Il mondo Südtirol tra calcio e montagne, Tait a CM: 'Non avevamo niente, ma è stato amore a prima vista'
Cosa vuol dire arrivare in Serie B dopo aver fatto tutta la gavetta?
"Una cosa alla quale qualche anno fa non avrei mai pensato. La mia prima convocazione tra i grandi, a 16 anni, è arrivata in Promozione con la squadra del paese. Partire dal basso e salire di categoria in categoria è sempre difficile, ogni campionato ha le sue difficoltà e il rischio è quello di pagare lo scotto del salto".
Hai debuttato in B al Rigamonti di Brescia, ci racconti un aneddoto di quella giornata?
"E' stato speciale. Giocavamo la sera, per tutto il giorno dentro di me c'era un mix di tensione, adrenalina ed emozioni positive. Non vedevo l'ora di scendere in campo; mi ricordo ancora l'emozione che ho provato per il discorso pre partita dell'allenatore Greco. Ma ho anche un ricordo negativo".
Cioè?
"Un gol annullato all'ultimo minuto. Sarebbe stato davvero bello debuttare in B addirittura segnando".
Chi è il compagno di squadra al quale sei più legato?
"Giacomo Poluzzi (QUI la sua intervista, ndr), amico e compagno di stanza da tre anni. Siamo come fratelli. Parlavamo sempre di voler salire in Serie B, una mattina dopo la promozione ci siamo guardati appena svegli e ci siamo messi a ridere".
Hai vinto tutto dalla C2 alla B, qual è il ricordo più bello di questa cavalcata?
"La vittoria a Trieste che ci ha dato la promozione in B. Ricordo tutto di quella giornata: prima della partita c'era talmente tanta tensione che per la prima volta non sono riuscito a mangiare; bastava guardarci negli occhi per capire che l'avremmo portata a casa. E poi il pianto al triplice fischio, qualcosa che non dimenticherò mai".
Ci racconti la storia di quello squalo tatuato?
"Poluzzi diceva spesso che dovevamo essere affamati come squali, così una volta in camera ci siamo detti che se avessimo vinto il campionato ci saremmo tatuati uno squalo con la data della promozione. E abbiamo mantenuto la promessa: io ce l'ho sul polpaccio, lui sul tricipite del braccio".
Hai visto trasformati centro sportivo, stadio… qual è il cambiamento che ti fa più effetto?
"Sono arrivato qui otto anni fa che non c'era neanche il centro sportivo. La società sta facendo cose straordinarie, merita questo salto di categoria. La cosa che mi impressiona di più è lo stadio, perché nel passaggio dal vecchio al nuovo Druso c'è un abisso. Sia per noi che per i tifosi, la sensazione è di partecipare a una partita 'vera'".
Come si vive il calcio tra le montagne?
"La società che ci fa stare bene mettendoci tutto a disposizione. Da quest'anno si sente l'entusiasmo da parte della gente, stiamo creando qualcosa d'importante. Io abitando vicino ho sempre voluto giocare qui, mi sento fortunato a far parte di questa famiglia e ringrazio tutti della fiducia che mi hanno sempre dato. Qui si sta alla grande, nei giorni liberi si vedono posti fantastici; anche se, devo dirlo, preferisco il mare".
Qualche tuo compagno ha detto che a Bolzano le cose si fanno al contrario: prima si è investito sulle strutture e poi sono arrivati i risultati sportivi. "E' così. Penso che ci siano poche realtà che in Serie C hanno il centro sportivo di proprietà con strutture all'avanguardia e pronte a investire sullo stadio. Qui si è sempre cercato di non far mancare nulla ai giocatori: i campi, le macchine per il recupero infortuni, sauna, piscina, vasca fredda... Non possiamo lamentarci di nulla".
Tra i tuoi ex allenatori c’è anche Paolo Zanetti, oggi all'Empoli.
"Sono molto affezionato a lui, soprattutto a livello umano; mi ha fatto crescere tantissimo, gli voglio bene. In due anni qui ha lanciato tanti giocatori: da Gyasi ad Erlic, passando per Sgarbi e tanti altri. Dopo due mesi insieme gli ho detto che era un predestinato, sono contento di quello che sta facendo e penso sia solo all'inizio di una carriera importante".
Ci racconti un aneddoto che vi lega?
"Gioavamo 3-5-2, e lui aveva un pallino fisso: cross di un esterno e gol dell'altro. Il suo primo anno non eravamo partiti benissimo, ma contro il Modena arrivò la svolta. Io ero esterno destro, vincevamo 1-0 e all'intervallo chiesi a Zanetti se avessi dovuto arretrare un po'. Mi mi disse di no, di salire che avrei segnato. Dopo 10/15 minuti del secondo tempo ho fatto gol su cross dell'altro esterno. E sono corso ad abbracciarlo in panchina".
Una profezia.
"Non solo, quel giorno feci doppietta. E' stata la fine del calcio... Vincemmo 3-1 e a fine stagione facemmo il record di punti nella storia della società, chiudendo al secondo posto e uscendo poi dai playoff in semifinale".
In tutti questi anni ti sono mai arrivate richieste per lasciare il Südtirol?
"C'è stata qualche chiacchierata e richiesta, ma mai nulla di concreto. Col Südtirol è stato un amore a prima vista e non ho mai pensato di andare via. Mi sono sempre sentito un po' in debito da quando l'ex ds mi ha pescato in D dandomi la possibilità di diventare professionista".
@francGuerrieri