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    Inter agli arabi, nuovi dettagli: la 'due diligence' di uno studio legale e la freddezza della famiglia reale saudita

    Inter agli arabi, nuovi dettagli: la 'due diligence' di uno studio legale e la freddezza della famiglia reale saudita

    • Redazione CM
    Si arricchisce di particolari l’indiscrezione rilanciata stamattina da Corriere della Sera e Repubblica e confermata da Il Sole 24 Ore sui recenti movimenti di provenienza saudita attorno all’Inter. Contatti concreti portati avanti da soggetti non riconducibili direttamente alla famiglia saudita - che tramite il fondo PIF ha investito in Inghilterra con l’acquisizione del Newcastle - ma che non vedrà la partecipazione diretta di istituto di credito di Riyad; contatti portati avanti nelle scorse settimane, grazie all’intermediazione di Goldman Sachs e, secondo quanto ricostruito da Repubblica, da un importantissimo studio legale con base a Londra ma uffici in giro per il mondo, Italia compresa.

    INDAGINE SUI CONTI - La novità ulteriore riportata da Repubblica è che questo studio legale ha ricevuto l’incarico di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sulla situazione patrimoniale dell’Inter, tramite l’invio di documenti ufficiali, relazioni di bilancio e anche i verbali dei più recenti consigli di amministrazione. Gli investitori sauditi che hanno avviato questo sondaggio, che appare come il preludio ad una vera e propria due diligence, vogliono comprendere fino in fondo lo stato finanziario del club nerazzurro prima di decidere se procedere ai passi successivi. Da quanto è dato sapere, il presidente Steven Zhang, che dallo scorso settembre ha fatto rientro in Cina e non è più tornato a Milano da allora, stima in 1,2 miliardi di euro il prezzo d’acquisto per la sua Inter, ma in queste ultime settimane è al lavoro soprattutto per sbrigare la delicata partita sul prestito in scadenza al prossimo 20 maggio da parte di Oaktree.

    LA STRATEGIA DI ZHANG - Se il gruppo Suning hanno ancora qualche possibilità di non perdere il controllo sull’Inter e l’opportunità di guadagnare su un’eventuale cessione - la acquisirono da Thohir per una cifra compresa tra i 600 e i 700 milioni di euro, debiti compresi - lo devono alla buona riuscita della doppia trattativa che il presidente Steven Zhang sta conducendo col fondo californiano per ottenere una proroga per uno o altri due anni del finanziamento di 275 milioni di euro (salito a 380 con gli interessi) a tassi ancora più elevati di quelli attuali o con un altro soggetto disposto a farsi carico della situazione attualmente facente capo a Oaktree. Prendere tempo consentirebbe a Zhang di condurre in prima persona, e senza particolare fretta, il futuro societario. Diversamente, in caso di mancato accordo, dal prossimo 20 maggio il fondo statunitense andrebbe ad escutere come pegno il 99,6% delle azioni del club nerazzurro, ma si vedrebbe costretta al tempo stesso a corrispondere la differenza fra il valore di mercato dell’Inter e quello del debito. Qualora l’Inter fosse ceduta effettivamente per 1,2 miliardi, la famiglia Zhang uscirebbe con una cifra stimata attorno ai 200 milioni, considerando i 750 di impegni finanziari assunti sino ad oggi da sottrarre al prezzo di vendita, detraendo i 380 che spettano ad Oaktree e i 125 che Suning andrebbe a recuperare dalla controllante lussemburghese Gran Tower.

    IL CALCIO IN ARABIA, COSA E' CAMBIATO - Un incastro piuttosto complicato, come più complesso è diventato col passare dei mesi l’impegno della famiglia reale saudita nel mondo del calcio. L’iniziale entusiasmo manifestato con l’acquisto di una squadra di grande blasone nel campionato più importante al mondo, il Newcastle e la Premier League, e gli investimenti in ben quattro formazioni della Saudi Pro League - l’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo in primis ma anche l’Al-Hilal, l’Al-Ittihad e l’Al-Ahli - è recentemente scemato ed è alla base del rifiuto di provare ad entrare in un altro club del continente europeo. L’Inter è stata anche in un recente passato nell’orbita del fondo sovrano PIF, che scelse però di tirarsi indietro e di respingere l’invito da quella stessa ricca famiglia dell’Arabia Saudita che oggi ci sta riprovando perseguendo una strada differente. Quella della creazione di una cordata di investitori di varia provenienza - guardando pure in Europa e negli Stati Uniti - per raccogliere le risorse economiche necessarie, senza poter contare sul supporto di banche o affini.
     

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