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    L'amore per il sesso, l'imbarazzo e quel sorriso birichino: il racconto di una notte con Moana Pozzi

    L'amore per il sesso, l'imbarazzo e quel sorriso birichino: il racconto di una notte con Moana Pozzi

    • Renzo Parodi
    A riposo forzato per mancanza di partite, i nostri giornalisti inviati di Centesimo minuto in queste settimane mettono a disposizione la loro esperienza e i loro vissuti con una serie di articoli legati a situazioni di cui sono stati 'Testimoni oculari'

    Scoccò la mezzanotte e come una Cenerentola rivisitata in salsa erotica Moana Pozzi apparve nel grande salone gremito della villa sulla Cassia sede della Agenzia “Diva Futura” del manager Riccardo Schicchi. La festa per l’elezione al Parlamento di Ilona Staller, alias Cicciolina, eletta con ventimila preferenze nelle file del partito Radicale di Marco Pannella, si era aperta da un paio d’ore e l’attico elegante brulicava di giovani donne in abiti succinti, pornostar e aspiranti tali, giovanotti palestrati, fotografi e il tipico sottobosco di quel genere romano che vive appeso al glamour, più o meno elegante, che ruota attorno al mondo dello spettacolo. Tutto quel brulicare di persone scomparve all’istante e si fece improvvisamente silenzio nel momento in cui la bellissima dea del porno apparve fendendo la folla come Mosé nell’attraversare il Mar Rosso spalancato davanti si suoi passi. Assai più spregiudicatamente del profeta ebraico Moana avanzava sorridendo radiosa, consapevole che gli sguardi di tutti, uomini e donne, si erano posati su di lei. Li attirava come una chiave di ferro attira una calamita. La osservai incedere, pareva una creatura soprannaturale, i capelli biondissimi sparsi sulle spalle nude, fasciata in un abito rosa chiaro, il colore della pesca matura, che le aderiva addosso come una seconda pelle, segnandole maliziosamente le curve. Il party di fatto si sciolse, ciascuno dei presenti si immerse in crocchi silenziosi, i bicchieri smisero di volare dal bar alle mani degli invitati, la musica divenne un brusio di sottofondo. 

    Era l’inizio dell’estate del 1987, da pochi mesi ero stato promosso inviato dal Secolo XIX, il quotidiano genovese dove avevo cominciato a lavorare sette anni prima. Quel servizio politico a Roma per me era una sorta di battesimo del fuoco. Ero riuscito, non ricordo come, ad incollarmi a Pannella e a Cicciolina, li avevo seguiti nei giorni delle elezioni. Il 2 luglio la diva erotica venne proclamata deputato nella X Legislatura: erano le ultime elezioni prima del tornado di Mani Pulite che avrebbe spazzato via la prima Repubblica, ovviamente nessuno allora lo sapeva. Cicciolina era stata una intuizione mefistofelica di Marco Pannella, che ne aveva intuito la carica protestataria e provocatoria che circolava nel Paese.  E lei, l’ammiccante gattina che girava film oseé ridondante di improbabili pizzi, volants e coroncine di fiori, aveva accettato di sostenere i temi cari al partito della Rosa nel pugno: antinucleare, difesa dei diritti, antiproibizionismo in fatto di stupefacenti, libero amore, pace nel mondo, educazione sessuale a scuola, campagne di informazione sull’Aids. Moana, sua partner a Diva Futura e in alcuni film erotici girati da Schicchi, si era tenuta alla larga dall’agone politico. Ci sarebbe entrata cinque anni dopo, subentrando a Cicciolina nel Partito dell’Amore, senza peraltro ottenere successi elettorali paragonabili all’exploit della collega.

    Torno alla serata sulla Cassia. Non erano trascorsi molti minuti dalla sua trionfale epifania e mi ritrovai da solo di fronte a Moana sulla vasta terrazza che dava sui pini marittimi. Vista da vicino Moana appariva ancora più bella che in fotografia. Gli occhi verdi, il sorriso dischiuso sulle labbra piene, l’atteggiamento naturale di una pantera. Una “fimmina”, l’avrebbe definita Camilleri, “da far firriare la testa a qualunque anima criata masculina”.  La sorpresa fu che dietro quell’aspetto che emanava sensualità ed erotismo si nascondeva una testa di prim’ordine. E una personalità spiccatissima. Cominciammo a chiacchierare appoggiati alla balaustra della terrazza. Parlammo della sua infanzia, del padre ingegnere nucleare, degli anni dell’infanzia trascorsi a Genova. A tredici anni il lavoro del padre l’aveva condotta prima in Brasile e in Canada e infine in Francia, a Lione, la città in cui Moana avrebbe vissuto i suoi ultimi giorni di vita, appena sette anni più tardi di quella serata romana. Una coincidenza che oggi mette i brividi addosso: “Genova mi stava stretta anche da ragazzina – mi confidò – Una città grigia, severa. Io amavo, io amo la vita e non riuscivo ad adattarmi. Dopo le parentesi all’estero a 19 anni lasciai la famiglia”. Mi ricordò di non aver intrapreso immediatamente la carriera di star del sesso. Nel suo curriculum infatti figura la scuola di recitazione diretta da Alessandro Fersen e persino un programma per bambini su Rai2, “Tip Tap Club” dell’82. La cacciarono appena scoprirono che sotto un nome d’arte stava girando film erotici. Non uscì del tutto dal circuito normale e ufficiale della Tv, nell’88 avrebbe presentato un programma di critica televisiva: “l’Araba Fenice”, avvolta solo da una pellicola di cellophane. Successivamente ancora tv su Italia1, apparizioni su Blob di Giusti e Ghezzi col cartoon a lei dedicato “Moanaland e infine sulla passerella in carne ed ossa, sfilando come modella per le collezioni di Chiara Boni. Tutte le sue performance, dopo quel nostro casuale rendez vous, avrebbero confermato la mia sensazione che ci fosse ben altro che labbra e curve dietro quel corpo statuario.

    La carriera per la quale Moana è passata alla storia resta naturalmente il cinema hard. 44 pellicole girate senza veli e senza limiti di audacia. Protagonista ed esibizionista come si conviene ad un’attrice tout court. “La gente pensa che io lo faccia per denaro – mi disse – ma non è questa la vera ragione. Io amo il sesso, mi piace fare l’amore e mi piace farlo con tanti uomini diversi. L’amore è la vita stessa”. Moana non era affatto un nome d’arte, all’anagrafe risultava Anna Moana Rosa Pozzi. Moana è un nome polinesiano, significa: “Là dove l’acqua è più profonda”. Nonostante tutto anche quel nome che suonava armonioso, quasi una promessa di carnali delizie, ebbe una parte nella sua fortuna. Una fortuna sfacciatamente cercata perché Moana non era tipo da mezze misure. Standole accanto provavo un filo di imbarazzo. Era alta quanto me però issata su un paio di scarpette con i tacchi a spillo mi sopravanzava di quasi un palmo. Ricordo di aver pensato che anche la statura e il fisico da amazzone (“il seno è naturale”, puntualizzò con un sorriso birichino) avevano contribuito alla sua fortuna come pornostar. Accanto a lei, la vezzosa, perennemente ammiccante Cicciolina, che recitava con puntiglio la sua parte di oggetto del desiderio, faceva la figura della sorellina minore. Una sorella Moana l’aveva, di due anni più giovane, anche lei battezzata con un nome esotico, Maria Tamiko, detta Mima. Si cimentò anche col porno, con scarsa fortuna.

    Non ricordo quanto riportai di quella conversazione nel pezzo che il giorno dopo scrissi per il mio giornale. Non tutto, immagino. Mi sembrava di violare il segreto che si era magicamente formato tra noi in quella mezz’ora trascorsa vis a vis. Non eravamo stati il giornalista e la regina del porno, eravamo stati un uomo e una donna, in vena di confidenze. Qualcosa di me probabilmente le avevo confidato, con parsimonia genovese e sono certo che lei, genovese come me, avrà compreso quella ritrosia. Le parole spesso sono il vestito per coprire l’indicibile. A volte invece diventano la porta dell’anima.    

    Restai di sasso nell’apprendere della scomparsa di Moana, avvenuta il 15 settembre 1994 a Lione. Una malattia crudele e senza scampo l’aveva spezzata. Aveva 33 anni. Dopo la sua morte fiorirono leggende e speculazioni infami. Si disse che Moana non era affatto morta, che si nascondeva in qualche angolo del mondo, chissà perché. Un destino straziante comune ad altri divi, come Elvis Presley. Purtroppo era davvero morta e il marito anni dopo mostrò in tv il suo certificato di morte. Il corpo che aveva acceso i sogni erotici di milioni di uomini era stato cremato e le ceneri riconsegnate alla famiglia che verosimilmente le aveva inumate nella toma di famiglia del cimitero di Lerma, pese di origine della madre, nel basso Piemonte ai confini con la Liguria. La morte cancella i peccati e la terra le sarà certamente lieve.

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