Il lungo ritiro di Lippi
Marcello Lippi non ha bisogno di soldi e chi ha vinto un Mondiale non ha certo traguardi più alti da raggiungere nel calcio. Per questo a 63 anni ha potuto dire di no ai Qatar della situazione e scegliere una tranquilla pensione calcistica da santone, come supervisore tecnico della Lega Pro. Carica vaghissima, dai contenuti ancora più vaghi (in pratica farsi vedere ogni tanto in tribuna), ma utile al presidente Macalli per farsi bello con un grande nome e a Lippi per sentirsi ancora parte del giro senza quel fastidioso obbligo che si chiama vittoria. Perché in un ipotetico girone con dieci fenomeni uno solo vince e nove ne escono mediaticamente come un po’ meno fenomeni. Lippi sarà ospite d’onore dal 21 al 24 novembre ad Assisi in occasione della partita tra la Nazionale Olimpica della Palestina e l’Under 20 della Lega Pro: non esattamente Italia-Francia finale mondiale del 2006, ma del resto l’ex c.t. azzurro e allenatore della Juventus non andrà in panchina. Macalli ha fatto capire chiaramente che quello di Lippi sarà un incarico a tempo, in attesa dell’offerta di un grande club o di una nazionale, ma questo tempo rischia di diventare eterno. Non perché a Lippi manchino le offerte, ma perché non gli va di sporcare l’immagine da santone che solo un c.t. campione del mondo può avere. Senza la Nazionale sarebbe stato nell’immaginario collettivo solo un bravo juventino, così come Sacchi un milanista. Grandi allenatori, ma omaggiati solo da una parte degli italiani. Come avremmo ‘storicizzato’ Enzo Bearzot se avesse accettato le offerte di Pellegrini per allenare l’Inter? Certo, il ‘progetto santone’ di Lippi sarebbe venuto meglio con una scelta alla Jacquet 1998, quindi senza il disastroso ritorno del biennio 2008-2010, ma il Mondiale vinto resterà mentre i fallimenti no. Per questo ci stupiremmo molto di rivedere Lippi su una panchina vera. Sta lavorando per la preservazione del suo mito, cosa gliene può importare del campionato russo o di una nazionale africana?