Redazione Calciomercato
Juvemania: senza squadra, con tanti ragazzi e solo la sua idea. Il cammino di Thiago è già fenomenale
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Un puzzle che mostra i volti nuovi e li mischia ai vecchi, specialmente alla crescita di questi ultimi: Locatelli è irradiato dall'idea di Thiago, il sole attorno al quale si muove praticamente l'ecosistema Juventus. Ma si potrebbe parlare della responsabilità affidata a Gatti. Della crescita di Bremer nella difesa a quattro. Di come, d'un tratto, Mbangula e Savona siano diventati giocatori di Serie A.
Cosa può fare, un concetto? E quanto è totalizzante? E quanto è vero e quanto è invece la finzione di un momento positivo?
Sono domande esistenziali da inizio ciclo, ma oggi i tifosi juventini non hanno però nemmeno voglia di porsele. Troppo bello, il contorno. Troppo adrenalinico, quest'inizio. Tant'è che la scia lasciata da Verona è praticamente la stessa percepita post Como: se si rigiocasse tra qualche minuto, ci sarebbe comunque impazienza di vedere i ragazzi di Thiago all'opera. Sindrome da cotta estiva - quando non vedi l'ora di rivederla - sommata alla sindrome da inizio primavera: l'inverno è alle spalle, e davanti hai una stagione di possibilità. Già approcciata come meglio non si poteva.
"Sono tutti giocatori forti", dice chiaramente Thiago, che non accetta altre versioni oltre al ragionamento partorito dalla sua testa. Ma lo erano pure nella passata stagione, e lo erano soprattutto nella seconda partita, reduci da un 3-0 a Udine pronto a raccontarci di una Juve completamente differente. A Torino, esattamente un anno fa, arrivò il suo Bologna: per ottanta minuti, i rossoblù erano diventati i blaugrana. Palleggio, raddoppi, possesso, pressing asfissiante appena si perdeva palla: sembrava il Barcellona. La masterlclass mottiana forse convinse definitivamente Giuntoli a imboccare il cammino di (San)Thiago. Che di sicuro ha cambiato il corso delle cose, più concretamente quello della carriera dell'allenatore.
La verità è che con Motta, e in appena 14 giorni, si perde tutto ciò di cui si componeva la narrazione juventina delle ultime stagioni, cioè quel paragone costante con il passato glorioso che generava, in serie, scuse pronte all'uso, squadra non all'altezza, ambizioni più facili per non sentirsi in difetto.
Gli scaricabarili non esistono più. Non c'è nemmeno il desiderio di tornare quelli di un tempo, perché troppo diverso è ciò che si è oggi. E sul cammino di (San)Thiago, tutto questo è arrivato con un gruppo incompleto, un mercato da ultimare, tra i titolari nessun elemento nuovo - di campo -, a parte Cabal. E' una trasformazione su un letto di concetti. E' mettere l'idea davanti al resto. Ed è una rivoluzione, specialmente a Torino, dove per anni si era detto che il dna fosse l'àncora nella tempesta e nella bufera, la vela gonfia quando spingeva il vento dei risultati.
Thiago ha piegato le frasi fatte sul concetto di Juventus e le ha trasformate in tavola d'argilla. Non se ne discosta, perché sarebbe impossibile farlo, ma le sta modellando secondo la sua idea di calcio. Senza grossi proclami. Senza cercare i meriti. Senza stare tre passi davanti ai suoi ragazzi. Semplicemente, ha la forza di quello in cui crede e lo mette al servizio di calciatori pronti. Chiudendo con una frase che sintetizza un mondo in poche parole: "Non è fortuna. E' lavoro".