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  • Italia, Cile, Olanda: la riconoscenza verso i 'senatori' non paga mai!

    Italia, Cile, Olanda: la riconoscenza verso i 'senatori' non paga mai!

    • Emanuele Tramacere
    Chi considera ancora le squadra nazionali delle semplici selezioni dei migliori talenti prodotti dai nostri campionati e non delle vere e proprie società calcistiche probabilmente è rimasto legato ad un calcio romantico che è ben lontano dalla realtà odierna. L'Italia è la società calcistica della FIGC che ha sotto di sè tantissime squadre satellite e sottorealtà che giocano campionati professionistici e giovanili. 

    PROGRAMMAZIONE - Come tutte le società, anche l'Italia dovrebbe creare progetti tecnico tattici a lungo termine, che abbiano un filo conduttore fra la prima squadra, la Nazionale e le selezioni giovanili che alla Nazionale devono consegnare giocatori il più possibile fatti e finiti. Programmazione è da sempre la parola chiave che molti manager del nostro calcio sbandierano ma che, puntualmente, smentiscono nei fatti.

    L'ITALIA COME OLANDA E CILE - Il concetto base su cui incentrare una programmazione sensata e duratura è quello del ricambio generazionale. Una strada che tante delle Nazionali escluse da Russia 2018 non hanno avuto il coraggio di perseguire. L'Italia è l'esempio che tutti abbiamo sott'occhio con i vari Barzagli, Buffon, Chiellini, Parolo, Eder e De Rossi che, invece di essere un valore aggiunto per i giovani convocati da Ventura hanno svolta la funzione di parafulmine e hanno alla fine deresponsabilizzato i protagonisti del futuro. E' successo lo stesso anche ad Olanda e Cile, altre due escluse illustri che non hanno avuto la forza di dire addio alla generazione dei vari Robben e Sneijder per gli Oranje e dei Medel, Vidal, Isla per la Roja.

    NON PRONTI? LA COLPA E' DELLE SOCIETA' - La realtà è che la rassicurante presenza dei "senatori" ha permesso alle nazionali di trascurare la crescita di coloro che dovranno rappresentare i "futuri senatori" dello spogliatoio. La colpa però non è solo della Nazionale, ma anche e soprattutto delle società e dei loro dirigenti. Di quelli che considerano "non maturi" calciatori che non hanno raggiunto i 26 anni come dichiarato più volte dall'ad della Juventus Beppe Marotta. Di quelli come l'ex presidente dell'Inter Massimo Moratti che dopo la vittoria del Triplete negò la rivoluzione richiesta a gran voce da Rafa Benitez. Ma l'elenco dei "riconoscenti" è fin troppo allargabile. Dal Real Madrid di Zidane in questa stagione al Barcellona post-Puyol, ma anche Manchester United Bayern Monaco e addirittura la Spagna post Euro 2012 e il Brasile pre Mondiali 2016.

    UNA GENERAZIONE "BRUCIATA" - La riconoscenza, quando si arriva anche soltanto a sfiorare risultati importanti, non può essere nient'altro che un freno per tutti. Ai prossimi Mondiali 2022 in Qatar l'attuale "nuova" generazione (quella dei vari Caldara, Gagliardini, Conti, Romagnoli) avrà intorno ai 28 anni. Sarà una generazione matura, che grazie a questo flop avrà "bruciato" gli anni più vivi della propria carriera. Un errore che costa caro. Largo ai giovani quindi, fin da subito. Certo, vanno cresciuti e responsabilizzati. Da tutti, anche dalle società.

    @TramacEma

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