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L'Inter di Spalletti non ne ha più, il Milan vince con la ferocia dei disperati
Antonio non solo non avrebbe dovuto giocare, ma è stato chiamato in causa a pochi minuti dall’inizio del derby. Con il fratello infortunato (dolore all’inguine), il titolare sarebbe dovuto essere Storari che, invece, durante il riscaldamento ha accusato un problema muscolare e ha dovuto arrendersi all’usura dell’età (ha quasi 41 anni) e delle tante parate. Quando ho saputo che in campo sarebbe andato il Donnarumma meno titolato (anche se più anziano) ho provato ad immaginare una doppia narrazione. Quella in base alla quale un portiere improbabile (21 presenze in Grecia l’anno scorso, 25 nel Bari in serie B nel 2014-2015) avrebbe provocato danni ulteriori alla già disastrata squadra di Gattuso. O l’altra, secondo cui, in un formidabile finale, sarebbe stato protagonista di qualche rigore parato.
Niente di tutto ciò, anche se due segnali si sono appalesati nella partita, lasciando che fosse il destino a decidere. Nel primo caso, minuto 24, l’Inter aveva segnato il gol di vantaggio proprio con un’autorete di Antonio, goffo nel deviare nella propria porta un tocco di Perisic dopo che l’angolo, dalla parte opposta, l’aveva visto spettatore passivo. Sarebbe stata una botta durissima per l’interessato e per la squadra che, forse, non si sarebbe più rialzata. Invece in soccorso di Donnarumma è disceso il Var sotto forma di segnalazione all’arbitro Guida, di un fuoriogioco di Ranocchia. Nel secondo episodio - una monumentale occasione per l’Inter di passare in vantaggio al 59’ - Joao Mario, liberato da una sponda aerea di Icardi, gli ha tirato addosso e la palla è finita sopra la traversa. Troppo poco per fare di Antonio un vittima sacrificale o un eroe per caso, ma abbastanza per dire che, nonostante gli interventi scomposti e una presa poco rassicurante, il Donnarumma 2 ha fatto la sua parte per l’orgoglio del fratello minore che alla fine lo esponeva al pubblico senza doverne rinnegare la parentela e l’ingaggio.
Serata di estremi (difensori) e di estremismi. Rino Gattuso se ne sta fino al 121’ sotto la pioggia come un chierico vagante in cerca di una processione salvifica. Ottiene il massimo con un Milan tutto cuore, ma anche cervello: 4-3-3, squadra corta, comando delle operazioni con un Biglia per lo meno decente e Suso sempre pronto ad innescare la profondità. Nulla di straordinario, ma sempre meglio di Spalletti che, forse sa, di essere impantanato nella palude. Gagliardini e Vecino hanno fatto poco, le ripartenze è stato l’unico modo di attaccare, pochissimi i palloni per Icardi. Fosse capitato all’argentino quello da cacciare in porta sono certo che non l’avrebbe sbagliato, ma chiedergli di lavorare di sponda significa snaturarlo.
Il problema è che l’Inter, partita forte in stagione, ora non ne ha più e, per paradosso, forse le farà bene tornare alla partita unica in settimana. Ma bisogna arrivare indenni alla pausa e la visita della Lazio, sabato in campionato, è tutt’altro che gradevole. Il Milan, ben lungi dall’essersi rialzato, farà un pieno di entusiasmo e di autostima. La prossima trasferta di Firenze, con 120 minuti nelle gambe, è un’altra trappola, ma per lo meno si è evitato l’avvitamento e la caduta libera. Dicevo di Cutrone, gol decisivo, ma dovrei sempre parlare di Suso e, questa volta, anche di Bonaventura. Lo spagnolo, però, è stato protagonista sia per l’assist del gol (Cutrone gira oltre Skriniar e qualcuno tra gli interisti non ne segue il taglio), sia per una traversa (tiro deviata ancora da Skriniar) colpita al 79’. Sì, il MIlan ha fatto di più e, pur in un derby povero, ha azzannato con la ferocia dei disperati. Giusto così per quanto - avviso sia all’Inter che la troverà sabato, sia al Milan che la vedrà in semifinale di Coppa Italia - la Lazio sia più forte.
@gia_pad