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    Il Milan e il 'problema' Ibrahimovic: basta over 30, Vlahovic è la soluzione

    Il Milan e il 'problema' Ibrahimovic: basta over 30, Vlahovic è la soluzione

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Nessun miracolo del Milan e nessun record per Ibrahimovic, che sperava di segnare il suo gol numero 50 in Champions, cinque anni dopo l’ultimo con la maglia del Psg, per traghettare i rossoneri verso gli ottavi. E’ vero che nemmeno un successo della squadra di Pioli avrebbe garantito la qualificazione, perché sarebbe servito in concomitanza un pareggio, che poi non c’è stato, tra Porto e Atletico Madrid. Ma il fatto che il Milan non abbia battuto il Liverpool infarcito di riserve e Ibrahimovic non sia riuscito a rendersi pericoloso nemmeno una volta deve far riflettere. Al di là di tutti gli alibi possibili, legati al girone particolarmente difficile e ad alcuni torti arbitrali, specialmente nella gara casalinga contro l’Atletico, quello che conta come sempre è il risultato e cioè la doppia bocciatura del Milan in Europa, escluso dalla Champions e dall’Europa League. Meglio capire, quindi, perché il Milan che è primo in campionato, come lo è stato un anno fa alla fine del girone d’andata, in Europa ha fatto scena muta come il suo leader.

    La risposta è molto semplice e in fondo vale anche per le altre squadre italiane: in Champions il livello tecnico è molto più alto rispetto a quello del nostro piccolo orticello italiano, in cui siamo aggrappati al quarantenne Ibrahimovic, al trentacinquenne Dzeko, mentre rimpiangiamo ancora il trentaseienne Cristiano Ronaldo. E allora, pesando al futuro, non ha senso che il Milan si affidi ancora a Ibrahimovic, che è servito per svezzare i tanti giovani del Milan ma non è bastato per fare la differenza, soprattutto in Europa, contro avversari che corrono di più. Giocare da fermo, e spesso in fuorigioco come fa lui in campionato, cercando di risolvere le partite con una punizione, un colpo di tacco o di testa, non è più sufficiente e siccome il prossimo 3 ottobre, nella nuova stagione, gli anni di Ibrahimovic diventeranno 41 ci chiediamo perché il Milan già pensi al suo rinnovo, prima ancora di sapere quale sarà il futuro della squadra in Europa. Meglio avere il coraggio di chiudere con Ibrahimovic, al massimo proponendogli un contratto a gettone, o come aiuto-allenatore non giocatore per far sentire anche la sua voce nello spogliatoio, piuttosto che aggrapparsi ancora al suo carisma perché in campo il carisma non basta. Se il Milan vuole tornare a vincere, o almeno a essere competitivo anche in Europa, serve un centravanti vero che offra garanzie sul piano tecnico ovviamente, ma anche su quello atletico, strettamente legato all’età.

    Come si è visto la stagione scorsa con Mandzukic, al tramonto di una carriera comunque splendida e come si sta vedendo quest’anno con Giroud, che sembra soltanto la bella copia di Mandzukic perché almeno qualche partita l’ha giocata e qualche gol lo ha segnato, è un rischio troppo alto puntare su attaccanti ultratrentenni, a maggior ragione se sono gli unici a disposizione, visto che il ventenne Pellegri costituisce la classica eccezione che conferma la regola perché a dispetto dell’età è sempre alle prese con problemi fisici da non addebitare soltanto alla sfortuna. Non è il senno di poi, quindi, che ci spinge a rimpiangere il mancato acquisto di un grande centravanti come Vlahovic, una certezza e non una scommessa, per il quale valeva la pena fare uno sforzo che in realtà sarebbe stato un investimento per il futuro. A questo punto inseguire Vlahovic è più difficile, o forse impossibile, ma se non arriverà lui ci vorrà un altro attaccante del suo livello al posto di Ibrahimovic, che merita un grande ringraziamento per tutto quello che ha fatto fin qui, ma non merita più un altro grande contratto. Perché il Milan non può essere prigioniero di nessuno e ha il dovere, prima ancora del diritto, di pensare al futuro.

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