AFP via Getty Images
Il gesto antico del portiere: lancio per l'attaccante e gol
Gol pesantissimo, tra l’altro. Perché è arrivato a pochi minuti dall’intervallo e perché ha dato compiutezza alla rimonta del Monza, che poi - lo sappiamo - vincerà la partita. In tempi in cui la costruzione dal basso - ma qualcuno con somma ironia l’ha ribattezzata distruzione dal basso - è il nuovo verbo dei giochisti (e per carità, nessuno qui mette in dubbio i vantaggi di tale strategia) ci ritroviamo invece ad applaudire questo antico gesto che facevano i portieri di una volta. L’idea era semplice. Tutti sanno che il percorso più breve che collega due punti è un segmento di linea retta. Lancio dritto per dritto, due soli tocchi - uno del portiere e l’altro dell’attaccante - ed eccola l’equazione che come risultato dà il gol. E’ la dimostrazione che ogni tanto la semplicità è anche il rifugio migliore per tutti, nel campo e nella vita. Senza star lì a fare tanta filosofia: certe volte - ognuno di noi lo sa con assoluta certezza - per andare da qua a là bisogna fare esattamente quello, andare da qua a là, e farlo per la via più breve, senza star lì a pensare di - come insegna la costruzione dal basso - ampliare il campo per creare successivamente spazi da attaccare.
Ok, tutto molto bello. Però - consentiteci il paragone - ci sembra che questo gesto antico - lancio del portiere/tiro del centravanti - si offra ad un’analisi che riporta ai film con Bud Spencer e Terence Hill. Ricordate? C’era il tizio che si presentava davanti a Bud Spencer, lo stuzzicava, lo innervosiva, sfoggiava tutto un variegato ventaglio di arti marziali, si muoveva con scatti rapidissimi e imprevedibili, però - dopo questo gran agitarsi - Bud Spencer sbuffava, scuoteva appena la testa e gli rifilava un pugno che lo mandava al tappeto. Ecco, lancio di Di Gregorio, tiro-gol di Dany Mota e anche basta, con tutta ‘sta agitazione.