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    Il Fair Play Finanziario non è morto. Pronta la lista nera. La Uefa guarda ai soldi e dovrà ridiscutere i premi Champions

    Il Fair Play Finanziario non è morto. Pronta la lista nera. La Uefa guarda ai soldi e dovrà ridiscutere i premi Champions

    • Pippo Russo
    Il Fair Play Finanziario (FPF) è vivo e lotta insieme a noi. La notizia data ieri dal Times e ripresa dai media di tutta Europa, relativa alla lista delle società di calcio che sarebbero sul punto di andare incontro a sanzioni per avere violato le regole della sostenibilità economica fissate dall'Uefa di Michel Platini all'inizio degli Anni Dieci, va oltre il valore informativo perché il suo dato più interessante è quello meta-informativo. Cioè, che un FPF esiste ancora e può persino rivoltarsi contro quelle società di calcio che parevano esserne state messe definitivamente al riparo per ragioni politiche. Come per esempio, tanto per fare un nome a caso, il Paris Saint Germain (PSG), il cui presidente Nasser Al-Kehlaïfi ha assunto nell'ultimo anno e mezzo un ruolo da lord protettore di Aleksander Ćeferin, il presidente dell'Uefa uscito politicamente indebolito anziché rafforzato dal misero fallimento dell'Operazione Superlega. Le anticipazioni date dal Times dicono invece che anche il PSG è nella lista nera, assieme a club che quella Superlega avrebbero voluto farla e altri che invece non ne sono stati sfiorati (come la Roma).

    E certo adesso bisognerà vedere cosa succederà quando ci sarà da passare dalle indiscrezioni ai fatti. Dunque si valuterà se e quanto pesantemente ciascun club sarà sanzionato. Ma già il fatto che si torni a parlare del FPF come uno spauracchio per i club è un segno che sorprende. Perché quando nella scorsa primavera erano state annunciate le nuove regole, la linea generale di commento lasciava intravedere una perdita di inflessibilità. Nel presentare le novità si era molto rimarcato che da giugno 2022, oltre a innalzare da 30 milioni di euro a 60 milioni di euro il deficit cumulativo triennale, ci si sofferma sul costo della rosa, con attenzione ai salari e ai costi di trasferimento, e che si pone un tetto alla spesa per salari, spese sul mercato dei trasferimenti e pagamento di commissioni agli agenti, fissato al 70% dei ricavi (QUI IL REGOLAMENTO UFFICIALE). Indicazioni che in linea di valutazione teorica potevano sembrare egualmente permissive o restrittive, e che soltanto la messa in pratica avrebbe testato. Da ieri sappiamo che la loro messa in pratica continua a porre un argine ai club e alla loro tendenza verso il deficit.

    Al discorso sul FPF va aggiunto un altro elemento di politica economica Uefa, di cui anche in questo caso ha dato notizia nel tardo pomeriggio di ieri il Times attraverso il sito web (QUI). Il quotidiano londinese riferisce di una discussione in corso fra Uefa e European Club Association (ECA), organismo quest'ultimo guidato da Nasser Al-Kehlaïfi. Da parte dell'Eca sarebbe in atto una pressione per procedere a una diversa redistribuzione dei proventi generati dai diritti televisivi del nuovo format della Champions League, che prenderà il via nel 2024. Secondo il Times, obiettivo della pressione è rivedere quella quota del 30% di proventi che viene distribuita col criterio dei risultati acquisiti dai club nelle edizioni degli ultimi dieci anni. Un meccanismo che privilegia i grandi club storici del calcio europeo e contribuisce a perpetuarne il dominio tecnico e economico.

    Tale pressione giunge anche dal fatto che, fra le conseguenze del fallito tentativo di Superlega, si è registrata la defezione dal board ECA di club storici come Juventus, Manchester United e Real Madrid. Nel nuovo board, che terrà un meeting venerdì 26 agosto a Istanbul, siedono adesso il Bayer Leverkusen, il Monaco e la Roma (col presidente Dan Friedkin che a Istanbul parteciperà per la prima volta a una riunione dell'esecutivo).

    C'è da stare sicuri che il tema sarà al centro dell'agenda della prossima assemblea generale ECA, fissata per il 6 e 7 settembre a Ginevra. Si tratta sempre di soldi e in ballo c'è la decisione su quanto grande dovrà essere la fetta da assegnare a chi è già più ricco.

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