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  • Inter meravigliosa: lo Scudetto di Inzaghi nel segno di bellezza, coraggio e della fine dei simboli di Conte

    Inter meravigliosa: lo Scudetto di Inzaghi nel segno di bellezza, coraggio e della fine dei simboli di Conte

    • Luca Bedogni
      Luca Bedogni
    Fare a meno del centravanti enorme. Fare a meno del maratoneta davanti alla difesa. Fare a meno del braccetto-muro. Via Lukaku, Brozovic e Skriniar: per vincere lo Scudetto a modo suo, Inzaghi ha congedato i simboli di Conte, portando a termine la metamorfosi. L’Inter è diventata sempre più bella, sempre più completa e coerente. La rosa rispecchiava le idee, le idee si materializzavano nelle scelte di formazione e nei cambi. Finalmente un turnover capace di sostenere l’ambizioso gioco. Sempre. Senza più quelle tipiche flessioni da girone di ritorno, già evidenti quando Inzaghi allenava la Lazio e che per due anni hanno fatto dubitare gli stessi interisti. Che ora sì che se ne sono accorti, di avere in panchina forse il migliore allenatore italiano degli ultimi anni. Non un acquisto sbagliato. Nemmeno Arnautovic a essere onesti, forse il più discusso. Thuram e Pavard le intuizioni clamorose, Bisseck una mano, Frattesi l’altra, Carlos Augusto per chiudere il cerchio. Acquisti che si connettevano al cervello del centrocampo, promettendo un’intelligenza di sistema sempre più magica e stupefacente. Come i chip di Elon Musk.

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    UN AUTOGOL DA STUDIARE - Forse il momento più decisivo e perciò emblematico della stagione è stato l’autogol di Gatti. Lì si è stabilito chi avrebbe vinto lo Scudetto, tanto è vero che la Juve è crollata in quell’istante, comprendendo il divario per esperienza diretta. Ma quello è stato anche e paradossalmente uno dei momenti di massima bellezza del gioco dell’Inter. Perché ha segnato contro la Juve schierata bassa come piace al suo allenatore, contro la Juve che sembrava di ferro, tornata inespugnabile e pronta a “giocarsi” così la volata finale. Con un Allegri che, tra una punzecchiata e l’altra, sentiva di poter beffare ancora una volta l’illuso giochista di turno. Invece Inzaghi ha calato l’asso Pavard, l’anti-Gatti. Quest’uomo in più che si inserisce fra le maglie bianconere e chiede un pallone assurdo a Barella, per l’acrobazia. Guardate nell’immagine sopra come domanda con quel gesto la cosa più difficile al compagno. Guardate dov’è Dimarco nel frattempo, a portare un sovraccarico posizionale in zona palla. E ricordate la palla morbida e a giro di Barella, che sposa la pazzia del francese, in una sorta di affinità elettiva tecnico-tattica. Pavard la chiede così a Barella perché quello è Barella. E può.

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    TUTTI VOGLIONO FARE I… ‘FLUIDI’, MA INZAGHI DI PIÙ - Ebbene sì, dunque: tutti vogliono fare i fluidi, ma Inzaghi lo sa fare meglio. Con più equilibrio ed efficacia, sebbene sia il più estremo. Ci riesce sia contro le difese bloccate e basse (vedi contro la Juve), sia nel bel mezzo di una ripartenza, come in quest’altro caso (qui sopra) contro il Milan, nel derby-capolavoro di lunedì sera. Anzi con i principi di Pioli Inzaghi ci va proprio a nozze. Lo dicono i numeri, ma anche questa immagine con assalto simultaneo di Dimarco e Pavard in prima linea, e Barella e Mkhitaryan sullo stesso lato, ovviamente quello debole. Che vuol dire fluidità? Significa portare due mezzali da una parte per generare questo tipo di squilibrio rispetto alla contrapposizione avversaria.

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    QUEL BASTONI-BISSECK…- Oppure significa segnare “da braccetto a braccetto”, come quel Bastoni-Bisseck rimarchevole contro il Bologna, con Darmian che taglia dentro e porta via il terzino, e il tedesco che va a sfruttare il mismatch e l’indolenza comprensibile di Saelemaekers. Insomma, dopo il “quinto a quinto” di Gasp, pensavamo già di aver visto tanto. Ma dovevamo ancora vedere il terzo anno di Inzaghi all’Inter.

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    FRATTESI, LA RISERVA CHE NE HA FATTI 5 - Dopodiché bisognerà pur parlare di Frattesi, la riserva d’oro che ne ha fatti 5, di cui 2 importatissimi, contro Verona e Udinese. Frattesi che all’inizio ad alcuni poteva sembrare sottoutilizzato. Ma da un lato la sua presenza ha fatto scattare la maturazione definitiva di Barella, dall’altro, intelligentemente, forse non era stato preso per fare il titolare. Infatti è servito così, come super-sub o al limite come “animale da turnover”. Un animale affamatissimo…

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    SINCERAMENTE THULA - Infine loro due, Thuram e Lautaro. Gli immarcabili, i più complementari. Il tandem dei sorrisi e delle grandi intese, contrapposto all’incompiuta e sempre più cupa coppia Chiesa-Vlahovic. Da una parte la felicità negli scambi, l’autonomia nei movimenti che non è mai scaduta nell’egoismo, dall’altra tutto quel cercar gloria da soli, che ha portato unicamente a scazzi e incomprensioni nei momenti cruciali della stagione. Insomma solo bianco o nero di qua, le sfumature tutte di là. Compresa la materia grigia.

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