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    Juve, Moggi come il fantasma del Macbeth: ecco a chi è rivolta la sua arringa

    Juve, Moggi come il fantasma del Macbeth: ecco a chi è rivolta la sua arringa

    • Fernando Pernambuco
      Fernando Pernambuco
    Era fatale che, nel clima da Colosseo mediatico (con la maggioranza di pollici bassi) creatosi attorno alla Juventus attuale, l'Assemblea dei soci di ieri sia diventata una riunione che trascende gli aspetti tecnici. E' stata, quindi, anche una scena calcata da molti protagonisti, ma altresì da “semplici” azionisti.

    Una tribuna e un teatro, in cui, comunque si è approvato il bilancio e il Presidente uscente ha potuto rivendicare come la scelta delle proprie dimissioni con quelle del Cda sia stata “non facile, ma accettata con serenità per il bene della società”. Adesso, ha continuato Andrea Agnelli, bisogna affrontare “rilievi non giustificati” come confermano “le analisi e le opinioni di professionisti ed esperti indipendenti”. Consono e doveroso ribadire, con fermezza, la correttezza del proprio operato quando si è chiamati in giudizio e soprattutto quando questo “giudizio” sembra già formulato dai media.

    Ma il clima sabaudo di sobria saldezza è stato sparigliato dall'ingresso sul palcoscenico di Luciano Moggi. Non che in questi anni sia scomparso o abbia taciuto. Anzi tiene una sua rubrica su un quotidiano, commenta, partecipa a trasmissioni televisive, però l'apparizione di ieri è sembrata un ritorno sul luogo del trionfo o della disfatta. In quel luogo Moggi è apparso simile al fantasma di Banco che inquieta Macbeth, ripresentandosi dopo essere stato ucciso da lui. Sguainando la daga come un antico Curazio, l'ex dg ha sferrato un'arringa contro chi - in un recente passato - non difese abbastanza la Juventus “processata, innanzitutto dai giornali” durante Calciopoli. Oggi, con l'inchiesta Prisma, le 14 mila intercettazioni (con relative pubblicazioni), la FIGC pronta a riaprire molteplici capi d'accusa, annusa lo stesso clima.

    E' suonata come un'accusa più interna che esterna, un richiamo alla futura dirigenza ad abbandonare quella prudenza istituzionale tipica dei comportamenti pubblici della Juventus. I tifosi juventini hanno reagito entusiasti a questo appello, situato tra Braveheart, Masaniello e Brancaleone da Norcia. E non poteva essere altrimenti perché sono in molti ad essere ancora scottati da un processo sportivo non esente da un clima da stadio e da prescrizioni comminate, apparentemente, con calcoli plateali.

    Meno entusiasti gli attuali dirigenti più qualche membro della Exor. Non è loro compito - credono - spingere alla sollevazione popolare e non hanno voglia di sparare cartucce a salve sui media. La responsabilità, non il sentimento, impone di reagire con fermezza e capacità di fronte a ciò che si ritiene un errore e un' “ingiustizia”. E poi riaprire antiche ferite prima di una nuova battaglia, può innescare un orgoglio momentaneo, ma fa perdere sangue.

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