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L’Inter sbaglia un tempo, Correa non sbaglia squadra. Inzaghi già in testa, vi resterà a lungo
Non è ancora certo se anche quest’anno l’Inter sia da scudetto - a Verona ha vinto 3-1, ma è stata sotto per un tempo e ha centrato il sorpasso solo a otto minuti dalla fine quando gli avversari sono stati schiantati dalla fatica -, ma è sicuro che Correa è da Inter. Arrivato a Milano da meno di due giorni e entrato in campo, al posto di Lautaro Martinez, al 73’, l’ex laziale ha messo il timbro sul successo nerazzurro con due gol. Il primo all’82’ di testa, il secondo allo scadere del recupero (94’) di sinistro.
Naturalmente il popolo “bauscia” (cit. Gianni Brera) si avventurerà in paragoni con Lukaku trovando motivo di conforto, se non addirittura di giubilo, nel cambio. Ma, a parte che Correa è diverso in tutto rispetto al belga, certi confronti hanno bisogno di tempo e Correa - per dirne una - ha sempre mancato di continuità, al contrario di Lukaku. Tuttavia complimenti a lui per l’esordio con il botto, a Simone Inzaghi che l’ha fortemente voluto (e che ha trovato tre punti quando cominciava a temere di no) e alla società che ha speso oltre trenta milioni per restare competitiva. Ecco, questo si può scrivere sicuramente: l’Inter, nonostante le cessioni di Hakimi e Lukaku e l’assenza permanente di Eriksen, non è per nulla ridimensionata e lotterà fino all’ultima giornata per il titolo. Poi, che lo vinca o no, ancora non so (da tempo mi ronza in testa che potrebbe essere l’anno dell’Atalanta), ma l’obiettivo resta quello ancor prima della Champions League per la quale si chiede di passare almeno la fase a gironi.
A Verona l’Inter ha fatto male il primo tempo, se si fa eccezione per i quindici minuti iniziali durante i quali (12’) ha avuto un’occasione con Lautaro Martinez, da dentro l’area, sventata dal portiere veronese Montipò. Poi (14’) i nerazzurri hanno preso gol e fino all’intervallo hanno viaggiato a fari spenti nella notte dei veneti. A regalare - in senso letterale - il vantaggio al Verona è stato Handanovic che, forse emulo di Szczesny, ha latitato su un pallone da servire a Brozovic al limite dell’area. E, quando l’ha fatto, il compagno non gli dava più la fronte, ma il fianco. Situazione di disagio sulla quale è intervenuto Ilic sottraendo la sfera e battendo lo stesso portiere sloveno con un pallonetto.
Due le osservazioni che emergono. La prima: il Verona, per 45 minuti, ha pressato altissimo mettendo l’Inter in difficoltà. La seconda: costruire dal basso non è un reato, ma l’esecuzione deve essere fatta in sicurezza, altrimenti meglio il rinvio lungo. Se uno non è Maignan, portiere del Milan, dotatissimo con entrambi i piedi (cit. Bedogni), la palla al novanta per cento è persa, ma almeno non si corre il rischio di andare sotto o di essere raggiunti. L’Inter, priva di mobilità, ovvero di smarcamenti senza palla, è andata incontro ad una sequela di errori e al 41’ Zaccagni ha intercettato un pallone a Brozovic ed è scappato verso l’area. Prima di giungervi ha servito Barak che, andando oltre la palla, ha perso tempo e misura. Il suo retro-passaggio ha servito l’esordiente Cancellieri che, dal limite, ha sparato alto.
Di Francesco ha schierato il Verona con un 3-4-2-1 di scuola Juric dove gli attaccanti di riferimento erano, a turno, Barak e Zaccagni. Quelli di professione, tutti in panchina: Lasagna, subentrato a Cancellieri al 61’, Kalinic e l’ultimo arrivato Simeone. Fino all’intervallo, il Verona ha giocato meglio, ma ha speso molto. E se a questo aggiungiamo anche una buona manciata di ingenuità (due rimesse in gioco di Perisic che hanno provocato una il pari e l’altra un’occasionissima) abbiamo il quadro di una squadra che a venti minuti dalla fine è letteralmente scoppiata. Siamo alla seconda di campionato e Di Francesco non ha la panchina di Simone Inzaghi. Ad un quarto d’ora dal termine ha fatto le ultime tre sostituzioni (Tameze per Hongla, Sutalo per Faraoni, Dawidowicz per Magnani) e ha sperato che i giocatori dell’Inter non trovassero la porta.
Invece, dopo aver pareggiato al 46’ con Lautaro Martinez (rimessa di Perisic, "spizzata" di Hongla per anticipare Dzeko e testa dell’argentino) e aver accarezzato il raddoppio (stessa situazione di gioco e stessi interpreti, con l’unica eccezione del tocco di Dzeko), l'Inter ha trovato campo e coraggio anche per tirare. Bastoni (66’) di collo esterno, ha chiamato Montipò alla deviazione. Poco prima Dimarco aveva preso il posto di Perisic e Vidal quello di Brozovic. Ed è stato proprio il cileno (82’), rigenerato - per ora - dalla cura Inzaghi, a provare una splendida apertura per Darmian che, oltre a tenere in campo la palla, ha pennellato un cross lento ma preciso su cui Correa ha frustato di testa nell’angolo. Otto minuti al 90’ e partita virtualmente finita. Ma non per Correa che, al 94’, bissava con un sinistro dal limite.
In sostanza, buona Inter nel secondo tempo, decisivo il cambio di Inzaghi, da registrare la fase difensiva a destra (Darmian/Skriniar), da migliorare la manovra (poche le proposte di gioco). Il 3-5-2 di Conte non si tocca. Ma Simone ha le sue idee e, forse, della partita possiede una gestione meno intransigente. E’ presto, naturalmente, per pretendere di avere già capito. Ma l’Inter, per quel che conta, è in testa e ci resterà a lungo. Non da sola, ma a lungo.
:(actionzone)
IL TABELLINO:
Hellas Verona-Inter 1-3
Marcatori: 15' p.t. Ilic, 3' s.t. Martinez, 38' s.t. Correa, 49' s.t. Correa
Assist: 83' s.t. Darmian, 49' s.t. Vidal
VERONA (3-4-2-1): Montipò; Gunter, Ceccherini, Magnani (dal 30' s.t. Dawidowicz); Faraoni (dal 30' s.t. Sutalo), Ilic, Hongla (dal 30' Tameze) Lazovic; Barak, Zaccagni; Cancellieri (dal 16' s.t. Lasagna). All. Di Francesco.
INTER (3-5-2): Handanovic; Skriniar, De Vrij, Bastoni; Darmian, Barella, Brozovic (dal 21' s.t. Vidal), Calhanoglu (dal 42' s.t. Vecino), Perisic (dal 21' s.t. Dimarco); Lautaro (dal 29' Correa), Dzeko (dal 42' s.t. Sensi). All. Inzaghi
Arbitro: Manganiello
Ammoniti: 28' p.t. Magnani; 12' s.t. Martinez, 20' s.t. Brozovic, 48' s.t. Tameze
Naturalmente il popolo “bauscia” (cit. Gianni Brera) si avventurerà in paragoni con Lukaku trovando motivo di conforto, se non addirittura di giubilo, nel cambio. Ma, a parte che Correa è diverso in tutto rispetto al belga, certi confronti hanno bisogno di tempo e Correa - per dirne una - ha sempre mancato di continuità, al contrario di Lukaku. Tuttavia complimenti a lui per l’esordio con il botto, a Simone Inzaghi che l’ha fortemente voluto (e che ha trovato tre punti quando cominciava a temere di no) e alla società che ha speso oltre trenta milioni per restare competitiva. Ecco, questo si può scrivere sicuramente: l’Inter, nonostante le cessioni di Hakimi e Lukaku e l’assenza permanente di Eriksen, non è per nulla ridimensionata e lotterà fino all’ultima giornata per il titolo. Poi, che lo vinca o no, ancora non so (da tempo mi ronza in testa che potrebbe essere l’anno dell’Atalanta), ma l’obiettivo resta quello ancor prima della Champions League per la quale si chiede di passare almeno la fase a gironi.
A Verona l’Inter ha fatto male il primo tempo, se si fa eccezione per i quindici minuti iniziali durante i quali (12’) ha avuto un’occasione con Lautaro Martinez, da dentro l’area, sventata dal portiere veronese Montipò. Poi (14’) i nerazzurri hanno preso gol e fino all’intervallo hanno viaggiato a fari spenti nella notte dei veneti. A regalare - in senso letterale - il vantaggio al Verona è stato Handanovic che, forse emulo di Szczesny, ha latitato su un pallone da servire a Brozovic al limite dell’area. E, quando l’ha fatto, il compagno non gli dava più la fronte, ma il fianco. Situazione di disagio sulla quale è intervenuto Ilic sottraendo la sfera e battendo lo stesso portiere sloveno con un pallonetto.
Due le osservazioni che emergono. La prima: il Verona, per 45 minuti, ha pressato altissimo mettendo l’Inter in difficoltà. La seconda: costruire dal basso non è un reato, ma l’esecuzione deve essere fatta in sicurezza, altrimenti meglio il rinvio lungo. Se uno non è Maignan, portiere del Milan, dotatissimo con entrambi i piedi (cit. Bedogni), la palla al novanta per cento è persa, ma almeno non si corre il rischio di andare sotto o di essere raggiunti. L’Inter, priva di mobilità, ovvero di smarcamenti senza palla, è andata incontro ad una sequela di errori e al 41’ Zaccagni ha intercettato un pallone a Brozovic ed è scappato verso l’area. Prima di giungervi ha servito Barak che, andando oltre la palla, ha perso tempo e misura. Il suo retro-passaggio ha servito l’esordiente Cancellieri che, dal limite, ha sparato alto.
Di Francesco ha schierato il Verona con un 3-4-2-1 di scuola Juric dove gli attaccanti di riferimento erano, a turno, Barak e Zaccagni. Quelli di professione, tutti in panchina: Lasagna, subentrato a Cancellieri al 61’, Kalinic e l’ultimo arrivato Simeone. Fino all’intervallo, il Verona ha giocato meglio, ma ha speso molto. E se a questo aggiungiamo anche una buona manciata di ingenuità (due rimesse in gioco di Perisic che hanno provocato una il pari e l’altra un’occasionissima) abbiamo il quadro di una squadra che a venti minuti dalla fine è letteralmente scoppiata. Siamo alla seconda di campionato e Di Francesco non ha la panchina di Simone Inzaghi. Ad un quarto d’ora dal termine ha fatto le ultime tre sostituzioni (Tameze per Hongla, Sutalo per Faraoni, Dawidowicz per Magnani) e ha sperato che i giocatori dell’Inter non trovassero la porta.
Invece, dopo aver pareggiato al 46’ con Lautaro Martinez (rimessa di Perisic, "spizzata" di Hongla per anticipare Dzeko e testa dell’argentino) e aver accarezzato il raddoppio (stessa situazione di gioco e stessi interpreti, con l’unica eccezione del tocco di Dzeko), l'Inter ha trovato campo e coraggio anche per tirare. Bastoni (66’) di collo esterno, ha chiamato Montipò alla deviazione. Poco prima Dimarco aveva preso il posto di Perisic e Vidal quello di Brozovic. Ed è stato proprio il cileno (82’), rigenerato - per ora - dalla cura Inzaghi, a provare una splendida apertura per Darmian che, oltre a tenere in campo la palla, ha pennellato un cross lento ma preciso su cui Correa ha frustato di testa nell’angolo. Otto minuti al 90’ e partita virtualmente finita. Ma non per Correa che, al 94’, bissava con un sinistro dal limite.
In sostanza, buona Inter nel secondo tempo, decisivo il cambio di Inzaghi, da registrare la fase difensiva a destra (Darmian/Skriniar), da migliorare la manovra (poche le proposte di gioco). Il 3-5-2 di Conte non si tocca. Ma Simone ha le sue idee e, forse, della partita possiede una gestione meno intransigente. E’ presto, naturalmente, per pretendere di avere già capito. Ma l’Inter, per quel che conta, è in testa e ci resterà a lungo. Non da sola, ma a lungo.
:(actionzone)
IL TABELLINO:
Hellas Verona-Inter 1-3
Marcatori: 15' p.t. Ilic, 3' s.t. Martinez, 38' s.t. Correa, 49' s.t. Correa
Assist: 83' s.t. Darmian, 49' s.t. Vidal
VERONA (3-4-2-1): Montipò; Gunter, Ceccherini, Magnani (dal 30' s.t. Dawidowicz); Faraoni (dal 30' s.t. Sutalo), Ilic, Hongla (dal 30' Tameze) Lazovic; Barak, Zaccagni; Cancellieri (dal 16' s.t. Lasagna). All. Di Francesco.
INTER (3-5-2): Handanovic; Skriniar, De Vrij, Bastoni; Darmian, Barella, Brozovic (dal 21' s.t. Vidal), Calhanoglu (dal 42' s.t. Vecino), Perisic (dal 21' s.t. Dimarco); Lautaro (dal 29' Correa), Dzeko (dal 42' s.t. Sensi). All. Inzaghi
Arbitro: Manganiello
Ammoniti: 28' p.t. Magnani; 12' s.t. Martinez, 20' s.t. Brozovic, 48' s.t. Tameze