Innocentin e il mercato degli sceicchi: 'Ho fatto la rivoluzione in Arabia Saudita'
Che ruolo aveva nell'Al Fateh?
"Un contratto da consulente per 4 mesi (da giugno a settembre) perché lì la figura del direttore sportivo ancora non esiste per come viene interpretata in Europa. Avevo trovato un accordo col vecchio presidente Saad Alafaliq, ma alle elezioni presidenziali di fine luglio non poteva ricandidarsi e per questo il board gli aveva chiesto di non vincolarmi al club per un periodo superiore".
Cosa l'ha convinta?
"L' ambiente familiare del club e il buon livello di organizzazione già presente oltre all'attuale centro sportivo, tra i migliori in Arabia Saudita".
Poi la nuova società non l'ha confermata.
"Hanno deciso di proseguire da soli, e questo risalta ulteriormente la non conoscenza delle molteplici dinamiche che riguardano l'area tecnica che non si possono ridurre al solo mercato trasferimenti".
Come si fa a tenere un bilancio in attivo facendo mercato in Arabia?
"Il budget a disposizione era di 19 milioni, considerando tutti gli stipendi degli stranieri già in rosa la cifra si era abbassata a 9. Alla fine abbiamo chiuso il mercato in attivo di 1 milione, grazie alla cessione dell'attaccante Firas che aveva una clausola di 10 milioni. Un altro aspetto che abbiamo migliorato è stata la valorizzazione della rosa, salita da 16 a 23 milioni".
Qual è stata la strategia adottata sul mercato?
"Prima di ogni altra cosa va fatto un confronto approfondito con il CFO (Chief Financial Officer) del club per capire qual è la situazione contrattuale di ogni giocatore, poi si costruisce un piano d'azione che parte dalla scelta dell'allenatore. Una voltra trovato, insieme a lui si fa una short list di giocatori già selezionati da me e dagli osservatori che rientrano nei nostri parametri economici".
Le è mai venuta la tentazione di fare il grande investimento?
"Nella mia lista avevo tanti giocatori che sono in Europa, ma la maggior parte erano a parametro zero. Prima ancora di conoscere il budget sapevo che, non essendo un club privato, non avrei avuto risorse paragonabili a club come Al Nassr, Al Hilal, Al Ittihad e Al Ahli. Quindi ho dovuto chiudere presto il cassetto dei desideri".
Ha provato a portare qualche giocatore dalla Serie A?
"Sì, in particolare mi ero interessato a Tameze e Palomino, due giocatori che ho sempre apprezzato".
Com’è nata l’idea di prendere Denayer, ex nazionale belga, ex Lione, Galatasaray e Manchester City?
"Lo conoscevo dai tempi del Lione, sapevo che era in scadenza di contratto e non ci ho pensato due volte. Ho fatto un paio di chiamate al suo ex ct Martinez per prendere info sul ragazzo e poi ho affondato il colpo; con il suo arrivo l'Al Fateh ha sicuramente una delle migliori difese della Saudi Pro League. Oltre a lui ho portato anche Zelarayan".
Ci racconti.
"Ho ascoltato la segnalazione del nostro capo scout che l'aveva visto più volte in video, attraverso un software ho valutato ottimo il rendimento in Mls, e poi anche qui due chiamate ad amici ds e allenatori che lo conoscevano e mi hanno confermato il suo talento".
È vero che ha provato a portare Stramaccioni sulla panchina dell’Al Fateh?
"Sì. Stimo molto Andrea e apprezzo la sua intraprendenza, molto simile alla mia. Vive di calcio, e quando gli arriva una chiamata piena di passione è pronto a fare le valigie senza pensarci due volte".
Come mai poi il passaggio non si è concretizzato?
"La società ha avuto il timore che potesse diventare un club 'troppo' italiano. E purtroppo questo veniva visto non come un valore aggiunto ma come una forzatura. Dal nostro Paese sono riuscito a portare solo il fisioterapista Agostino Alessio, da sempre uomo di fiducia di Roberto Mancini, e soltanto per il ritiro l'osteopata Marco Magistrelli".
Ha fatto qualche tentativo per altri allenatori italiani?
"Per più di uno, a dire la verità. Paolo Bianco, Farioli, Carrera, Gattuso e Zenga. Ma ho dovuto confrontarmi con i vertici della società, capita che ognuno abbia le sue idee spesso frutto di percezioni e non di analisi approfondite".
Alla fine avete scelto Bilic.
"Oltre ad avere grande esperienza internazionale aveva già lavorato in Saudi con l'Al Ittihad. Dal primo confronto ho percepito subito una grande empatia e visione comune, lavorando quotidianamente con lui ne ho avuto conferma. E' una grande persona e davvero un bravissimo allenatore. Un giorno mi piacerebbe vederlo in Italia".
Cosa ne pensa di Ronaldo, Benzema e altri top player nella Saudi Pro League?
"L'arrivo di Ronaldo ha cambiato tutto. Ha dato la certezza che il calcio è lo sport più seguito al mondo, e come tale può essere un potente veicolo di comunicazione. Il ritorno di immagine ricevuto ha portato a un mercato estivo incredibile. E pensate se avessero preso anche Messi e Salah, perché vi garantisco che ci hanno provato... ".
Secondo lei diventerà davvero tra i campionati migliori al mondo?
"Se apportano alcune modifiche e professionalizzano i club penso proprio di sì. Sarebbe importante l'obbligo di inserire in ogni squadra 2/3 Under 23 tra i giocatori stranieri, a quel punto oltre che l'attenzione dei tifosi ci sarebbe anche quella degli addetti ai lavori".
Qual è il progetto della Federazione?
"Vorrebbero fare in in modo che ogni club abbia un CEO e un direttore sportivo, profili d'esperienza internazionale con cui poter dialogare in modo veloce ed efficace. A me sono bastati 4 mesi per creare le condizioni necessarie per rendere performante un club che nessuno si aspettava di trovare lassù. Nel frattempo, attraverso il progetto PACE (Player acquisition center of Excellence), si vuole centralizzare lo scouting. Questa strada migliorerà il lavoro dei club alzando l'asticella del campionato, in attesa di professionisti e scout in grado di svolgere questo lavoro in piena autonomia".
La Serie A deve stare attenta a eventuali nuovi addii verso l’Arabia Saudita a gennaio?
"Non credo che ci saranno dei fuochi di artificio come in estate, ma dalla Saudi ci si può aspettare di tutto. La spavalderia mostrata da alcuni presidenti è un chiaro segnale per dimostrare che se vogliono possono. Per me hanno sottovalutato l'inflazione generata da operazioni che hanno aumentato gli stipendi di alcuni giocatori anche di 4/5 volte, così i calciatori chiedevano sempre di più nelle trattative e per questo molti sono rimasti dove erano".
Oltre a prendere top player, c’è la volontà dei club arabi di far crescere i propri giovani? "Sì, per questo l'idea è quella di schierare almeno 3 titolari sauditi su 11. E una volta che saranno pronte le infrastrutture adeguate verrà data più qualità alle seconde squadre e alla Serie B, dove le nuove regole potrebbero dare più spazio ai giovani del posto".
Lei da dove ripartirà?
"Intanto mi concentrerò per completare il diploma Fifa in Club Management iniziato più di 15 mesi fa".
Di cosa si tratta?
"Un diploma molto selettivo che mi ha portato a conoscere questo sport in diversi continenti e mi aiuterà in futuro a mettere in pratica nuove nozioni in un calcio sempre più globale. Ad esempio, credo vada fatto un applauso all'Udinese che è il primo club per sostenibilità in Italia e il quarto al mondo. E oggi, il concetto di sostenibilità, è sempre più un'esigenza".
@francGuerrieri