tolto l’oro olimpico casalingo di Anversa 1920, un terzo posto agli Europei 1972 ed una finale al torneo continentale del 1980, la tradizione calcistica belga non è di primissimo livello. Prima degli exploit ottenuti con la generazione d’oro del calcio fiammingo – risultati ottenuti grazie ad un metodo preciso – il Belgio aveva superato gli ottavi di finale di una Coppa del Mondo in una sola occasione (nel 1986, ai Mondiali messicani). Il conto delle non qualificazioni ai tornei internazionali si arresta a quota 16 su 38 manifestazioni complessive. Tante, troppe per una nazione che, solo nell’ultimo ventennio, ha regalato al mondo del calcio talenti dall’elevata e purissima classe. Le epoche di Paul van Himst e Pfaff-Gerets-Sciffo – stelle del calcio belga tra gli anni ‘70 e ‘80 – saranno le eccezioni incastrate in una serie di fallimenti che hanno caratterizzato la nazionale dei Diavoli Rossi. Il sentimento del popolo belga verso il calcio sono racchiuse nelle parole di Pierre Simbaldi, ct agli Europei ‘72, che di van Himst dirà: “Pensa veloce come Pelé. Il suo unico difetto? È belga”. Disincanto, illusione, dura realtà. Il Belgio è destinato a soccombere continuamente, a non trionfare mai, a non vedere mai la luce dell’alba con una vera e propria generazione di vero e puro talento. Il calcio belga è un tramonto perenne. Ma per ogni tramonto, c’è un sole pronto a sorgere.
FALLIMENTO = INSEGNAMENTO - È dalle ceneri, infatti, dei continui fallimenti degli anni ‘90 che verranno poste le basi per la rinascita – o vera e propria nascita – della nazionale del Belgio. Il cambiamento parte proprio dalla stella van Himst, divenuto CT, e dal suo successore Georges Leekens, precursori di un’idea diversa di calcio, incentrata sulla qualità tecnica e su ritmi alti che permettessero una maggiore velocità in fase di transizione. A fine anni ’90 il Belgio è ancora incentrato su una rigidità tattica dove la marcatura a uomo è la regola e dove la presenza del libero è tutt’altro che inusuale. Leekens riesce a dare alla nazionale un respiro nuovo rivoluzionando la storica strategia del contropiede belga, alzandone l’intensità e teorizzando in 6 secondi per metro la velocità perfetta per attaccare lo spazio in fase di ripartenza. E, seppur i Mondiali ‘98 rappresentino l’ennesima delusione per i Diavoli Rossi, le aspettative sembrano alzarsi. C’era aria di speranza, di rinnovamento. Il calcio vecchio e passatista mostrato sino a pochi anni prima sembrava superato. Era arrivata l’ora di un cambiamento della cultura calcistica che, alla fine, arriverà con gli anni 2000 grazie, soprattutto, ad una persona.
L’UOMO DEL CAMBIAMENTO: SABLON – Michel Sablon, il direttore tecnico della Federcalcio belga a partire dal 2001. I fallimenti europei e mondiali sono sotto gli occhi di tutti. Così l’URBSFA-KBVB (Union Royale Belge des Sociétés de Football Association/Koninklijke Belgische Voetbalbond) decide di affidare le chiavi della rivoluzione a Sablon, ideatore dell’intera riorganizzazione all’interno movimento calcistico belga. Un progetto che (spoiler) porterà il Belgio a giocarsi una semifinale mondiale nel 2018 in Russia. Un sistema vincente, certo, ma che affonda le sue radici proprio in quegli anni. Quell’ambizioso uomo di nome Sablon aveva un’idea semplice ma efficace: emulare i vicini olandesi del calcio totale e della tecnica sopraffina e trapiantare l’irreprensibile organizzazione tattica del calcio francese in Belgio. Seguirono alcuni viaggi tra queste due nazioni, volti a scoprire segreti, a trovare intuizioni, idee sulle quali fondare un nuovo modello per il calcio belga. E così nacquero i concetti dai quali partì, molti ripresi in toto dal modello di Clairefontaine tanto caro ormai all’Europa: formazione basata quasi esclusivamente sulla tecnica del giocatore, capillarità e penetrazione delle accademie su base nazionale, impronta tattica identica ad ogni livello.
MODULO UNICO E PRIORITA’ AL TALENTO - La prima chiave di svolta fu esattamente questa: stop alla confusione ed unico modulo sin dal calcio giovanile. Col fido Bob Browaeys, storico selezionatore dell’Under 16 e 17 belga, capirono che il 4-3-3 sarebbe stata l’impostazione tattica da seguire per un calcio moderno, giovane che possa formare un calciatore tecnico, che sappia tenere il pallone, muoversi palla al piede, saltare l’uomo. L’arte del dribbling sarebbe quindi divenuta la Bibbia per modellare il giocatore del futuro. Il 433 viene quindi individuato come il punto di partenza comune. Attorno ad esso, si pensò di sviluppare diverse fasi di allenamento, volte ad arricchire la varietà di strumenti a disposizione dell’atleta nel rispetto delle distintive attitudini di ogni singolo individuo. Tra i 5 e i 7 anni l’attenzione è posta sulla familiarità con il pallone, sul divertimento. L’allenamento ruota principalmente attorno a dei 2 contro 2 volti a facilitare l’apprendimento dei fondamentali più spontanei per ogni bambino, il dribbling ed il tiro. Tra i 7 e i 17 anni – anche all’interno di college ad impronta sportiva che premiano ed incentivano l’istruzione scolastica del giovane atleta - avviene la formazione completa del giocatore nella tecnica di base così come nei principi tattici di squadra. L’obiettivo di questa fase è lo sviluppo delle capacità del singolo giocatore di applicare le qualità individuali all’interno di un contesto collettivo, cercando di formarne l’attitudine ad interpretare le diverse situazioni di gioco. Ma il concettuale progetto andava comunque monitorato.
UNA RIFORMA TOTALE – Il direttore tecnico coordinò l’operato di club e Federazione attraverso l’operato di DoublePass (filiale dell’Università di Bruxelles, nonché azienda esperta in consulenza sulla formazione del talento nei club), che fu incaricata di controllare e monitorare tutti i sistemi giovanili a livello di club, fornendo al contempo tutti i feedback necessari. Le basi erano state poste ma Sablon decise di non fermarsi qui. Commissionò, infatti, all'Università di Lovanio uno studio approfondito sul calcio giovanile in Belgio, che prevedeva le riprese di 1.500 partite in diverse fasce d'età. I risultati furono scioccanti. I giovani calciatori belgi non toccano il pallone per più di quattro volte in un’intera ora di allenamento. Il sistema di crescita ruota attorno ad obiettivi del campo e sviluppo fisico, penalizzando fortemente lo sviluppo dal punto di vista tecnico. Diventano tutti dati che facilitano il lavoro di Sablon nel convincere i club di come il cambiamento non sia soltanto preferibile ma anche necessario, dando il via libera alla vera e propria rivoluzione. È in questo momento che nasce un sistema scientifico, metodologico, di insegnamento e gestione del capitale umano oltre che tecnico, che passa attraverso un nuovo approccio all’allenamento e all’istituzione di centri tecnici federali.
IL CENTRO DI TUBIZE E IL METODO GAG – La nuova base del calcio belga, la fabbrica dei campioni del domani nasce a Tubize, piccola cittadina di ventimila anime vicino a Bruxelles. È lì che sorge il nuovo centro tecnico federale, grazie al reinvestimento dei 10 milioni di utili degli Europei 2000 – disputato proprio tra Belgio e Paesi Bassi – che permettono la costruzione del quartier generale della Federcalcio belga. Un’altra tessera incastonata nel puzzle della rivoluzione di Sablon. Ora, ricordate la ricerca dell’Università di Lovanio? Le scoperte del professor Werner Helsen – ex calciatore, tra l’altro, in seconda divisione – oltre a convincere le società, piantarono un’altra pietra miliare nel processo di ricostruzione: gerarchie abolite, assenza di titolari e riserve, divieto di contrastare l’avversario sino all’arrivo in Under 21 e di disputare partite 11 contro 11 a tutto campo prima dei 12 anni. Vengono favorite, invece, le partitelle 2 contro 2, 5 contro 5, 8 contro 8 che incoraggiano doti tecniche come il palleggio e il dribbling fondamentali per nutrire il 4-3-3 scelto da Sablon. È la nascita del metodo GAG (Global-Analytic-Global), il sistema d’allenamento più applicato al mondo. Si basa, in sostanza, sulla coniugazione dell’aspetto analitico (l’organizzazione tattica, la ripetizione isolata della giocata o della situazione di gioco) all’aspetto globale (il calcio palla al piede, fantasioso, libero di esprimersi) nei programmi di allenamento. Allenamenti che prevedono il passaggio da esercizi di tiro e dribbling a quelli inerenti al passaggio corto, con allenamenti cinque contro cinque e disposizione a diamante, poi a quello medio-lungo - otto contro otto e doppio diamante - per finire con il lavoro sui passaggi lunghi undici contro undici. Un percorso, come sottolineavamo, che punta a fornire al giocatore gli strumenti per affrontare situazioni sempre più complesse e a costruire personalità e tecnica parallelamente. La crescita del ragazzo ruota attorno alle sue capacità di interpretazione e risoluzione dei problemi. I progressi di ogni individuo vengono monitorati grazie ad obiettivi didattici prefissati per ogni sessione di allenamento, settimana e stagione e valutati attraverso parametri qualitativi che prescindono dai risultati sportivi di squadra. Il calcio belga sta cambiando pelle, sta finalmente mutando.
LA CREAZIONE DELLE TOPSPORT SCHOOLS - Un ulteriore elemento base della rivoluzione in Belgio è la presenza di 8 centri federali, le cosiddette Topsport Schools, accademie (situate a Bruges, Genk, Gand, Lovanio, Liegi, Mons, Mouscron, Wilrijk) create appositamente da Sablon per visionare periodicamente i talenti dai 14 ai 18 anni segnalati direttamente dai club o selezionati dagli oltre 200 scout federali che osservano le selezioni regionali. Posti appena al di sopra delle selezioni giovanili, questi centri consentono ai ragazzi di svolgere ulteriori allenamenti – in aggiunta alle sedute previste con i club - sotto la guida di allenatori qualificati dal patentino UEFA-B che lavorano per la federazione belga. L’ulteriore contributo fornito da queste scuole permettono i talenti un maggiore e più rapido assorbimento della nuova filosofia calcistica belga, preparandoli, al contempo, per un futuro salto della nazionale maggiore, fine ultimo della missione di Sablon. A questo sistema si affianca anche un lavoro costante di pubbliche relazioni tra la federazione calcistica belga e i club professionistici, grazie a una serie di incontri annuali per pianificare il lavoro e appianare le eventuali divergenze che si vengono a creare. Inoltre, gli allenatori federali devono frequentare una scuola di formazione prima di mettere piede su un campo di allenamento. Un percorso lungo, tortuoso ma che ha portato alla raccolta di frutti più che maturi.
GENK, ANDERLECHT: FUCINE DI TALENTI - Il primo frutto di quegli anni di rinnovamento in patria fu l’accademia all’avanguardia di due club in particolare: il KRC Genk, dalla cui Jos Vaessen Talent Academy sono usciti nomi come Courtois, De Bruyne (il più grande ed evidente interprete della nuova scuola belga) e Carrasco, e l’Anderlecht, fucina dei cosidetti “Purple Talents” e il cui settore giovanile ha forgiato giocatori del calibro di Romelu Lukaku. Ma la rivoluzione si era ormai stesa a tutto il Belgio. Basti pensare che ben sette giocatori della spedizione belga al mondiale di Brasile 2014 - Courtois, Mertens, De Bruyne, Dembélé, Defour, Witsel e Chadli - hanno frequentato i centri d’allenamento della federcalcio, un numero che si è ampliato nel corso degli anni a venire con i profili di Ndidi, Benteke, Origi, Vandevoordt e che è destinato a salire se il Belgio vorrà compiere l’ultimo decisivo passo, l’ultima meta da raggiungere per compiere e ultimare il grande progetto di Sablon: vincere. Un obiettivo che sembra ormai sfuggito alla Golden Generation ma a cui i Diavoli Rossi, in futuro, puntano ancora ad arrivare. Per chiudere il cerchio. Per mettere il sigillo alla rivoluzione di Sablon.