Juve figlia di un mercato antico: Allegri non le dà mai nulla. Solo Di Maria e Pogba possono svoltare la stagione
Di Maria è campione indubitabile, di classe cristallina. Prenderlo a 34 anni però comportava dei rischi, scritti nelle 800 partite della sua carriera professionistica. La Juve non poteva non saperlo: ha scelto l’usato sicuro, dandogli 7 milioni netti d’ingaggio. Purtroppo per Allegri, Di Maria s’è rotto alla prima partita vera. Pogba a Manchester e nella Francia aveva smesso da tempo di essere titolare, colpa degl’infortuni e di una condizione mai continua: c’è da credere che prima di offrirgli un ingaggio d’oro (8 milioni netti per 4 anni), la Juventus abbia fatto tutti i necessari accertamenti medici, resta che il campione del mondo s’è fatto male senza giocare una partita ufficiale. Della scelta di non operarsi, come suggeriva il club, si parlerà a lungo, almeno finché il campo non dimostrerà che Pogba ha fatto bene a dribblare il bisturi del chirurgo.
Ci sono altri modi di fare il mercato. Lo dimostrano il Milan e forse anche il Napoli, per cui è doveroso aspettare qualche mese prima di dare giudizi definitivi. A Torino hanno scelto quello più tradizionale e anche l’ultima settimana sembra destinata a confermarlo. Paredes è un buon regista, un giocatore come oggi nell’organico di Allegri non c’è. Basterà? E Milik, quasi preso, come può essere l’alternativa a Depay, inseguito per settimane, giocatore cui non somiglia per nulla? Da qui, l’impressione è che il finale sia tutto a tentoni, un po’ come l’anno scorso, quando qualcuno pensò di sostituire CR7 con Moise Kean (impegnandosi per 28 milioni con l’Everton). E almeno qui, Paratici non c’entra.
Questione di giocatori, certo. Errori che si sono sommati ad errori, operazioni sbagliate per rimediarne altre: l’elenco è così lungo e conosciuto (oltreché caro) che non serve ripeterlo. Ma anche una tremenda questione di gioco, e qui il responsabile è solo chi da un anno non riesce a elevare la Juventus dalla mediocrità. Lo sterile fraseggio orizzontale di Marassi, quel pallone ripetutamente scambiato fra i difensori con la soddisfatta compiacenza degli avversari, è il simbolo del non gioco bianconero, esattamente come il numero di palloni toccati da Vlahovic, bomber sprecato in una squadra che attacca per caso e quasi mai costruendo. Faccia attenzione il serbo a non diventare l’arma dei difensori di Allegri, non sarebbe giusto.
@GianniVisnadi