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Juve, vincere senza convincere: perché contro l'Inter può arrivare la svolta
Ovviamente mi riferisco alla Juventus di Allegri, il quale ha evocato a se stesso il mantra “vincere, senza convincere”, palesato in modo decisivo contro la Fiorentina. Juve in trincea e Fiorentina velleitaria, in grado solo di offrire un volto fatuo con i suoi, improduttivi, sonnolenti passaggi laterali ed un possesso palla fine a se stesso. Del resto, con gli uomini che si ritrova (persi Di Maria e Pogba) l'allenatore livornese deve operare strategie di basso profilo estetico ma di alta qualità relativa ai punteggi acquisiti. Lo fece a Bergamo, a Firenze, ed anche ieri, contro un indomito Cagliari, la Juve ha faticato più del dovuto per vincere la resistenza degli isolani. Immaginate che (almeno per il momento) potendo far uso solo di punte spuntate, i bianconeri si affidano al redivivo Rugani, ottimo sostituto dell'infortunato Danilo, e al sempre temibile Bremer, proiettato in cerca di gloria nelle aree avversarie.
In ogni caso la Juve tiene il passo della capolista e, non avendo impegni europei, che potrebbero fiaccare le risorse della squadra di Allegri, sarà importante, se non decisivo, il prossimo derby d'Italia in programma a Torino il 26 Novembre dopo la sosta per gli impegni (questi sicuramente decisivi) della Nazionale di Spalletti. Da quell'incontro, potremmo misurare, con attendibile certezza, se la Juve sarà in grado di duellare anche per lo scudetto tricolore. La classifica attuale dice Inter 31, Juve 29, Milan 23, Napoli 21. Dunque una non facile, ma possibile vittoria del tanto criticato Allegri sull'Inter, darebbe la stura a nuovi concetti proiettati su atteggiamenti opinabili (vince, ma non convince) ma che risultano propedeutici anche per vittorie, sulla carta, quasi impossibili. Insomma il tricolore potrebbe tingersi di decorazioni nerazzurre o bianconere, perché sembra improbabile che Milan, Napoli e Atalanta rimettano a posto i cocci per risalire posizioni che sembravano già prenotate proprio da queste tre contendenti appena citate.
Il Milan che si fa rimontare a Lecce, l'Atalanta che evita la sconfitta ad Udine all'ultimo istante e il Napoli che sprofonda al 90esimo al Maradona contro l'Empoli, fanno pensare a formazioni, se non in disarmo, sicuramente in chiara difficoltà. Ecco, anche l'Empoli, una squadra che vince partite impensabili, ma non convince. Le vittorie ottenute a Firenze e l'ultima di Napoli, non erano certo in preventivo. De Laurentiis ha già esonerato l'allenatore chiamando Tudor. I tecnici sono sempre capri espiatori, di personaggi carismatici che amano dominare la scena. Per i partenopei, ora lontani 10 punti dalla vetta, sarà quasi impossibile ambire a posizioni d'eccellenza. Basta guardare le prossime 4 gare: prima a Bergamo, poi a Madrid con il Real, ed ancora a Napoli con l'Inter, per finire a Torino contro la Juve. Per il tecnico che dovrà riprendere l'eredità di Garcia, sarà metaforicamente “inferno”.
E concludo con un accenno alla Nazionale che deve affrontare prima la Macedonia del Nord (una sorta di nostra bestia nera) e poi, in campo neutro a Leverkusen, l'Ucraina. Mi ha sorpreso la chiamata di Jorginho, giocatore dell'Arsenal con 21 presenze nella Premier League, con zero gol. Non mi sembra che faccia sfracelli e non mi pare che sia stato molto utile alla nostra Nazionale. Basta riguardare, con profonda tristezza, i due rigori sbagliati contro la Svizzera che hanno permesso agli elvetici di passare il turno in prima battuta e a noi di relegarci allo spareggio, indegnamente perso in casa con i macedoni del nord. Pensavo che Jorghinho appartenesse al passato da dimenticare. Invece ecco l'ineluttabile. Spalletti pensa di arricchire il piatto azzurro con un pizzico di retrò manciniano. Lo rispolvera dalla soffitta e ce lo ripropone. Quasi un presagio lugubre (speriamo di no) che dovremo combattere con taumaturgici effetti.