Juve-Lazio, l'analisi tattica: Inzaghi dovrà bloccare le fasce ad Allegri
Juventus e Lazio si sono già incontrate due volte, quest’anno. La terza sarà mercoledì sera, nella finale di Coppa Italia, all’Olimpico, in uno stadio in cui i bianconeri hanno appena subito la quinta sconfitta stagionale, contro la Roma. E’ dunque ancor più paradossale pensare che la Signora giochi in casa, eppure è proprio così; la squadra ospite, all’Olimpico, sarà la Lazio. Nei due scontri precedenti tuttavia, la formazione di Allegri ha sempre avuto la meglio, sia in agosto, quando vinse in trasferta 0-1 grazie a un gol di Khedira, sia in gennaio (2-0), il giorno in cui si presentò allo Stadium col 4-2-3-1, varando il nuovo modulo. In entrambe i casi i biancazzurri non riuscirono a gonfiare la rete di Buffon. Cosa strana se si considera oggi il potenziale offensivo a disposizione di Inzaghi e il numero di gol fatti, lo stesso della Juventus (72). Basterà dire che mancava Keita in tutt’e due le occasioni? Questo, straripante, Keita?
In realtà la Lazio non batte i bianconeri dal 6 dicembre 2003. Nondimeno la partita che ci attende è tutto tranne che scontata. Primo perché è una finale, secondo perché la Lazio sarà senz’altro più serena e riposata, terzo perché gli ultimi risultati dei piemontesi (in campionato) sono un segnale da non sottovalutare, specialmente se li confrontiamo con quelli ottenuti dalle aquile. E’ vero che la Lazio ha perso anche lei questo sabato, contro la Fiorentina. Indubbiamente però si è trattato di una sconfitta meno pesante da un punto di vista psicologico, e tutto sommato prevedibile. Detto questo, ciò che rende a mio avviso ancor più intrigante la finale di mercoledì è il grado di rispetto reciproco che le due squadre si tributeranno. Inzaghi non ripeterà gli errori di gennaio, e Allegri lo sa. La Lazio difficilmente riproporrà il 4-3-3 per fronteggiare il 4-2-3-1 o il 3-4-3 della Juventus. Nel girone di ritorno infatti, specialmente a partire dai derby di Coppa (marzo/aprile), la Lazio ha preferito schierare la difesa a tre, cosa che peraltro aveva fatto già a inizio anno, ad esempio all’andata contro la Juve, e poi a intermittenza durante il campionato, a seconda dell’avversario. In particolare, i tre derby ravvicinati hanno rappresentato una specie di laboratorio per Inzaghi, sollecitato com’era dalle astuzie e dall’inventiva tattica di Spalletti, capace di passare dal 4-2-3-1 al 3-4-3 nel corso di una stessa partita. Proprio gli stessi moduli - mutatis mutandis - prediletti dall’ultimo Allegri. Analizziamo allora Roma-Lazio del 30 aprile, per capire come si riparerà Inzaghi dalle offensive bianconere.
A inizio gara, la Lazio cerca di infastidire la manovra giallorossa sistemandosi con un 3-4-1-2 piuttosto fluido. Tale fluidità dipende soprattutto dai movimenti di Milinkovic-Savic (Sergej) in fase di copertura. Nella metà campo avversaria sale in pressione a costituire il vertice alto davanti a Biglia e Parolo, gli interni di centrocampo. Notate il doppio schermo formato da Keita e Lulic, ai lati di De Rossi, per impedire al regista l’apertura sui terzini.
Quando però la Lazio ripiega nella propria metà campo, Milinkovic-Savic si abbassa, talvolta entrando dentro la linea dei due centrali di centrocampo, Parolo e Biglia. Questo movimento garantisce densità nella zona pericolosa in cui andrebbe a operare il trequartista avversario, sfruttando il vuoto lasciato dal mediano scivolato in fascia (in questo caso Biglia, in pressione su Strootman).
Dopo essere passata al 5-3-2 per proteggere il vantaggio, la Lazio torna al 3-4-1-2 nella ripresa, quando Spalletti manda in campo Peres al posto di El Shaarawy, e decide di abbandonare il 4-2-3-1. Inzaghi non disdegna di giocare a specchio, anzi.
Ecco allora un altro esempio di come Milinkovic-Savic può abbassarsi, in aiuto al reparto di centrocampo. Anziché al centro, scala da mezzala sinistra, ruolo che ricopre abitualmente nel 4-3-3.
Più che un 3-5-2, in fase difensiva il modulo della Lazio è proprio un 5-3-2 chiarissimo, spudorato. Questo inevitabilmente comporta molta copertura in area e in mediana, il gioco intasato tra le linee, ma lascia praterie ai terzini. E’ un caso che Rudiger, non proprio un terzino di spinta, venisse invitato ad avanzare e impostare? La Juventus però, a differenza della Roma, in quella zona di campo potrà servirsi della tecnica di Dani Alves.
L’esterno ex Barcellona sta attraversando uno stato di forma davvero impressionante. Da quella posizione in cui vedete Rudiger, magari appena più avanti, ha servito due assist perfetti nelle semifinali di Champions. Anche in campionato però, proprio contro la Lazio, all’andata, aveva già fatto intravedere questa giocata, evidentemente un suo marchio di fabbrica.
La Lazio dovrà stare attenta a proteggere continuamente i tre centrali difensivi da entrambi i lati del campo, sugli esterni. Contro la Roma, ha sofferto quando l’esterno di centrocampo dalla parte di Salah è stato saltato da un filtrante (in questo caso Lulic) in combinazione con la sponda della mezzala (Strootman). Vale a dire quando la Lazio provava a difendere un po’ più alta, senza la difesa a 5.
Strootman qui riceve e si appoggia rapidamente a Salah perché intraprenda l’uno contro uno. Wallace intanto esce dai tre difensori e accorcia sull’egiziano, mentre Lulic tiene d’occhio Peres, ormai sopra la linea della palla. La difesa a tre si è disunita, Salah è pronto per accellerare e incunearsi.
La velocità di Salah nell’uno contro uno non è certo quella di Dybala, però l’argentino potrebbe servirsi della sua tecnica per dialogare nello stretto con Dani Alves, come è successo tante volte con il Monaco, nel 3-4-3. Sempre che Allegri non opti per Cuadrado, fosse anche soltanto nella ripresa o chissà, nei supplementari.
In realtà la Lazio non batte i bianconeri dal 6 dicembre 2003. Nondimeno la partita che ci attende è tutto tranne che scontata. Primo perché è una finale, secondo perché la Lazio sarà senz’altro più serena e riposata, terzo perché gli ultimi risultati dei piemontesi (in campionato) sono un segnale da non sottovalutare, specialmente se li confrontiamo con quelli ottenuti dalle aquile. E’ vero che la Lazio ha perso anche lei questo sabato, contro la Fiorentina. Indubbiamente però si è trattato di una sconfitta meno pesante da un punto di vista psicologico, e tutto sommato prevedibile. Detto questo, ciò che rende a mio avviso ancor più intrigante la finale di mercoledì è il grado di rispetto reciproco che le due squadre si tributeranno. Inzaghi non ripeterà gli errori di gennaio, e Allegri lo sa. La Lazio difficilmente riproporrà il 4-3-3 per fronteggiare il 4-2-3-1 o il 3-4-3 della Juventus. Nel girone di ritorno infatti, specialmente a partire dai derby di Coppa (marzo/aprile), la Lazio ha preferito schierare la difesa a tre, cosa che peraltro aveva fatto già a inizio anno, ad esempio all’andata contro la Juve, e poi a intermittenza durante il campionato, a seconda dell’avversario. In particolare, i tre derby ravvicinati hanno rappresentato una specie di laboratorio per Inzaghi, sollecitato com’era dalle astuzie e dall’inventiva tattica di Spalletti, capace di passare dal 4-2-3-1 al 3-4-3 nel corso di una stessa partita. Proprio gli stessi moduli - mutatis mutandis - prediletti dall’ultimo Allegri. Analizziamo allora Roma-Lazio del 30 aprile, per capire come si riparerà Inzaghi dalle offensive bianconere.
A inizio gara, la Lazio cerca di infastidire la manovra giallorossa sistemandosi con un 3-4-1-2 piuttosto fluido. Tale fluidità dipende soprattutto dai movimenti di Milinkovic-Savic (Sergej) in fase di copertura. Nella metà campo avversaria sale in pressione a costituire il vertice alto davanti a Biglia e Parolo, gli interni di centrocampo. Notate il doppio schermo formato da Keita e Lulic, ai lati di De Rossi, per impedire al regista l’apertura sui terzini.
Quando però la Lazio ripiega nella propria metà campo, Milinkovic-Savic si abbassa, talvolta entrando dentro la linea dei due centrali di centrocampo, Parolo e Biglia. Questo movimento garantisce densità nella zona pericolosa in cui andrebbe a operare il trequartista avversario, sfruttando il vuoto lasciato dal mediano scivolato in fascia (in questo caso Biglia, in pressione su Strootman).
Dopo essere passata al 5-3-2 per proteggere il vantaggio, la Lazio torna al 3-4-1-2 nella ripresa, quando Spalletti manda in campo Peres al posto di El Shaarawy, e decide di abbandonare il 4-2-3-1. Inzaghi non disdegna di giocare a specchio, anzi.
Ecco allora un altro esempio di come Milinkovic-Savic può abbassarsi, in aiuto al reparto di centrocampo. Anziché al centro, scala da mezzala sinistra, ruolo che ricopre abitualmente nel 4-3-3.
Più che un 3-5-2, in fase difensiva il modulo della Lazio è proprio un 5-3-2 chiarissimo, spudorato. Questo inevitabilmente comporta molta copertura in area e in mediana, il gioco intasato tra le linee, ma lascia praterie ai terzini. E’ un caso che Rudiger, non proprio un terzino di spinta, venisse invitato ad avanzare e impostare? La Juventus però, a differenza della Roma, in quella zona di campo potrà servirsi della tecnica di Dani Alves.
L’esterno ex Barcellona sta attraversando uno stato di forma davvero impressionante. Da quella posizione in cui vedete Rudiger, magari appena più avanti, ha servito due assist perfetti nelle semifinali di Champions. Anche in campionato però, proprio contro la Lazio, all’andata, aveva già fatto intravedere questa giocata, evidentemente un suo marchio di fabbrica.
La Lazio dovrà stare attenta a proteggere continuamente i tre centrali difensivi da entrambi i lati del campo, sugli esterni. Contro la Roma, ha sofferto quando l’esterno di centrocampo dalla parte di Salah è stato saltato da un filtrante (in questo caso Lulic) in combinazione con la sponda della mezzala (Strootman). Vale a dire quando la Lazio provava a difendere un po’ più alta, senza la difesa a 5.
Strootman qui riceve e si appoggia rapidamente a Salah perché intraprenda l’uno contro uno. Wallace intanto esce dai tre difensori e accorcia sull’egiziano, mentre Lulic tiene d’occhio Peres, ormai sopra la linea della palla. La difesa a tre si è disunita, Salah è pronto per accellerare e incunearsi.
La velocità di Salah nell’uno contro uno non è certo quella di Dybala, però l’argentino potrebbe servirsi della sua tecnica per dialogare nello stretto con Dani Alves, come è successo tante volte con il Monaco, nel 3-4-3. Sempre che Allegri non opti per Cuadrado, fosse anche soltanto nella ripresa o chissà, nei supplementari.