Il capolavoro di Marotta: l'Inter da Zhang a Oaktree come una passeggiata anziché un Titanic sventato
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Occhio alle sue dichiarazioni. Nell’ultimo week end, al comunicato disperato di Zhang, parla di “giornata tremenda per questioni finanziarie”. Il tremendismo deriva solo dalla minaccia cinese di azioni legali, destinate a rallentare un passaggio di consegne possibilmente rapido e operativo. Pochi se ne accorgono. Per qualche ora Marotta sembra schierato a difesa di Zhang. Ma poi, già a San Siro in prossimità della festa Scudetto, il più bravo (e politico) dei dirigenti amplia il concetto. Di tremendo non c’è più nulla. Anzi: “Inter società solida, sfido chiunque a controllare i nostri conti”. Si arriva alla festa del Castello Sforzesco, dove lo sfarzo dialettico di Marotta tocca vette impensabili fino a poche ore prima: “Alzeremo l’asticella, non abbiamo paura perché siamo l’Inter”. Applausi.
Beppe Marotta, per i pochissimi che non se ne fossero accorti, da oltre un anno è di fatto il presidente dell’Inter. Comanda, dirige, guida, asseconda, rimprovera, protegge, parla, contatta e contratta. Tutti i verbi immaginabili per chi “esercita le funzioni di”. Fondamentale anche la comunicazione. È stato assecondato Zhang nelle manifestazioni più social e giovanili (e innocue), con la ragionevole certezza che il fondo Oaktree sarebbe alla fine intervenuto, trovando, nell’ordine:
1) ottima squadra e Scudetto; 2) progetto stadio dilatato nei tempi giusti; 3) contratti datati 2027 per tutto il management che conta. Un capolavoro di strategia e diplomazia. E comunicazione, ancora di più. In questo è stato davvero impareggiabile, Marotta, perché - ben assecondato da tutte le sue referenze e conoscenze - ha fatto trascorrere tranquillamente il tempo fino al 20 maggio, senza alcuna ansia per quello che si è poi rivelato un disperato final countdown della proprietà cinese.
In questo senso, si è anche esagerato nella celebrazione di Zhang, paragonato addirittura ad Angelo Moratti. Vengono i brividi. È un confronto da bimbiminkia. Meglio lasciar perdere… E magari dimenticare che il giovin presidente cinese sia stato coinvolto nell’Ambrogino d’Oro. Ecco. Insomma. Il sindaco Sala poteva far meglio. Di sicuro non farà uguale nei prossimi anni, perché insignire un fondo sarebbe perfino più difficile di un presidente esiliato in Cina. Con un fondo c’è l’oggetto (l’Inter), ma manca il soggetto (il presidente). “Come posso sventolare una bandiera senza faccia”, disse tanti anni fa Diego Abatantuono, riferendosi al Milan passato da Berlusconi ai cinesi e poi a Elliot. Ma ormai siamo nel futuro. O magari nel presente contemporaneo. Volendo esagerare ed esasperare, il fondo proprietario di una società di calcio assomiglia perfino a un’azionariato popolare. Agnelli, Moratti, Berlusconi e poi ancora Moratti e Agnelli. Non c’è più il calcio delle favole e dei mecenati, quelli che per quanto erano appassionati venivano perfino sbeffeggiati come troppo ricchi e troppo tifosi. Il Milan è di RedBird discendente da Elliott e anche la Juventus, seppur geolocalizzata come Casa Agnelli, promette di esser gestita con logica finanziaria per nulla romantica.
Sostenibilità. Questa è la parola d’ordine, non rispettata proprio da Zhang. Perché d’accordo la pandemia e la particolarità della Cina, ma Oaktree interviene sia tre anni fa che oggi proprio perché il giovane Steven non riesce a produrre un bilancio in utile neppure con le grandi cessioni ed i miracoli di mercato, né con una finale di Champions e le coppette italiane e nemmeno con due Scudetti. L’azienda va riveduta e corretta. Che non significherà cedere Lautaro al miglior offerente. Anzi, semmai il contrario: rinnovare il contratto anche a 10 milioni netti, ma con un valore tecnico e patrimoniale intatto anziché a scadenza. Significherà individuare la rotta per rendere l’Inter una barca che va senza imbarcare debiti ad ogni ondata. Un’azienda sana. Dove il presidente fa il manager lì come altrove, con la passione della propria professionalità ma senza bandiere.
Per un fondo, la squadra dei manager è come quella dei calciatori. E rieccoci alla narrazione un po’ superficiale degli ultimi tempi. Chi ha maliziosamente ironizzato sui dirigenti milanisti trasferiti da Elliott a Red Bird, adesso applaudirà il passaggio di Marotta&co a Oaktree. Il nuovo fondo proprietario immetterà solo un paio di supermanager nel prossimo consiglio d’amministrazione. Poi lascerà fare. Unico obiettivo: creare valore e rivendere. Riposizionamento. Rapido e veloce. Quello che hanno già iniziato tifosi e influencer, dirigenti e addetti ai lavori, Vip e opinionisti più o meno social. Ma Zhang non è certo finito all’improvviso.
E applausi a Marotta, riuscito a far passare il final countdown come una passeggiata di salute e di Scudetto, anziché - come poi si è rivelato - un Titanic sventato da Oaktree.