Juve, Giuntoli è il tuo vero top player: soffiato ai campioni per cancellare i disastri di Agnelli e Paratici
A mia memoria una presentazione tanto plateale, negli ultimi dieci anni, fu riservata solo a Pirlo quando Andrea Agnelli e i suoi sodali ci fecero credere che sarebbe stato il nuovo allenatore della seconda squadra, impegnata nel campionato di serie C. Anche allora, come adesso, la dirigenza della Juve ha voluto mandare un messaggio. Tre anni fa, fu capito poco o troppo tardi dalla critica e della stampa (Pirlo divenne qualche settimana più tardi l’allenatore della prima squadra, ma l’idea era di gran lunga precedente), questa volta è servito a stabilire che l’uomo forte è Giuntoli e nessun altro. Certo, tutto ciò significa anche avere messo nelle sue mani buona parte della responsabilità collettiva di squadra e società, ma ogni grande impresa presenta grandi rischi e Giuntoli ne è consapevole.
La Juve è una società da reinventare sul piano filosofico, prima ancora che sul modello di lavoro. Intanto, perché la proprietà non intende più finanziare le campagne acquisti senza una logica di sviluppo. In secondo luogo, perché la caccia ai campionissimi, magari di una certa età, non ha senso, né presenta vantaggi.
Giuntoli, dunque, deve, da una parte, mantenere alto il grado di competitività della squadra, dall’altro, far tornare i conti realizzando profitti sia con qualche big da mettere sul mercato, sia con i giovani valorizzati o valorizzabili da Allegri. L’equilibrio è precario e le cose da fare sono molte. Ma Giuntoli, nel suo primo impatto pubblico, non ha voluto trascurare un aspetto emotivamente rilevante: l’essere stato, fin da bambino, tifoso della Juventus. Di più: l’aver ereditato dal padre la juventinità. Premesso che non si tratta di una volgare captatio benevolentiae, visto che Giuntoli è davvero juventino, i tifosi avevano proprio bisogno che un dirigente desideroso di dichiarare il proprio senso di appartenenza. Professionista sì, ma prima di tutto coinvolto dal tifo e dalla passione.
Se Giuntoli sia il dirigente che la Juve ha tanto voluto, facendogli firmare un contratto di cinque anni, lo diranno i fatti e il tempo. Per ora è e, fino a prova contraria, rimane l’unico top player che la società è andata strappare sul mercato all’avversario che ha vinto lo scudetto. Per me, dirigenti e allenatori, contano più dei calciatori. E i loro guadagni, assieme al potere conferitogli, rappresentano la conferma di questa teoria.
Il problema principale è intervenire subito per risolvere i problemi che hanno lasciato le dissennate gestioni Agnelli-Paratici e, in parte, anche quella di Cherubini. A parte il non secondario aspetto di avere portato il club sotto lo scacco della giustizia sportiva prima e di quella ordinaria poi, la dirigenza precedente ha messo la Juve in una condizione economica e finanziaria di assoluta precarietà. Bisognerà lavorare tanto e lavorare duro. Forse ammettendo che il mercato in entrata, per quanto importante, non è la priorità di questa sessione: bisogna vendere per non rischiare di affogare.