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Inter, il metodo Mancini funziona
IL PICCOLO CHIMICO - É dura accontentarli tutti; venticinque elementi ed una sola competizione a disposizione costringono Mancini a scelte spesso dolorose, ma inevitabili. L’allenatore è innanzi tutto un selezionatore, un chimico alla continua ricerca della giusta armonia di squadra, che spesso di fronte alle scelte viene indotto all’umano errore. Vince chi sbaglia meno. O chi prima riconosce la giusta via.
LA STRADA GIUSTA - E l’ex City procede spedito con fiuto da segugio, perché se tanto mi dà tanto, lui la strada sembra averla trovata, e la percorre ad andatura sostenuta. Gli esempi non mancano e la gara contro la Roma è la dimostrazione di quanto il gruppo guidato da Mancini remi all’unisono nella stessa direzione, a prescindere da chi gioca meno e da chi invece lo fa di più. Basti pensare a Nagatomo e D’Ambrosio, due che sembravano aver dimenticato il profumo dell’erba e le misure del campo, riesumati probabilmente nella gara più importante della stagione e con egregi risultati. Sicuramente un fatto che va analizzato e non attribuibile al caso.
L'ALTRO ESEMPIO - Perché stessa sorte è toccata a Brozovic e Ljajic, tenuti in naftalina a tempo indeterminato e riproposti alla platea tra gli “oooooh” e le mascelle incredule del pubblico. Poche differenze di gestione con la coppia sopracitata (D’Ambrosio-Nagatomo), ma stessi esaltanti risultati. L’ex Roma ed il croato hanno tratto motivazione dalla malinconica panchina, ormai allontanata con prepotenza grazie alle ottime prestazioni offerte. Ma basta un attimo e ci si riaccomoda sui poco confortevoli sedili imbottiti, perché ormai è una ruota che gira: chi sbaglia si siede, chi fa bene viene riconfermato. Piaccia o meno questo è il metodo Mancini, e almeno per il momento sta funzionando alla grande.
Pasquale Guarro
Twitter @Ngoppejammeja