Inter: fra Kia e Thohir, così è stato preparato il 'pacco' a de Boer
All’Inter succede però, apparentemente, qualcosa di più paradossale, perché non comanda uno solo dalla testa un po’ "fumantina", ai limiti dell’isteria. All’Inter ci sono dirigenti collaudati, c’è il saggio Zanetti, l’entusiasta Thohir, il facoltoso gruppo Suning, il benemerito Moratti, il supertifoso vip Tronchetti Provera e chi più ne ha più ne metta. Già: forse sono in troppi a parlare, in troppi a decidere. Risultato finale l’incertezza.
Thohir vuole ancora dire la sua, ma anche i nuovi padroni vogliono decidere, ci mancherebbe altro. E il gruppo italiano? Probabilmente, per prendere tempo, si limita ad attaccare il cappello o il ciuccio (dipende) dove vuole il padrone. L’Incertinter prende decisioni senza pianificare, manda a casa Mancini dopo avergli comprato i giocatori che voleva (alcuni assai buoni per la verità) e a nemmeno 20 giorni dall’inizio del campionato ingaggia un allenatore che del calcio italiano sa poco o nulla, ma anche di quello internazionale, visto che ha dominato sì, però in quello olandese. Ma comunque, quest’incertezza è solo apparente, perché chi comanda, e decide, almeno verso la fine di luglio, esiste. Chi è? Lo vedremo fra un po’.
De Boer piomba in Italia come un marziano a Roma, anzi come un marziano a Milano. Non c’è nemmeno il tempo di conoscere i giocatori, di raccontare, di spiegare che arriva già la prima di campionato. La preparazione l’ha fatta qualcun altro. Ma c’è chi gli dà piene garanzie e rassicurazioni: “Alla società penso io, al tuo contratto anche. Tu pensa al gioco”. E lui ci pensa a modo suo. Crede che il calcio sia tutto attacco e aggressione a centro campo. Crede che dappertutto sia come ad Amsterdam, come con L’Ajax, che la difesa sia un corollario. Peccato che in Italia sia esattamente il contrario fin dal catenaccio di beata memoria.
Ma siccome si deve fare tutto in fretta, siccome conta solo la “potenzialità del marchio”, siccome Suning crede in uomini nuovi, ecco che il gruppo cinese lascia per un po’ le chiavi del forziere ancora a Thohir (anche se come manager non ha dato gran prova di sé) però dal punto di vista tecnico vuole subito un suo uomo. E chi sceglie? Quello che allo Jiangsu (la squadra cinese di proprietà del gruppo Suning) ha portato i brasiliani Texeira, Ramires, Jo e il colombiano Martinez ovvero il procuratore di orgine iraniana Kia Joorabchian, detto “Kia faccio tutto io”.
Come scrisse ad Agosto la Gazzetta dello Sport, quest’emulo di Mendes è un decisionista assai disinvolto, maestro nelle proprietà di cartellini da parte di “ soggetti diversi dal club o dal calciatore stesso”. Nel suo curriculum, riporta sempre la Gazzetta, una vicenda finanziaria legata ad alcuni “oligarchi russi che gli valse un arresto”.
Quel che ne consegue è noto: fa tutto Kia e gli altri stanno a guardare. Che devono fare? Non tengono, forse, famiglia? Kia è anche il procuratore di Boer e così il cerchio si chiude. Abituato a considerare il calcio una serie di pedine da sommare o sottrarre, con conseguenti remunerazioni, Kia ha mano libera dal gruppo Suning, il quale pensa solo agli algoritmi della potenzialità del “brand” Inter in Cina.
Il povero Frank piomba da miracolato a Milano, ci crede, è rassicurato dal suo procuratore, che gli fa recapitare come regalo il neocampione d’Europa Joao Mario e gli dice che può lavorare con calma. De Boer ha studiato la squadra, studia l’italiano, trae un’ ottima impressione dal settore giovanile e pensa di aver un po’ di tempo, tanto Kia lo rassicura. Non perde mai la testa, non fa mai una dichiarazione fuori luogo, ma forse non capisce bene dove sia capitato. Non si accorge che lo staff italiano dell’Inter cinese comincia ad applicare, appunto, uno dei più noti detti cinesi: “Quando sei in difficoltà aspetta sul bordo per vedere passare nel fiume il cadavere del tuo nemico”. E aspettano. Aspettano anche i giocatori. Vanno tutti sul bordo, anche Kia, e nel fiume resta solo Frank.