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    Intermania: Conte non è uno 'Yes Man', ecco perché non è più alla Juve

    Intermania: Conte non è uno 'Yes Man', ecco perché non è più alla Juve

    • Cristian Giudici
    Un'Inter dai due volte esce a mani vuote da Dortmund. Troppo bella per essere vera nel primo tempo, troppo brutta per essere vera nella ripresa. La prestazione dei nerazzurri ricalca quella di Barcellona e così arriva un'altra sconfitta in rimonta, che complica la qualificazione agli ottavi di finale. Per avere la certezza di proseguire il cammino europeo in Champions League servono due vittorie nelle ultime due gare del girone a Praga con lo Slavia e a San Siro contro il Barça. 

    Più che la partita e il risultato, fa discutere l'esplosione di Conte in diretta tv. L'allenatore punta il dito contro dirigenza e società per il mercato. Non è la prima volta e non sarà l'ultima. Marotta conosce pregi e difetti dell'ex ct dell'Italia: è fatto così, prendere o lasciare. Eppure lo ha voluto fortemente perché è un vincente, sapendo che sarebbe stato un valore aggiunto sul campo (come sta dimostrando in questa prima parte di stagione) ma con un caratterino difficile da gestire. Non lo ha mai nascosto, sin dal giorno della presentazione ufficiale a inizio luglio, quando Marotta parlò così di Conte: "Antonio stimola sempre tutti a dare il massimo, non solo i calciatori ma anche noi dirigenti e la proprietà". 

    Certo, ci sono dei limiti da non superare. Forse Conte lo ha già fatto, allora spetta al club ricordargli il rispetto dei ruoli. Perché rischia di passare un messaggio sbagliato: quando la squadra vince è grazie a Conte, altrimenti è colpa della società. Anche per questo il presidente Andrea Agnelli si è opposto a un suo ritorno alla Juventus, dove fanno diventare bianconero (in tutti i sensi) anche un personaggio molto colorito come Sarri. Che barba, che noia. 
     

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