Juve, la carta del TAR toglie il velo all'ultima anomalia della giustizia sportiva
Cos’è successo? Che il Tribunale amministrativo, al quale si erano rivolti in assoluto silenzio i legali di Madama, ha obbligato Procura federale e COVISOC a consegnare al pool difensivo bianconero la nota 10.940 datata aprile 2021, quella nella quale l’organo di controllo federale chiedeva al procuratore Chinè di riaprire l’inchiesta sulle plusvalenze avendo registrato delle operazioni sospette da parte di alcuni club. La procura, però, non riaprì un bel nulla.
Lo ha fatto con 2 anni di ritardo, soltanto dopo aver ricevuto la documentazione dell’inchiesta Prisma dalla Procura di Torino e punendo solo la Juventus. I legali bianconeri ricordavano l’esistenza di questo documento federale, lo segnalarono all’udienza con la CAF ma i giudici fecero spallucce.
Adesso un giudice del TAR li sta obbligando a tirare fuori quella nota, che potrebbe essere l’asso nella manica degli avvocati della Juve. Perché significherebbe che nei comportamenti della Procura federale ci sarebbe stato un vizio di forma, e questo potrebbe annullare l’ultima sentenza CAF e ridare i 15 punti alla squadra di Allegri. Sempre che al Collegio di Garanzia del Coni la pensino allo stesso modo, ma ad ogni livello della giustizia sportiva – abituata ad autodeterminarsi, seguendo metodi e procedure differenti da quella ordinaria – ci si può attendere di tutto.
Una cosa è certa: quella nota finora occultata entrerà a far parte degli atti processuali e i giudici del CONI non potranno non tenerne conto. Anche perché il vizio di forma rientra tra i punti su cui poggia il ricorso della Juventus e potrebbe retrodatare i termini d’obbligo della riapertura dell’intera inchiesta federale sulle plusvalenze, annullando quanto deciso dalla CAF.
Il fatto stesso che la procura federale avesse impedito ai difensori della Juve l’accesso a quel carteggio ne denota l’importanza, altrimenti non le sarebbe costato nulla renderlo pubblico. L’ennesimo comportamento anomalo da parte di un’altrettanto discutibile giustizia federale, sempre più spiazzante per il modo privatistico col quale gestisce le proprie inchieste e i propri processi. Il Tar, con la sua decisione, l’ha riportata bruscamente nel mondo reale, rendendo utilizzabile ciò che era stato misteriosamente segretato, ma soprattutto costringendo la giustizia sportiva a rientrare nell’ambito pubblico, non lasciandole decidere da sola su quali atti processare un club. Un richiamo alle regole del giusto processo e al diritto alla giusta difesa, entrambi finora negati per questioni di “perentorietà” e proprie “peculiarità”, come spiegò il giudice Torsello.
La FIGC ha colto il messaggio del TAR e infatti al Coni non si presenterà, lasciando da solo Chinè nella difesa di una sentenza che la CAF aveva reso ancora più afflittiva di quanto richiesto dallo stesso procuratore federale, ma che a posteriori – forse anche per effetto delle critiche ricevute da molti giuristi – ci si è resi conto di aver comminato troppo in fretta, tra l’altro su una materia (le plusvalenze) finora mai normata da nessuna regola, federale o statale.
Torsello ha però pronto il colpo di coda: ricorrere al Consiglio di Stato (dove, tra l’altro, lavora) perché vede nel ricorso al Tar - presentato dai legali di Cherubini e Paratici – un modo subdolo da parte della Juventus di aggirare la clausola compromissoria che regge il rapporto tra giustizia sportiva e club. L’impressione è invece, al contrario, che la FIGC stia cercando lei un modo per impedire al pool difensivo di venire in possesso di quella carta. Eppoi si offendono se gli dici che con la Juventus si stanno accanendo.