Roma e lo scudetto: che differenza tra Garcia e Di Francesco, ma Gandini...
“A Torino ho visto una Roma forte, forse più della Juventus, e ho capito che quest'anno vinceremo lo Scudetto. Sono sicuro di questo. Siamo più forti dei bianconeri e lo dimostreremo sul campo”. Era l'ottobre del 2014 e Rudi Garcia - all'epoca ancora tosto come un sergente della Legione Straniera - del fatto che fosse venerdì 17 e che la cosa potesse portare una sfiga infame se ne fottè altamente. La disse, quella cosa, per motivare i suoi. La disse perchè la sua squadra aveva perso una partita con la Juve resa rovente da decisioni arbitrali perlomeno discutibili.
Chi mi conosce lo sa: tendo ad avere una passione sfrenata per chi ha il vizio di esibire gli attributi in modo brutale e provocatorio davanti a taccuini e telecamere, infischiandosene di rischi, conseguenze e giudizi. Com'è andata, lo sappiamo tutti. La Roma non ha vinto nulla, Garcia se n'è andato e, per quelle parole, fu duramente criticato. Oggi, in realtà, voglio rendergli un piccolo omaggio, perchè il coraggio a volte può essere folle, scriteriato o ingenuo, ma tale resta, a prescindere dai perfidi giudizi di dotti, medici e sapienti pallonari.
Tre anni e mezzo dopo, Di Francesco ha detto l'esatto contrario, graffiando profondamente: “Non siamo squadra da scudetto”. Non che la classifica dica qualcosa di diverso, ma anche qui ci vuole coraggio. Si sarebbe potuto barcamenare con i vecchi hit da allenatore-anguilla, scivolando via tra un “mancano ancora tante partite.....” e un ben assestato “nel calcio non è mai detta l'ultima parola...”.
E invece ha sparato lì quella che, secondo lui. è la situazione attuale, provando a sfruttarne le conseguenti sollecitazioni psicologiche. Dire alla squadra una cosa così è evidentemente un invito a reagire, a dimostrare il contrario, anche se per vincere ormai è tardi. E' come se avesse sparato lì ai suoi: “Siete mediocri, ma magari sbaglio. Mi sbaglio? Fatemelo vedere”. Perchè il rischio è che si tenda a vivacchiare perdendo di vista l'obiettivo vitale per il club e le tasche di Pallotta: la Champions. Certo, l'uscita di DiFra stride parecchio con il 'tuono tricolore' dell'amministratore delegato romanista, Umberto Gandini che, non tre mesi fa, ma appena il 27 dicembre, ancora una volta dopo un ko allo Stadium come ai tempi di Garcia, dichiarava: “La Roma è da Scudetto perché è competitiva, costruita bene, con due titolari per posizione, che può cambiare modo di giocare a seconda delle circostanze e se la gioca fino al 95'”.
Ora: detto che per la dirigenza romanista sarà bene non parlare più di scudetto nella pancia dello Stadium perchè porta una sfiga aliena, quando DiFra si lamenta per la superficialità dei giudizi “Vorrei che la Roma non fosse giudicata solo sulle ultime quattro partite”, è bene che guardi anche a Trigoria dove _ per carità, è l'eccesso d'entusiasmo a muovere la favella _ si scolpiscono illusioni che nel momento della difficoltà vengono tradotti in un poco riconducibile: “Ambiente Romano”.
Sì l'Ambiente Romano a causa del quale, raccontano le leggende trigoriane, a Roma non vince granchè. Certo, poi quando la squadra la costruisci bene, con i giocatori forti, senza vendere e svendere a destra e a sinistra, vinci eccome. Chiedere a Fabio Capello, mentre Nils Liedholm, se ci ascolta da lassù, avrà senza dubbio aperto il suo leggendario sorriso.