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    Il lato nascosto di Pelé, campione immacolato ma con alcuni scheletri nella vita privata

    Il lato nascosto di Pelé, campione immacolato ma con alcuni scheletri nella vita privata

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    Il 7 settembre in Brasile è un giorno di festa.

    Si celebra il Giorno dell’Indipendenza dal Portogallo.

    Festa in Brasile è sinonimo di calcio.

    Anche se è un venerdì, un giorno normalmente non dedicato allo sport preferito dai brasiliani.

    Quel giorno a Santo Andrè, cittadina dello Stato di San Paolo, si gioca un’amichevole tra la squadra locale dei “Corinthians” e il Santos Futebol Clube, una delle squadre più importanti dello stato di San Paolo e di tutto il Brasile.

    Allo stadio “Américo Guazzelli” c’è il tutto esaurito, anche se per il piccolo club locale non ci sono molte chances contro lo squadrone dei “bianchi”.

    Nel primo tempo però i locali si difendono dignitosamente: lo svantaggio per “uno a tre” con cui si chiude il primo tempo è comunque un risultato più che accettabile vista la differenza in campo.

    Dopo un quarto d’ora del secondo tempo gli altoparlanti dello stadio annunciano una sostituzione.

    Nelle file del Santos esce il centrocampista Emmanuele Del Vecchio e al suo posto entra Gasolina.

    Nessuno ha mai sentito nominare quel nome e nessuno fa caso più di tanto a quel ragazzino di colore di almeno quattro dita più piccolino di tutti gli altri in campo.

    «Pensammo che con l’uscita dal campo del loro miglior giocatore le nostre chances di strappare un pareggio sarebbero aumentate di parecchio» ricorda Antonio, uno dei calciatori del Corinthians.

    Passano un pugno di minuti e “Gasolina” riceve il pallone pochi metri fuori dall’area di rigore avversaria. Parte in velocità con il pallone che sembra incollato al piede.

    Salta con estrema facilità tre avversari e quando si presenta solo davanti al portiere avversario Zaluar gli fa passare la palla tra le gambe spedendola in fondo alla rete.

    Il Santos vincerà per sette reti ad una.

    Quel ragazzino deve ancora compiere sedici anni.

    Il suo nome è Edson Arantes do Nascimento e il suo soprannome, “Gasolina”, durerà ancora per poco tempo.

    Perché da lì a qualche mese, per il mondo intero, diventerà solo “Pelé”.


    La carriera di “Gasolina”, quell’imberbe ragazzino che fece il suo esordio assoluto in quel 7 di settembre del 1956, non ha avuto paragoni nel mondo del calcio.

    A cominciare dai tre campionati del mondo vinti con il suo Brasile e ai 1281 gol in carriera, amichevoli incluse.


    Campione del Mondo con il Brasile nel 1958 in Svezia, a soli diciassette anni.

    Campione del Mondo, anche se a mezzo servizio, ai Mondiali in Cile nel 1962.

    Campione del Mondo anche in Messico, nel 1970, al crepuscolo della carriera.

    Più di 1000 gol segnati (amichevoli incluse, quelli ufficiali sono poco meno di 800) e una carriera praticamente tutta nel suo Brasile e in un’unica squadra, il Santos.

    Decine di titoli conquistati nei suoi diciotto anni di militanza nei “Bianchi” dello Stato di San Paolo e altri al crepuscolo della carriera con i New York Cosmos negli Stati Uniti.

    Anche il dopo-calcio di Pelé è stato all’altezza del campione in campo.

    Un’immagine pubblica immacolata, anche e soprattutto terminata la carriera calcistica.


    Inserito dal prestigioso “Time” nelle “100 icone del xx secolo”.

    Nominato ambasciatore delle Nazioni Unite per l'ecologia e l'ambiente.

    Nominato  “Goodwill Ambassador” dall'UNESCO.

    Ministro straordinario dello Sport in Brasile.

    Ambasciatore del calcio per la FIFA e innumerevoli altre cariche, nomine e incarichi di rappresentanza.

    Ha fatto anche il cantante e l’attore!

    Indimenticabile la sua presenza in “Fuga per la vittoria”, insieme a Michael Caine, Sylvester Stallone e tanti altri grandi calciatori come Bobby Moore o Kazimierz Deyna.

    “Pelé” è diventato poi un marchio vero e proprio, capace di fare soldi in grandi quantità. Si parla di un patrimonio di oltre 100 milioni di dollari.

    Anche i “miti” però hanno le loro contraddizioni.

    Sono in molti a rinfacciargli di non avere mai preso posizione contro la feroce dittatura che si insediò nel suo Paese nell’aprile del 1964.


    Sono in molti a non approvare il suo distacco nelle lotte dei neri brasiliani contro la discriminazione di quegli anni.

    Ma è nella vita privata dove gli scheletri sono più ingombranti.

    «Non so neppure io quanti figli ho avuto» è una sua recente dichiarazione che ci saremmo aspettati da “calciatori maledetti” come Diego Armando Maradona o George Best.

    Una di queste figlie, Sandra Regina Felinto, è stata riconosciuta soltanto nel 1996, quando aveva 32 anni, e solo al termine di una estenuante battaglia legale e grazie alla prova del DNA.

    Sandra se ne è andata dieci anni dopo e senza mai aver conosciuto il padre ... e senza ricevere da lui alcun tipo di assistenza.

    Negli ultimi giorni di vita Sandra chiese alla madre di intercedere per lei. Voleva vedere suo padre.

    Pelé rifiutò anche in quella occasione.

    Si limiterà a mandare due corone di fiori il giorno del funerale di Sandra ... che la madre rifiuterà di depositare accanto alla sua bara.

    Oggi Pelé, alla soglia degli 83 anni, sta giocando la più difficile delle sue partite contro un male spietato che da anni lo sta perseguitando.

    Ma con un uomo che ha sempre saputo rialzarsi sia dalle tante botte che ha subito in campo sia da quelle che gli ha “regalato” la vita possiamo stare sicuri di una cosa: che la partita lui la giocherà fino al novantesimo ... anzi, forse addirittura fino ai supplementari ...


    ANEDDOTI E CURIOSITA’

    L’origine del suo nomignolo, “Pelé”, è alquanto curiosa.


    Pare che un giorno, parlando di calcio, il giovane talento del Santos usasse storpiare il nome del portiere del Vasco de Gama (sua squadra del cuore) chiamando il portiere “Bilé” con un improbabile “Pilé”. La cosa fece ridere di gusto i suoi coetanei che iniziarono a chiamarlo prima “Pilé” per poi trasformarlo in “Pelé” ... cosa che pare il grande “O’Rey” del calcio mondiale non abbia mai gradito fino in fondo ... arrivando perfino a picchiare un compagno di classe che lo aveva chiamato con quel nomignolo!

    Durante i Mondiali di calcio di Svezia del 1958 che rivelarono al mondo il talento dell’allora diciassettenne Pelé non ci furono soltanto le grandi gioie sul terreno di gioco. I ragazzi di colore della Nazionale Brasiliana infatti riscossero molto successo con le ragazze svedesi che presenziavano in grande numero agli allenamenti di Pelé, Didì, Vavà e compagni.

    Anche Pelé ebbe la sua piccola “love-story” in quell’estate scandinava ... riuscendo a rivedere il suo amore di allora pochi anni or sono durante una manifestazione a Stoccolma.

    A Pelé si è sempre rimproverato negli anni di non avere mai preso una netta posizione contro il razzismo imperante nei confronti dei neri brasiliani e neppure verso la feroce dittatura che prese il potere in Brasile nel 1964 rimanendovi per oltre venti anni e che per tutto questo tempo sfrutterà l’immagine di Pelé come “simbolo” della concordia e del prestigio del Paese.

    Eppure lo stesso Pelé, fin dalla giovane età, fu vittima di questa situazione.

    Poco dopo il Mondiale vinto in Svezia Pelé inizia a frequentare una ragazza bianca, di nome Rosemeri. Solo che non può semplicemente uscire da solo con lei.

    Ovunque vadano, cinema o locali da ballo, Rosemeri sarà sempre accompagnata all’entrata da un parente e Pelé potrà raggiungerla solo in un secondo tempo ... sempre con il parente a fare da “controllore”.

    ... Pelé sposerà Rosemeri solo nel febbraio del 1966 ...

    Pelé è stato uno dei protagonisti del film “Fuga per la Vittoria” (“Victory” nella versione originale).

    Nel cast di questo famosissimo film del 1981 oltre a grandi calciatori ed ex-calciatori dell’epoca (tra cui spiccano i nomi di Bobby Moore, Osvaldo Ardiles e Kazimierz Deyna) ci sono anche attori di fama internazionale come Michael Caine e Sylvester Stallone, quest’ultimo nelle improbabili vesti di portiere.

    Durante le riprese del film Pelé si farà ben volere da tutti non solo per l’estrema disponibilità e la grande umiltà ma guadagnandosi la stima dei tanti colleghi anglosassoni per la grande capacità di reggere l’alcol nelle interminabili sessioni di bevute serali!

    In una delle scene chiave del film Pelé deve segnare il gol decisivo con una spettacolare quanto difficile rovesciata volante.

    Non solo il gesto atletico deve risultare perfetto ma la palla deve anche finire la sua corsa in fondo alla rete.

    Pelé ha già 41 primavere sul groppone e la troupe si prepara per una lunga serie di tentativi in attesa di quello perfetto per la pellicola.

    ... non ce ne sarà bisogno.

    Al primo tentativo la rovesciata di Pelé risulterà semplicemente perfetta e sarà esattamente quella che apparirà nel film.

    Per un calciatore capace di segnare quasi 1300 reti in carriera sembra quasi un insulto che la giocata più spettacolare, geniale e famosa di Pelé sia ... un “quasi gol”!

    Eppure è esattamente quello che accadde il 18 giugno 1970 a Guadalajara.

    Il Brasile affronta l’Uruguay in semifinale.

    C’è un pallone che dalla sinistra, dal piede di Tostão, arriva a Pelé lanciato a rete e con solo il portiere dell’Uruguay Mazurkievicz come ostacolo tra lui e la porta.

    Pelé appare in vantaggio sulla palla.

    Solo che invece di controllarla decide di lasciarla passare con una finta di corpo che lascia completamente esterrefatto il portiere uruguagio.

    Pelé continua nella sua corsa, aggira il portiere ormai fuori causa e torna sulla palla prima di tutti gli avversari.

    La porta è completamente vuota. Pelé calcia ... ma la sfera finisce fuori di una manciata di centimetri.

    Tutto il pubblico è in piedi ad applaudire la giocata di un GENIO.

    ... che poi la palla non sia finita in rete è solo un insignificante dettaglio ...

    Pelé, nonostante non fosse esattamente un gigante (era alto poco più di 170 centimetri), disponeva di doti fisiche veramente impressionanti.

    Correva i cento metri in undici secondi, in lungo saltava più di sette metri e in alto superava agevolmente i 190 centimetri.

    Tutte queste doti fecero si che Pelé fu scelto come “secondo portiere” del Santos!

    In un’epoca in cui non erano ancora previste le sostituzioni in caso di infortunio o di espulsione del portiere titolare toccava proprio alla “perla nera” del calcio prendere posto tra i pali.

    Al Santos capitò in quattro diverse occasioni.

    In nessuna di queste il Santos perse la partita.

    Ma non solo: Pelé non subì mai un solo gol!

    Sempre molto stretto fu il rapporto di Pelé con il padre, suo vero primo maestro di calcio.

    “Dondinho” (questo il soprannome del padre il cui nome era João Ramos do Nascimento) era stato in gioventù un ottimo attaccante ma che fu costretto ad abbandonare il calcio in giovane età a causa di un brutto infortunio al ginocchio.

    Il padre, conosciuto per la sua bravura nel gioco aereo, riuscì in un’impresa ancora oggi negli annali del calcio brasiliano: ovvero segnare cinque reti nella stessa partita tutte di testa!

    ... record che neppure il suo grande figliolo è mai riuscito ad eguagliare.

    Infine, la solenne promessa fatta da Pelé al padre nel giorno più triste della storia del calcio brasiliano.

    Il 16 luglio del 1950 il Brasile perde nel suo “Maracanã” l’ultima partita di quel campionato del mondo consegnando il titolo nelle mani dell’Uruguay.

    Vedendo il padre in lacrime al termine della partita Pelé, che allora aveva solo nove anni, si avvicinò al padre. «Non piangere papà. Ci penserò io un giorno a portare quel titolo in Brasile».

    Pelé mantenne la promessa.

    ... non una ma ben tre volte ...

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