AFP/Getty Images
Juve, Ronaldo non è Mbappé: contro il Real Madrid dovrai essere perfetta
Cardiff è il luogo, non ancora la meta. La seconda finale in tre anni, la nona nella storia della Juve, arriva quasi alla fine di una corsa senza ostacoli e al culmine di una semifinale - quella con il Monaco - ispida e fallosa, con Khedira subito fuori per guai propri (da valutare l’infortunio muscolare alla coscia sinistra) e Higuain pestato a sangue da un intervento proditorio, dunque volontario, di Glik, cuore nero più che cuore granata. Per fortuna non succede niente, Higuain si riprende e rinuncia, al pari di Mandzukic, alla ritorsione che avrebbe fatto rima con espulsione e, dunque, al salto della finale.
La Juve ha vinto bene (2-1), ma non ha giocato sempre bene. Malino all’inzio, con un palo di Mbappé (per fortuna c’era fuorigioco) e un atteggiamento leggero, quasi che i 90 minuti non fossero un impegno serio, ma un intralcio evitabile. Malino nella parte centrale del secondo tempo, quando Mbappé, a séguito di azione da angolo, ha messo dentro da un passo (di Alex Sandro l’amnesia difensiva). La Juve ha così subìto il suo terzo gol in Champions e ha messo termine all’imbattibilità durata complessivamente 660 minuti. La cosa, evidentemente, non è piaciuta per niente a Massimiliano Allegri che dalla panchina si è lasciato andare ad espressioni forti, dentro ad un’arrabbiatura caravaggesca. Il tutto è accaduto perché la Juve, avanti di due gol (quattro contando anche l’andata), dall’inizio della ripresa si stava godendo l’atmosfera dello stadio, la gioia per essere ad un passo dalla finale, la pienezza di momenti che, se non sono irripetibili, certo sono rari nella carriera di molti calciatori.
Eppure, proprio qui, sta il segreto per non accontentarsi mai. Per battere il Real Madrid (perché sono certo che sarà l’altra finalista), ad esempio, non bisognerà sbagliare nulla, come successo con il Barcellona a Torino o al Camp Nou. Concentrazione massima, determinazione feroce. La passerella - se la si sarà meritata - solo alla fine. Altrimenti ne uscirà l’ennesima delusione: sei finali perse su otto disputate dovrebbero fare da monito. Allegri allena anche quando si gioca e sapeva - al contrario della maggioranza facilona - che se il Monaco avesse segnato in apertura di partita, questa semifinale di ritorno sarebbe diventato un piccolo inferno dell’anima. Per fortuna non è successo (alto un tiro da lontano di Falcao al 6’, anzi, dalla metà del primo tempo fino all’intervallo, in campo si è vista solo la Juve.
Certo, prima di trovare il gol con Mandzukic (33’: assist di Dani Alves, colpo di testa respinto e palla ribattuta in rete da un passo), i bianoconeri hanno sbagliato con Higuain (22’ , tocco sotto lento in diagonale), ancora con Mandzukic (24’, assist di Higuain, tiro addosso a Subasic), infine con Pjanic (intervento alla disperata di Raggi in calcio d’angolo). La Juve ha offerto il meglio di sé negli ultimi dieci minuti del primo tempo, squinternando la difesa del Monaco con movimenti di palla avanti, palla indietro, di nuovo palla avanti. Straordinario Dani Alves, non solo perché ha segnato il gol del raddoppio (45’, destro al volo su respinta di Subasic da angolo), ma anche perché ha servito a Higuain il pallone per un gol annullato, causa fuorigioco di un piede. Prima di un altro gol mancato da Dybala (43’, deviazione del portiere da un passo), Chiellini ha mostrato di essere in grande forma salvando in spaccata su cross di Mendy (41’).
Che la Juve ci tenesse ad arrivare a Cardiff solo con due reti al passivo è fuor di dubbio, ma avere limitato una squadra come il Monaco, che segna sempre, è confortante. Tuttavia Ronaldo, Benzema, Bale (se recupererà) e anche Morata (che quando si alza dalla panchina la mette con regolarità impressionante) valgono più di Mbappé (per quanto bravissimo) e Falcao. Sarà necessaria una fase difensiva, ovvero di non possesso palla, alla Allegri. Sempre vigili, dunque. In finale ci si va per vincere. L’unico vero obiettivo di tutti, non solo della Juve.
La Juve ha vinto bene (2-1), ma non ha giocato sempre bene. Malino all’inzio, con un palo di Mbappé (per fortuna c’era fuorigioco) e un atteggiamento leggero, quasi che i 90 minuti non fossero un impegno serio, ma un intralcio evitabile. Malino nella parte centrale del secondo tempo, quando Mbappé, a séguito di azione da angolo, ha messo dentro da un passo (di Alex Sandro l’amnesia difensiva). La Juve ha così subìto il suo terzo gol in Champions e ha messo termine all’imbattibilità durata complessivamente 660 minuti. La cosa, evidentemente, non è piaciuta per niente a Massimiliano Allegri che dalla panchina si è lasciato andare ad espressioni forti, dentro ad un’arrabbiatura caravaggesca. Il tutto è accaduto perché la Juve, avanti di due gol (quattro contando anche l’andata), dall’inizio della ripresa si stava godendo l’atmosfera dello stadio, la gioia per essere ad un passo dalla finale, la pienezza di momenti che, se non sono irripetibili, certo sono rari nella carriera di molti calciatori.
Eppure, proprio qui, sta il segreto per non accontentarsi mai. Per battere il Real Madrid (perché sono certo che sarà l’altra finalista), ad esempio, non bisognerà sbagliare nulla, come successo con il Barcellona a Torino o al Camp Nou. Concentrazione massima, determinazione feroce. La passerella - se la si sarà meritata - solo alla fine. Altrimenti ne uscirà l’ennesima delusione: sei finali perse su otto disputate dovrebbero fare da monito. Allegri allena anche quando si gioca e sapeva - al contrario della maggioranza facilona - che se il Monaco avesse segnato in apertura di partita, questa semifinale di ritorno sarebbe diventato un piccolo inferno dell’anima. Per fortuna non è successo (alto un tiro da lontano di Falcao al 6’, anzi, dalla metà del primo tempo fino all’intervallo, in campo si è vista solo la Juve.
Certo, prima di trovare il gol con Mandzukic (33’: assist di Dani Alves, colpo di testa respinto e palla ribattuta in rete da un passo), i bianoconeri hanno sbagliato con Higuain (22’ , tocco sotto lento in diagonale), ancora con Mandzukic (24’, assist di Higuain, tiro addosso a Subasic), infine con Pjanic (intervento alla disperata di Raggi in calcio d’angolo). La Juve ha offerto il meglio di sé negli ultimi dieci minuti del primo tempo, squinternando la difesa del Monaco con movimenti di palla avanti, palla indietro, di nuovo palla avanti. Straordinario Dani Alves, non solo perché ha segnato il gol del raddoppio (45’, destro al volo su respinta di Subasic da angolo), ma anche perché ha servito a Higuain il pallone per un gol annullato, causa fuorigioco di un piede. Prima di un altro gol mancato da Dybala (43’, deviazione del portiere da un passo), Chiellini ha mostrato di essere in grande forma salvando in spaccata su cross di Mendy (41’).
Che la Juve ci tenesse ad arrivare a Cardiff solo con due reti al passivo è fuor di dubbio, ma avere limitato una squadra come il Monaco, che segna sempre, è confortante. Tuttavia Ronaldo, Benzema, Bale (se recupererà) e anche Morata (che quando si alza dalla panchina la mette con regolarità impressionante) valgono più di Mbappé (per quanto bravissimo) e Falcao. Sarà necessaria una fase difensiva, ovvero di non possesso palla, alla Allegri. Sempre vigili, dunque. In finale ci si va per vincere. L’unico vero obiettivo di tutti, non solo della Juve.