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    Luca Telese a CM: 'Moggi? Tangentopoli morale' VIDEO

    Luca Telese a CM: 'Moggi? Tangentopoli morale' VIDEO

    • Germano D'Ambrosio

    Luca Telese è uno che di solito non le manda a dire. Abbiamo conosciuto il suo stile corrosivo, ironico e schietto sulla carta stampata (Vanity Fair, Il Giornale, e da ultimo Il Fatto Quotidiano), sugli schermi televisivi ('Omnibus Estate', 'In Onda' e 'Tetris' su La7) e perfino in radio (celebri i suoi 'duetti' con Giuseppe Cruciani a 'La Zanzara' su Radio 24). Raramente parla di calcio, ma quando lo fa la sua verve rimane intatta: lui, nato a Cagliari nel 1970 - l'anno dello scudetto - ma cresciuto nella Roma giallorossa sotto il regno di Dino Viola, c'era quando esisteva ancora un altro calcio. Quello che ora è in via di estinzione. Calciomercato.com lo ha intervistato in esclusiva.

    Partiamo dal Luca Telese tifoso: tu ti definisci un cuore giallo-rossoblù in quanto sostenitore di Roma e Cagliari, due squadre che in questo momento del campionato si trovano a soli quattro punti di distanza in classifica. Demerito della Roma o merito del Cagliari?

    'Ieri ho visto la partita della Roma e ho sofferto, perché è una squadra senza carattere, senza spina dorsale: prendere un gol dopo un minuto in quel modo… significa non avere gli attributi! Alcune volte le squadre nascono storte e pur avendo grandi talenti non hanno gli attributi, e purtroppo, come dice il filosofo supremo Carletto Mazzone: se non hai le palle, la palla non gira. Il Cagliari invece è una grande squadra. All'inizio ha sbagliato allenatore, ma Cellino è un genio e continua a sperimentare... Abbiamo venduto Matri e la squadra si è rafforzata, perché il Cagliari è una squadra che ha le palle. Sono contento che Cellino abbia preso Donadoni, che a mio parere era stato trattato malissimo ingiustamente in Nazionale, e adesso si sta prendendo delle belle rivincite'.

    Il Fatto Quotidiano, sul quale scrivi, guarda spesso al calcio in maniera disincantata, occupandosi soprattutto della sua componente affaristica, politica, di costume. Davvero non c'è più spazio per una visione del calcio più 'romantica'?

    'Stanno facendo di tutto per ammazzare il calcio che abbiamo conosciuto noi. Io sono della generazione di quelli che compravano l'album dei calciatori Panini, quando il mercato si faceva una volta sola all'inizio dell'anno. Ora l'idea che si possano cambiare le regole fino all'ultimo momento utile, il fatto che non si giochino quasi più partite in simultanea... sono tutte cose che hanno corrotto la purezza del calcio. Dopodiché noi amiamo questo sport, e continuiamo ad apprezzare il fatto che malgrado la commercializzazione alla fine resta una disciplina in cui si deve sempre mettere l'anima, in cui devi avere negli scarpini la voglia di vincere. Quindi non solo è giusto, ma è bene raccontare il lato affaristico del calcio. Anche perché oggi se non lo racconti così, non lo capisci. La politica si è mangiata lo spettacolo e lo spettacolo si è mangiato il calcio, quindi se non capisci che comprare una squadra è come mettere su un partito, o se non capisci che i giocatori sono star-system puro, non capisci cos'è il calcio'.

    Calcio e politica, un rapporto spesso un po' morboso. Quanto la politica usa il calcio, e quanto il calcio avrebbe bisogno di una politica migliore?

    'La politica usa certamente il calcio. Noi siamo nell'età berlusconiana, che nasce politicamente sulla scia degli scudetti e delle coppe dei campioni del Milan. La politica dunque non può fare a meno del calcio, ma allo stesso tempo fa male al calcio, e allora quest'ultimo dovrebbe mettersi gli anticorpi. Il sistema Moggi è stato una specie di tangentopoli morale per questo Paese. Il tentativo di truccare le carte da parte delle grandi squadre del Nord è un po' una proiezione della grande ideologia leghista: come dire, siamo noi che mandiamo avanti il baraccone e quindi voi siete comparse. Io poi da Calciopoli sono stato colpito due volte, sia con il Cagliari che con la Roma…'.

    A proposito di politica del calcio: è inevitabile parlare della tanto contestata Tessera del tifoso. Ti convince?

    'Sono tutte puttanate (testuale, ndr). La politica non vuole risolvere i problemi del tifo estremo, e allora ogni tanto inventa delle grandi crociate, delle battaglie di principio che servono per dire Vedete? Ce l'abbiamo duro, abbiamo risolto il problema. Ora, se qualcuno che conosce la vita dello stadio può dire che con la tessera del tifoso c'è stato qualche beneficio, io gli do la medaglia. Io so solo che devo portare la carta d'identità se devo fare un biglietto nei Distinti per mio figlio che ha quattro anni e mezzo... roba da far ridere i polli. Invece quando si tratta di toccare la connessione tra soldi e tifo organizzato estremo, tutti i cuori di leone scompaiono…'.

    Sono strani giorni, Luca. Da una parte investitori stranieri che vogliono sbarcare in serie A, vedi il caso della Roma; dall'altra una raffica di partite truccate nei campionati minori, che ci riportano un'immagine davvero avvilente del nostro calcio. Se incontrassi mister Di Benedetto, da cosa lo metteresti in guardia?

    'Innanzitutto una premessa: il fatto che arrivino i petrodollari, i magnati del gas, i russi con l'orecchino di diamante, è un segnale drammatico per questo Paese. Stiamo dicendo che il calcio è la cosa più importante che ha l'Italia, e non ci sono imprenditori italiani che in chiaro vogliano mettere soldi dentro il calcio? Non è un po' una follia? Io vorrei che ci fossero degli italiani e non degli speculatori; poi certo, gli speculatori possono essere anche simpatici... Da cosa si devono guardare? Da tutto, perché lo spirito di Moggi, l'antisportività, che sta tornando e tornerà, è un veleno ormai inoculato nel sistema, e chiunque arriverà dovrà fare i conti con questo'.

    Un personaggio del mondo del calcio che ti manca, e un altro che proprio non vorresti più rivedere…

    'Mi manca molto Carlo Mazzone, un personaggio che rappresenta la mia visione del calcio: un maestro di vita, un monumento. Quella corsa a Brescia sotto la curva dei tifosi dell'Atalanta, stufo di sentire ripetuti insulti verso la città di Roma, vale più del pugno alzato dai due atleti di colore nelle Olimpiadi messicane nel '68. Memorabile un episodio in Cagliari-Sampdoria: dopo essere stato preso a male parole da Gianluca Vialli, nel dopo-partita Carletto gli mandò a dire Deve capì che la palla è rotonda e prima o poi se sgonfia pé tutti. Inimitabile. Tra quelli che non vorrei più rivedere, che sono tantissimi... beh, di Moggi ho già detto abbastanza, quindi dico Galliani. Se potesse, farebbe giocare tutte le avversarie del Milan facendole partire con tre gol di penalizzazione'.


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