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Il Milan di Pioli è sempre uguale a se stesso: dallo 0-5 con l'Atalanta al poker di Monza, quanti tracolli
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Sono 18 le sconfitte incassate dal Milan con almeno 3 gol al passivo negli ormai quattro anni e mezzo di gestione tecnica affidata a Stefano Pioli. La debacle rossonera per mano del Monza - che per la prima volta nella storia ha calato un poker nella sua brevissima storia in Serie A e che nelle cinque precedenti giornate aveva realizzato appena due reti - segna un nuovo appuntamento con una spiacevole abitudine che nemmeno nelle stagioni più positive è venuto meno. Per un squadra che per blasone è sempre stata nella ristretta cerchia delle grandissime del nostro calcio e che punta a rientrarvi stabilmente - anche per una questione di rilancio di brand ed immagine nel mondo sul quale la proprietà statunitense investe molto - è allarmante che ⅓ dei 47 ko complessivi arrivati dall’ottobre 2019 a ieri siano maturati con proporzioni e modalità che denotano evidenti limiti di tenuta caratteriale.
LA LISTA DELLE DEBACLE DI PIOLI
Atalanta Milan 5-0
Inter-Milan 4-2
Milan-Lille (fase a gironi Europa League) 0-3
Milan-Juventus 1-3
Milan Atalanta 0-3
Inter Milan 3-0
Lazio Milan 3-0
Fiorentina-Milan 4-3
Milan-Sassuolo 1-3
Inter Milan 3-0 (Semifinale di ritorno Coppa Italia)
Chelsea Milan 3-0 (fase a gironi Champions League)
Milan-Inter 0-3 (finale Supercoppa Italiana)
Lazio Milan 4-0
Milan Sassuolo 2-5
Udinese-Milan 3-1
Inter Milan 5-1
PSG-Milan 3-0 (fase a gironi Champions League)
Milan-Dortmund 1-3
Monza-Milan 4-2
I SOLITI ERRORI - Si sono più volte evidenziati le problematiche e i dubbi suscitati da un atteggiamento tattico estremamente offensivo, che nel tempo Pioli ha reso sempre più esasperato, in concomitanza con l’aumento progressivo della qualità media della rosa. La lista si apre col celeberrimo 0-5 incassato sul campo dell’Atalanta del 22 dicembre 2019, data che ha segnato uno spartiacque tra un certo Milan e quello che nel giro di due anni e mezzo avrebbe conquistato il suo ultimo scudetto, e si chiude col 4-2 per mano del Monza, al termine di una prestazione schizofrenica e caratterizzata da continui ribaltoni. Preoccupante, perché se nel primo caso Pioli aveva tra le mani un gruppo acerbo, da troppi anni lontano dai grandi traguardi e con una mentalità vincente tutta da formare, arrivati alla quinta stagione con lo stesso allenatore la ripetitività di certi episodi al netto dei molti cambiamenti operati nell’organico rimandano le responsabilità altrove. Alla figura che per ruolo e competenze è chiamata a dare l’esempio e ad essere il punto di riferimento a livello carismatico per il gruppo.
NONOSTANTE IBRA - Nell’annata del suo avvento al posto di Giampaolo, dopo il tracollo di Bergamo è arrivato il 2-4 in rimonta nel derby contro l’Inter di Conte, ultimo ko di una certa pesantezza da quel momento alla conclusione di un campionato letteralmente spaccato in due dalla pausa forzata per il Covid. Il Milan che torna in campo nel settembre del 2020 è un gruppo che la leadership di Ibrahimovic nello spogliatoio e una consapevolezza rafforzata dai buoni risultati conseguiti dopo la pandemia hanno reso più forti e che, almeno per la prima metà di stagione, non incappa in grossi incidenti di percorso, salvo lo 0-3 nella fase a gironi di Europa League nel segno del turco Yazici. E’ dall’inizio del 2021 che una gestione dell’organico molto problematica sotto l’aspetto della preparazione fisica - in modo particolare in presenza degli impegni ravvicinati tra campionato e coppa - inizia a presentare il suo conto e riportare l’undici rossonero nei suoi atavici difetti: se il ko casalingo (1-3) per mano della Juventus di Pirlo è figlia di un’emergenza clamorosa che costringe Pioli a rinunciare a moltissimi titolari e a schierare per esempio Calabria da centrocampista, molto meno giustificabili da un punto di vista tattico solo lo 0-3 subito dall’Atalanta a San Siro, il tris calato nel derby di ritorno dall’Inter, che nel frattempo ha piazzato il sorpasso in vetta alla classifica, e il punto più basso di una primavera di enorme patimento, il tracollo all’Olimpico contro la Lazio di Simone Inzaghi (0-3).
L'APPARENTE SVOLTA - Il Milan riuscirà comunque a chiudere al secondo posto alle spalle dei nerazzurri, conquistando una qualificazione alla Champions League che mancava da 8 anni e traendo slancio da questo traguardo per porre le basi per qualcosa di più grande. Una squadra - è bene ricordarlo - che senza grandissime individualità di riconosciuto livello internazionale (Ibra è Ibra, ma la carta d’identità dice 40, e l’altro grande trascinatore è la novità Theo Hernandez) trova nell’esaltazione del collettivo e di un gioco che tira fuori il meglio da ogni singolo il modo di colmare o ridurre un gap di valori tecnici che appare evidente al cospetto di avversari più avanti a livello di programmazione come Inter, Juventus o Napoli. L’estate porta un altro campione come Maignan e l’esperienza dà la spinta a giocatori come Tonali e Leao per fare un salto di qualità a livello mentale. Il risultato è che, tolto il doppio passaggio a vuoto contro Fiorentina (4-3 per i viola al “Franchi”, ma il Milan riduce le proporzioni della sconfitta solo nel finale) e Sassuolo (1-3), il cammino dei ragazzi di Pioli è molto più regolare e porta a maggio al coronamento di un’esaltante rimonta sull’Inter per mettere le mani sul diciannovesimo scudetto, il meno atteso di tutta la storia rossonera.
CRISI DI RIGETTO - Se quel famigerato 22 dicembre 2019 segna la prima sliding door dell’epoca recente, diventando il momento di svolta per tornare a pensare in grande, il tripudio del 22 maggio 2022 non è stato col senno di poi il trampolino di lancio che avrebbe dovuto riportare il club alle sue vecchie abitudini. All’affrontare ogni stagione con l’obiettivo minimo di competere per lo scudetto, regolarmente, e a cercare di andare il più avanti possibile nelle coppe europee. Invece di ottenere un nuovo slancio, nei mesi a venire il progetto andrà incontro quasi ad una crisi di rigetto e ad una serie di sconfitte che soprattutto nel tremendo inverno 2023 riportano indietro le lancette dell’orologio. Lo 0-3 di Londra contro uno dei Chelsea non fra i più irresistibili che si ricordino, l’ennesimo derby perso senza nemmeno giocarlo (0-3 nella finale di Supercoppa Italiana), i 9 gol incassati tra Lazio e Sassuolo iniziano a segnare le prime vere crepe nel rapporto tra il Milan e Pioli.
NON E' CAMBIATO NULLA - L’addio dell’intera area sportiva che scommesso su di lui nell’ottobre 2019, il siluramento di Maldini e Massara ed il rafforzamento della sua posizione, sia nella gestione del gruppo che del mercato, non serviranno a cambiare la musica nemmeno nel corso di questa stagione, che al primo scoglio di una certa difficoltà presenta subito un conto salatissimo. Il derby di inizio campionato perso per 5-1 segna il momento più basso nella considerazione dell’allenatore agli occhi dei tifosi rossoneri. Seguiranno le brutte figure in Champions League contro Paris Saint-Germain e Borussia Dortmund, che costano una precoce eliminazione dalla competizione, e il 3-2 rifilato dalla solita Atalanta il 9 dicembre scorso. Per arrivare all’amara serata dell’U-Power Stadium di Monza, dopo una serie di 9 risultati utili prontamente cancellata dal ritorno ai vecchi vizi del passato. Quelli che ti mantengono in una terra di mezzo, pericolosamente più vicina alla mediocrità che all’eccellenza. Cose non da Milan.
LA LISTA DELLE DEBACLE DI PIOLI
Atalanta Milan 5-0
Inter-Milan 4-2
Milan-Lille (fase a gironi Europa League) 0-3
Milan-Juventus 1-3
Milan Atalanta 0-3
Inter Milan 3-0
Lazio Milan 3-0
Fiorentina-Milan 4-3
Milan-Sassuolo 1-3
Inter Milan 3-0 (Semifinale di ritorno Coppa Italia)
Chelsea Milan 3-0 (fase a gironi Champions League)
Milan-Inter 0-3 (finale Supercoppa Italiana)
Lazio Milan 4-0
Milan Sassuolo 2-5
Udinese-Milan 3-1
Inter Milan 5-1
PSG-Milan 3-0 (fase a gironi Champions League)
Milan-Dortmund 1-3
Monza-Milan 4-2
I SOLITI ERRORI - Si sono più volte evidenziati le problematiche e i dubbi suscitati da un atteggiamento tattico estremamente offensivo, che nel tempo Pioli ha reso sempre più esasperato, in concomitanza con l’aumento progressivo della qualità media della rosa. La lista si apre col celeberrimo 0-5 incassato sul campo dell’Atalanta del 22 dicembre 2019, data che ha segnato uno spartiacque tra un certo Milan e quello che nel giro di due anni e mezzo avrebbe conquistato il suo ultimo scudetto, e si chiude col 4-2 per mano del Monza, al termine di una prestazione schizofrenica e caratterizzata da continui ribaltoni. Preoccupante, perché se nel primo caso Pioli aveva tra le mani un gruppo acerbo, da troppi anni lontano dai grandi traguardi e con una mentalità vincente tutta da formare, arrivati alla quinta stagione con lo stesso allenatore la ripetitività di certi episodi al netto dei molti cambiamenti operati nell’organico rimandano le responsabilità altrove. Alla figura che per ruolo e competenze è chiamata a dare l’esempio e ad essere il punto di riferimento a livello carismatico per il gruppo.
NONOSTANTE IBRA - Nell’annata del suo avvento al posto di Giampaolo, dopo il tracollo di Bergamo è arrivato il 2-4 in rimonta nel derby contro l’Inter di Conte, ultimo ko di una certa pesantezza da quel momento alla conclusione di un campionato letteralmente spaccato in due dalla pausa forzata per il Covid. Il Milan che torna in campo nel settembre del 2020 è un gruppo che la leadership di Ibrahimovic nello spogliatoio e una consapevolezza rafforzata dai buoni risultati conseguiti dopo la pandemia hanno reso più forti e che, almeno per la prima metà di stagione, non incappa in grossi incidenti di percorso, salvo lo 0-3 nella fase a gironi di Europa League nel segno del turco Yazici. E’ dall’inizio del 2021 che una gestione dell’organico molto problematica sotto l’aspetto della preparazione fisica - in modo particolare in presenza degli impegni ravvicinati tra campionato e coppa - inizia a presentare il suo conto e riportare l’undici rossonero nei suoi atavici difetti: se il ko casalingo (1-3) per mano della Juventus di Pirlo è figlia di un’emergenza clamorosa che costringe Pioli a rinunciare a moltissimi titolari e a schierare per esempio Calabria da centrocampista, molto meno giustificabili da un punto di vista tattico solo lo 0-3 subito dall’Atalanta a San Siro, il tris calato nel derby di ritorno dall’Inter, che nel frattempo ha piazzato il sorpasso in vetta alla classifica, e il punto più basso di una primavera di enorme patimento, il tracollo all’Olimpico contro la Lazio di Simone Inzaghi (0-3).
L'APPARENTE SVOLTA - Il Milan riuscirà comunque a chiudere al secondo posto alle spalle dei nerazzurri, conquistando una qualificazione alla Champions League che mancava da 8 anni e traendo slancio da questo traguardo per porre le basi per qualcosa di più grande. Una squadra - è bene ricordarlo - che senza grandissime individualità di riconosciuto livello internazionale (Ibra è Ibra, ma la carta d’identità dice 40, e l’altro grande trascinatore è la novità Theo Hernandez) trova nell’esaltazione del collettivo e di un gioco che tira fuori il meglio da ogni singolo il modo di colmare o ridurre un gap di valori tecnici che appare evidente al cospetto di avversari più avanti a livello di programmazione come Inter, Juventus o Napoli. L’estate porta un altro campione come Maignan e l’esperienza dà la spinta a giocatori come Tonali e Leao per fare un salto di qualità a livello mentale. Il risultato è che, tolto il doppio passaggio a vuoto contro Fiorentina (4-3 per i viola al “Franchi”, ma il Milan riduce le proporzioni della sconfitta solo nel finale) e Sassuolo (1-3), il cammino dei ragazzi di Pioli è molto più regolare e porta a maggio al coronamento di un’esaltante rimonta sull’Inter per mettere le mani sul diciannovesimo scudetto, il meno atteso di tutta la storia rossonera.
CRISI DI RIGETTO - Se quel famigerato 22 dicembre 2019 segna la prima sliding door dell’epoca recente, diventando il momento di svolta per tornare a pensare in grande, il tripudio del 22 maggio 2022 non è stato col senno di poi il trampolino di lancio che avrebbe dovuto riportare il club alle sue vecchie abitudini. All’affrontare ogni stagione con l’obiettivo minimo di competere per lo scudetto, regolarmente, e a cercare di andare il più avanti possibile nelle coppe europee. Invece di ottenere un nuovo slancio, nei mesi a venire il progetto andrà incontro quasi ad una crisi di rigetto e ad una serie di sconfitte che soprattutto nel tremendo inverno 2023 riportano indietro le lancette dell’orologio. Lo 0-3 di Londra contro uno dei Chelsea non fra i più irresistibili che si ricordino, l’ennesimo derby perso senza nemmeno giocarlo (0-3 nella finale di Supercoppa Italiana), i 9 gol incassati tra Lazio e Sassuolo iniziano a segnare le prime vere crepe nel rapporto tra il Milan e Pioli.
NON E' CAMBIATO NULLA - L’addio dell’intera area sportiva che scommesso su di lui nell’ottobre 2019, il siluramento di Maldini e Massara ed il rafforzamento della sua posizione, sia nella gestione del gruppo che del mercato, non serviranno a cambiare la musica nemmeno nel corso di questa stagione, che al primo scoglio di una certa difficoltà presenta subito un conto salatissimo. Il derby di inizio campionato perso per 5-1 segna il momento più basso nella considerazione dell’allenatore agli occhi dei tifosi rossoneri. Seguiranno le brutte figure in Champions League contro Paris Saint-Germain e Borussia Dortmund, che costano una precoce eliminazione dalla competizione, e il 3-2 rifilato dalla solita Atalanta il 9 dicembre scorso. Per arrivare all’amara serata dell’U-Power Stadium di Monza, dopo una serie di 9 risultati utili prontamente cancellata dal ritorno ai vecchi vizi del passato. Quelli che ti mantengono in una terra di mezzo, pericolosamente più vicina alla mediocrità che all’eccellenza. Cose non da Milan.