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    Il gioco del Napoli è  la sua prima vittoria: i sei punti cardine di Sarri e co.

    Il gioco del Napoli è la sua prima vittoria: i sei punti cardine di Sarri e co.

    • Matteo Quaglini
    Il gioco del Napoli è anche la sua prima vittoria. La cultura della vittoria che contempla solo il risultato come unico parametro del successo dimentica che il concetto del vincere è qualcosa di più complesso. Vincere prima di tutto significa superare i propri limiti, ribaltare le situazioni negative, costruirsi un’identità riconoscibile. In una squadra di calcio questo, si traduce nell’avere una struttura tecnica e tattica che dia qualità e competenza ai giocatori aumentandone la personalità.

    Il gioco del Napoli veloce e ricco di movimenti offensivi come di disciplina difensiva, ha permesso ai giocatori di superare i propri limiti (il primo traguardo di un’atleta), di ribaltare le negatività dell’ultimo periodo Benitez, di avere uno stile tecnico e darsi una personalità più consapevole, vedi Hamsik e Koulibaly.

    Questo gioco è divisibile in sei punti cardini: 

    La didattica – un allenatore deve insegnare conoscenze sempre nuove e flessibili, prima regola della metodologia dello sport. L’insegnamento però, perché sia efficace e possa attribuire all’insegnante – allenatore la qualifica di competente deve essere sviluppato in base alle caratteristiche specifiche degli atleti con l’idea di aumentarne il livello tecnico e tattico. Sarri su questo punto ha lavorato benissimo. La fase difensiva del Napoli ce lo spiega perfettamente. Una giocata vale più di tante teorie: Primo tempo, attacco del Chievo sulla sua destra con Meggiorini che conduce il pallone verso la difesa napoletana, lo affronta uscendo dalla sua linea difensiva in marcatura Koulibaly ma non si crea una falla. Perché ci sono le scalate, così Maggio da esterno destro va centrale e Callejon che ha percorso 60 metri di corsa all’indietro leggendo l’azione è ora su quella palla il terzino destro del Napoli. 

    I giocatori cardine – il gioco di una squadra che ha idee, da in cambio, personalità ai giocatori. Si evidenziano i giocatori perno, gli universali. Nel Napoli ce ne sono cinque: Reina, Koulibaly, Hamsik, Jorginho e Callejon. Loro rappresentano perfettamente il concetto di vittoria dei propri limiti. Il lavoro di Sarri è stato ottimo, dentro già qualità fisiche e tecniche da grande calcio europeo questi giocatori hanno scoperto prima, affinato poi la tattica individuale e collettiva creando un sincretismo fortissimo con il loro stile di gioco e migliorandosi. Pensiamo soprattutto a Callejon e Hamsik. La completezza tattica dello spagnolo che corre forte in avanti e all’indietro nelle diagonali difensive; il suo modo alternato di attaccare la linea avversaria tagliando al centro da seconda punta o aggredendo alle spalle il terzino di parte sono tra i movimenti offensivi più efficaci di tutto il campionato. Hamsik ha trovato nel ruolo di mezzala (un ritorno alle origini) in un centrocampo a tre la sua vera natura tecnica. Lì può condurre palla e inserirsi faccia alla porta, tirando libero dai contrasti. Questo significa allenare in base alle caratteristiche, riconoscerle e metterle dentro la squadra in un incastro tattico che le faccia esprimere al 100%.

    Il dodicesimo uomo – A Sarri mancava un giocatore per attuare nella squadra le rotazioni che tanto sono mancate lo scorso anno, e che molto incidono in un campionato. Quest’anno ha trovato Zielinski. Il polacco è potenzialmente una grande mezzala di taglio europeo, s’inserisce con il pallone incollato al piede. Quando aumenterà l’esperienza e chiuderà ancora più triangoli di ieri, allora avremo un incursore fortissimo e la costruzione del centrocampo del Napoli sarà completa. La presenza di Zielinski si spiega con una regola del coaching, l’allenatore deve sempre chiedere un giocatore in più alla dirigenza, appunto il dodicesimo uomo.
    La struttura – 4-3-3 dopo aver provato lo scorso anno per 3 gare, il trequartista di matrice empolese. Questa struttura è il passo in avanti della squadra, non perché sia il sistema incontrovertibile e imperituro (tutti i moduli sono validi) o perché sia il sistema di Barcellona e Bayern (concetto dei modelli), ma perché si adatta alle caratteristiche dei giocatori: veloci e tecnici, dal baricentro basso a centrocampo. Con questa struttura il Napoli difende di squadra in modo compatto ma rimanendo sempre pronto, una volta recuperato il pallone, a distendersi in avanti. La linea difensiva lavora con le letture giuste e a beneficiarne sono il centrocampo che opera continui triangoli (alla Phil Jackson nel basket quasi) e attacca la porta avversaria col calcio verticale di Insigne (dribbling stretto), Milik (potenza), Gabbiadini (sinistro spostamento dei centrali difensivi), e Callejon l’hidalgo di Spagna e i suoi contro movimenti. 
    I punti deboli – I tagli che subisce dietro alla linea difensiva da giocatori veloci che raccolgono il passaggio lungo tra i due centrali e molto spesso anche sul piede sinistro di Koulibaly e, l’abbassamento del ritmo quando la squadra erroneamente, vuole o pensa di gestire la gara. Sarri deve lavorare su questi due punti che si verificano quando cala la concentrazione (errore grave) e si pensa di aver vinto. Un grande generale non fa vedere mai le sue debolezze strutturali al nemico, qui Sarri deve migliorare.

    Il campionato – Per giudicare un “gioco” occorre comparare. Dunque già dallo scorso anno teorizziamo l’idea di un sottobosco culturale votato alla ricerca del gioco come mezzo e non come astrattezza, nella serie A. I rivoluzionari, i cospiratori verso il calcio all’italiana sono a Napoli, Roma, Firenze, cercano casa a Milano su entrambe le sponde, da anni vivono eretici e ammirati a Sassuolo e sono anche sbarcati, ultimamente, a Genova e Bergamo (qui senza troppa fortuna, per ora) insomma c’è uno sviluppo delle idee, una ricerca anche ma non solo per supplire alla tecnica, di gioco collettivo. Il Napoli tra tutte sta operando il sincretismo tra tecnica e tattica ad alto livello e con maggior continuità, deve però, sentirsi dentro un movimento all’alternativo e non l’unico rappresentante. Questo confronto può migliorarlo ancora e, fare il campionato più europeo spostando il concetto di vittoria dalla parte di queste piazze, perché il gioco da solo non basta per quanto bello deve essere efficace  e consapevole, per divenire sublime e quindi vincente.

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