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    Il calcio in Grecia: Atene, l'apoteosi delle rivalità e l'oasi Salonicco. Dentro il tifo ellenico tra crisi, caste e politica

    Il calcio in Grecia: Atene, l'apoteosi delle rivalità e l'oasi Salonicco. Dentro il tifo ellenico tra crisi, caste e politica

    • Federico Targetti
    4 luglio 2004: la Grecia allenata da Otto Rehagel, contro ogni pronostico, sconfigge il Portogallo per 0-1 a Lisbona e alza al cielo il trofeo degli Europei di calcio. Un momento da leggenda, anzi da mito, se si vuole fare un rimando a tutto quello che la penisola ellenica ha rappresentato nella Storia. Da quel gol di testa di Angelos Charisteas al minuto 57 sono passati quasi 20 anni, e il pallone greco, dalle vette dell’Olimpo e dalla luce dello stadio Da Luz (“della luce”, appunto), è passato al buio dell’Ade, al nero della cronaca costretta a raccontare cose che ben poco hanno a che fare con lo sport. Due decenni dopo il trionfo dell’Hellas in campo continentale, nel contesto del nostro viaggio ad Atene per la finale di Conference League tra Olympiacos e Fiorentina, abbiamo deciso di provare a raccontarvi, anche attraverso le voci di alcuni protagonisti, lo stato attuale del calcio in Grecia.

    LA SUPER LEAGUE ELLADA - “In Grecia ci sono 14 squadre che si affrontano in un campionato di regular season, poi la classifica si divide tra le prime sei e le altre otto, che lottano rispettivamente per il titolo e per la salvezza mantenendo e ripartendo dai punti totalizzati fino a quel momento”, ci spiega Alberto Brignoli, portiere che è giunto all’ultimo di tre anni con il Panathinaikos. Quindi funziona come nella Serie A femminile, con le cosiddette poule Scudetto e poule retrocessione a determinare i verdetti di ciascun campionato. E quali sono i rapporti di forza tra le partecipanti?

    BRIGNOLI A CM, L'INTERVISTA COMPLETA

    Ci risponde Vangelis Moras, ex difensore tra le altre di Bologna e Verona in Italia, oggi allenatore appena promosso in Serie B greca con l’Ethnikos Neou Keramidiou: “Ad Atene ci sono sempre state le tre grandi, che si uniscono alle due di Salonicco, PAOK e Aris, nell'Olimpo del calcio greco. Ultimamente l'AEK ha fatto un bel balzo in avanti proprio grazie al nuovo stadio, l'Agia Sophia, ma sotto troviamo un'altra categoria, inferiore”. Un po’ come in Inghilterra ci sono le Big Six, o in Italia c’erano le Sette Sorelle, in Grecia abbiamo una sorta di top 5, tre ad Atene – Olympiacos, Panathinaikos e AEK – e due a Salonicco, appunto PAOK e Aris. Nella classifica finale dell’ultimo campionato greco, le troviamo tutte e cinque nei primi cinque posti, l’Aris un po’ staccata, ma tra il quinto e il sesto posto nel raggruppamento da sei della poule Scudetto, occupato dal PAS Lamia, c’è una ventina di punti. Dal 2019-2020, stagione in cui è stato introdotto questo formato, le prime cinque squadre sono sempre state le stesse top, mentre la sesta è sempre cambiata: a ritroso, troviamo PAS Lamia, Volos, PAS Giannina, Asteras Tripolis e OFI Creta. Tutte in prima divisione nel 2023/24.

    MORAS A CM, L'INTERVISTA COMPLETA

    LE ALTRE SQUADRE DI ATENE - Nel novero delle seconde otto squadre c’è anche quella che in questo momento è la quarta squadra della Capitale, l’Atromitos Atene, dove gioca il figlio d’arte italiano Gabriele Marchegiani: “Ad Atene l'Atromitos non è una squadra estremamente importante, sta sotto le tre grandi e a livello di seguito, e come storia c'è anche il Panionios, una nobile decaduta (Serie C greca, ndr), che negli anni Duemila ha fatto anche le coppe europee. In generale, dopo le tre di Atene, dopo PAOK e Aris, direi che c'è l'Atromitos. Qui c'è molta professionalità, ho trovato anche un gran valore umano, e anche delle belle strutture. Magari inferiori a quelle di un Bologna in Italia, ma comunque ben curate, parlando di noi. Quelle sopra, ovviamente, sono di un altro livello. L'Atromitos è nella zona ovest di Atene, non particolarmente ricca ma come tutte le altre caratterizzata da un grande seguito in tutti gli sport”. Le parole di Marchegiani ci hanno spinto a chiederci: ma quante squadre professionistiche ci sono ad Atene?

    MARCHEGIANI JR. A CM, L'INTERVISTA COMPLETA

    Moras ci spiega: “Atene è troppo grande, risucchia tutto e il resto del movimento non avanza. Adesso pure un po' meno, perché quando giocavo io c'erano 5/6 squadre in più tra prima e seconda divisione che erano tutte di Atene". In effetti, solo Salonicco riesce a proporre qualcosa di notevole tra le altre città, opponendo PAOK e Aris su livelli paragonabili alla triade ateniese. Una sorta di oasi a Nord che resiste all'attrazione gravitazionale della penisola dell'Attica. Ad Atene le società pullulano: in prima divisione troviamo squadre con pochi tifosi, perché sotto ci sono alcune grandi del passato che non riescono a risalire. Atromitos e Kifisia in prima divisione, Kallithea (appena promossa), Egaleo, Ionikos, Ilioupoli e le seconde squadre delle tre grandi in seconda. In totale fanno 12 squadre della stessa città tra Serie A e Serie B greca, per un numero altissimo di derby e quindi di partite ad alta tensione. Ma prima di occuparci della questione tifosi, diamo una rapida occhiata alle cosiddette Big Three: Olympiacos, Panathinaikos e AEK.

    OLYMPIACOS PIRAEUS – E’ la più giovane delle tre società, ma anche la più titolata con ben 47 campionati. Prima squadra in Europa a vincere cinque volte di fila la prima divisione nazionale in cinque lustri separati, i colori sono biancorossi e nello stemma c’è un atleta con una corona di alloro, simbolo della vittoria alle Olimpiadi (da qui il nome). E’ la squadra della città - sì, è una sorta di città a parte, con il proprio sindaco e tutto - portuale e industriosa del Pireo, contrapposta al Panathinaikos che rappresenta invece la borghesia e la classe dirigente nel centro della città.

    PANATHINAIKOS – Nato nel 1908, con il proprio nome si propone l’arduo compito di rappresentare tutta (“Pan”) Atene, ma in realtà è la squadra del centro della città e della classe dirigente. Nei colori biancoverdi e nello stemma con il trifoglio si notano influssi irlandesi: nel 1906, durante una sorta di Olimpiade di protesta contro l’internazionalizzazione dei Giochi, il canadese di origini irlandesi Billy Sherring vinse la maratona con un trifoglio, lo Shamrock, sulla canottiera. Gli ateniesi ne rimasero colpiti e decisero di adottare una simbologia analoga per il loro club. Il Panathinaikos ha in bacheca 20 campionati, ed è campione in carica della Coppa nazionale vinta pochi giorni fa in finale contro l'Aris Salonicco.

    AEK – Questo club è nato letteralmente dalle macerie della guerra. Tra il 1919 e il 1922 il conflitto greco-turco costrinse molte persone a spostarsi dai territori dell’ex Impero Ottomano verso la Grecia, e questi nuclei di nomadi, una volta stabilitisi, fondarono due squadre di calcio: l’Athlitikí Énosis Konstatinoupóleos, l'Associazione Atletica di Costantinopoli o appunto AEK, e il Panthessalonikeios Athlītikos Omilos Kōnstantinoupolitōn, l’Unione Atletica Pantessalonicese di Costantinopoli, in breve PAOK, una delle due grandi di Salonicco, fresco campione di Grecia chiudendo all'ultima giornata proprio davanti all'AEK. Non a caso, entrambe le squadre hanno nello stemma l’aquila a due teste simbolo di Costantinopoli, l’odierna Istanbul. Per l’AEK, il cui stadio ospiterà la finale di Conference League, 13 campionati, ma è l’unica delle tre a non essere sempre stata in prima divisione, per via della doppia retrocessione, sul campo e poi per problemi economici, patita nel 2013.

    LO STADIO DELL'AEK ATENE, ISPIRATO ALLE MURA DI COSTANTINOPOLI


    LE RIVALITA’ – Va da sé che tra tutte e tre le squadre c’è una rivalità feroce. Quella tra il Panathinaikos e l’Olympiacos è chiamata “Derby degli eterni rivali” o anche “la Madre di tutte le partite”, non solo nel calcio ma in tutti gli sport, per questioni di ceto sociale e perché si tratta delle due squadre più titolate; anche l’AEK ha un’animosità notevole nei confronti del Pana, perché la retrocessione del 2013 è avvenuta proprio in seguito ad una sconfitta per 2-0 cui si sono aggiunti tre fatali punti di penalizzazione per via di scontri violenti fra tifosi; invece, Olympiacos e AEK sono agli antipodi in relazione all’identità politica, dato che la squadra del Pireo è prettamente associata alla destra, mentre quella del quartiere Nea Filadelfia alla sinistra.

    QUESTIONE TIFOSI – Il campionato greco è stato più volte sospeso o soggetto a chiusure degli stadi negli ultimi anni. Su questo ha certamente avuto un impatto la spaventosa crisi economica vissuta dalla Grecia dal 2009 in poi, ma il problema è più esteso. L’ultima chiusura degli stadi al pubblico, da dicembre 2023 a febbraio 2024, è stata decretata in seguito a 424 arresti e al ferimento grave di un poliziotto 31enne, poi finito in coma, in occasione di una partita di pallavolo tra Olympiacos e Panathinaikos. Perché allora è stato colpito il calcio? Perché, essendo queste società delle polisportive, non è raro che gli scontri fra ultrà si trasferiscano su altri terreni di gioco in un verso o nell'altro. Sempre l’anno scorso, un tifoso dell’AEK è morto accoltellato in una colluttazione con quelli della Dinamo Zagabria nel contesto della gara valida per i preliminari di Champions League. Sta diventando una triste abitudine, poi, vedere aggressioni agli arbitri, rei di decisioni "sgradite": da sei anni a questa parte vengono chiamati fischietti stranieri a dirigere i match di cartello, per assicurare la massima imparzialità. Nel marzo del 2018 il presidente del PAOK Savvidis ha invaso il terreno di gioco con una pistola in mano; nella primavera dell'anno scorso il nostro Davide Massa è stato colpito nelle parti intime dopo la fine di Olympiacos-AEK, e proprio nella finale di Coppa di pochi giorni fa la francese Frappart ha avuto bisogno di una scorta per sfuggire alle grinfie del numero uno dell'Aris Karipidis. 

    “L'ultima stretta ha avuto il suo effetto, ma il problema vero è quello che succede al di fuori degli stadi. Ciò che accade dentro rientra nelle responsabilità delle società, ma la mia preoccupazione va all'esterno degli impianti”, ci confessa Vangelis Moras preoccupato per il tam tam social di tifosi dell’Olympiacos euforici all’idea di poter vincere la loro prima competizione europea in casa dell’AEK, che di conseguenza sta organizzando la “difesa” del proprio stadio. In caso di vittoria, l’idea sarebbe quella di convogliare i festeggiamenti al Pireo evitando qualsiasi tipo di scontro. “Io ho giocato tanti derby in questi anni”, ci racconta Alberto Brignoli, “trovando sempre grande rispetto. Sono successi degli episodi, sì: abbiamo giocato in casa dell'Olympiacos a ottobre e un mio compagno è andato in ospedale perché gli è arrivato un petardo a un metro, ma quel petardo è arrivato dalla tribuna, non dai settori dove stanno i gruppi di tifosi organizzati. E' difficile in generale domare la singola persona”. Un problema, come abbiamo visto, che non si può risolvere del tutto chiudendo gli stadi o, come spesso accade, vietando le trasferte ai tifosi ospiti. “La verità è che bisogna stare attenti”, ci conferma Gabriele Marchegiani. Che però garantisce sulla purezza della parte sana del calcio ellenico: “Qui ho trovato un bel modo di vivere il calcio, me ne sono un po' innamorato nuovamente”. Gli fa eco Brignoli: “Il calcio qua è tutto vero, ci sono coreografie, fumogeni, ti capita di iniziare dieci minuti dopo perché sono delle feste”. Da greco, Moras non nasconde che all'orgoglio si mescola un po' di preoccupazione: “Spero solo che non succeda nulla di grave, intorno allo stadio Agia Sophia sono tutti dell'AEK e sarebbe la cosa peggiore di tutte se ci fossero problemi. Non ne abbiamo bisogno in Grecia, dobbiamo solo tifare per la squadra greca in finale”.

    Olympiacos e Fiorentina, la finale di una competizione europea che ai viola manca dal 1961 e che i biancorossi non hanno mai alzato. Ma in ballo, intorno allo stadio e nell'animo di tutti i tifosi di Atene, c'è molto di più. Come canta Vasco, è tutto in equilibrio, sopra la follia.

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