Inter, D'Ambrosio, leader silenzioso e decisivo. Anche se non finisce in 'inho'
Ho deciso di farlo proprio per questo, perché lui i titoli sui giornali se li meriterebbe eccome. Sarebbe troppo scontato, per tirare l’acqua al mio mulino, rispolverare la “storiella” del “…se il suo cognome fosse brasiliano sarebbe tutta un’altra musica” , ma alle volte la penso proprio così.
La storia di Danilo all’Inter è scritta, parla da sola ma in molti dovrebbero leggerla più spesso, anche solo per capire che gente come lui alla squadra fa solo bene.
Nessun capriccio, nessuna scenata, nessuna mania di protagonismo ma solo tanto lavoro, tanta fatica e carattere da vendere.
Arrivo a scrivere di lui dopo il gol di Marassi perché è giusto che sia così, perché nel mio piccolo voglio raccontare la stima che ho nei confronti di questo giocatore.
D’Ambrosio è arrivato all’Inter in sordina, senza proclami.
Lui, dopo 122 presenze nel Torino, si trasferisce a Milano a gennaio del 2014 per conquistarsi uno spazio, un posto in una big in quel momento alle prese con una fase difficile e delicata della propria storia.
Danilo arriva sapendo di poter ricoprire più di un ruolo, sa che dovunque l’allenatore lo metterà lui sapra’ dire la sua. Terzino destro, sinistro, centrale difensivo, ala di centrocampo, in ognuno di questi ruoli D’Ambrosio si farà valere.
Così è stato. L’Inter in questi 7 anni ha cambiato molti allenatori ma tutti, nessuno escluso, hanno contato su di lui e non ne hanno fatto mai a meno.
Poco importa se il modulo fosse un 3-4-3, un 4-4-2 o un 4-2-3-1, in qualsiasi schieramento e in qualsiasi schema tattico il posto per Danilo c’è stato.
Il perché è presto spiegato: D’Ambrosio è decisivo! Si lo è e molto. Quando i tuoi occhi durante la partita sono concentrati sui soliti noti, quando ti aspetti che nel momento decisivo il grande nome ti metta a posto le cose ecco che dal nulla spunta lui.
Proviamo ad avvolgere un pochino il nastro della memoria per rivivere la storia recente della nostra squadra.
Citerò solo gli episodi chiave ma ce ne sarebbero molti altri, impossibili da descrivere in un solo articolo.
Partiamo dal derby di marzo 2018. L’Inter al 90’ si trova avanti 3-2, alla fine manca davvero poco ma il Milan insiste e le prova tutte per pareggiare. All’ultimo secondo Cutrone si trova a due metri dalla linea di porta, da solo pronto per sbatterla dentro e pareggiare, ma Danilo si butta, salva sulla linea e regala all’Inter il derby di Milano.
La replica arriva all’ultima giornata contro la Lazio. L’Inter di Spalletti va subito sotto e ha bisogno come il pane di un immediato pareggio per tornare in corsa Champions. Dagli sviluppi di un corner sbuca Danilo che in mezza girata pareggia e riapre i sogni europei nerazzurri.
Un anno dopo il finale da film drammatico si ripete. Questa volta contro l’Empoli a San Siro. Una partita folle, davvero da pazza Inter, sempre per agganciare quel quarto posto che fino a marzo sembrava scontato. Su 2-1 nerazzurro l’Empoli attacca da tutte le parti e all’ultimo minuto la squadra ospite è pronta a colpire con il passaggio di Caputo a porta vuota per un compagno. Chi arriva a salvare tutto? D’Ambrosio che evita il 2-2 e porta l’Inter di nuovo in Champions con tanto di esultanza rabbiosa per svegliare i compagni in bambola e presi dal panico.
Arriviamo all’anno scorso: gol decisivi nel finale di stagione contro Napoli e Atalanta per blindare la Champions e conquistare il secondo posto. Gli Assist e i gol arrivano anche in Europa League (con un quasi gol in rovesciata che avrebbe vinto il titolo di gol dell’anno) e ci portano a parlare di questo inizio di stagione.
Il gol di sabato contro il Genoa ha chiuso i conti di una partita ancora in bilico, ma ancora di più è valsa l’inzuccata al minuto 93’ che ha completato la rimonta interista ai danni della Fiorentina alla prima giornata.
Insomma D’Ambrosio incarna lo spirito nerazzurro, quando hai bisogno di lui c’è e risulta decisivo.
Un uomo e un giocatore che non ha bisogno di parlare perché per lui parlano i fatti. L’Inter ha il suo leader silenzioso e se lo tiene stretto anche se il suo cognome non finisce in “inho”.