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Il buio oltre Italia-Romania: ormai si pensa solo a sfottere e insultare
Frastuoni e rumori durante il minuto di silenzio, fischi all'inno rumeno, ancora fischi e insulti quando i numerosi tifosi balcanici cominciano a cantare per la loro squadra. La loro ripetizione al gol del vantaggio di Stancu, i classici insulti alla terna arbitrale, l'applauso ironico allo stop di Conte, l'agghiacciante coro “Chi non salta un rumeno è!” in un momento in cui essere cittadini del mondo dovrebbe essere una priorità, “Rissa, rissa” nei minuti di recupero. Abbiamo l'obbligo di non spaventarci se le generazioni future faranno ancora peggio. I primi maestri siano noi, e i piccoli guardano, captano ed elaborano.
Se noi “grandi”, anche in un'amichevole poco interessante, in questo contesto e periodo particolare continuiamo a comportarci così, non possiamo negare di aver toccato il fondo. Io, allenatore di pulcini, come devo comportarmi? Lunedì sera, in un incontro organizzato dalla Figc per gli allenatori di tutte le società del panorama bolognese, il dottor Sergio Roticiani (Coordinatore Didattico della Scuola Calcio Federale F.I.G.C.) aveva più volte ripetuto a tutti gli allenatori presenti: "Bisogna smetterla di badare al risultato se si vuole far crescere serenamente il nostro sistema calcistico", ricordando "che per i giovani calciatori noi siamo soprattutto educatori". Beh, ieri sera non mi è sembrato che il messaggio sia stato ricevuto. Vedere bambini di etnie diverse saltare a quei cori vergognosi è stato un colpo al cuore.
In una qualsiasi partita oramai si bada solo a vincere, a sfottere e ad insultare. Il problema di fondo sta alla base, perché in un'era cosi “malata”, il matto è colui che va contro queste logiche. Purtroppo, senza cascare in buonismi e passatismi che non mi appartengono, tifare è qualcos'altro, tifo è passione, tifo è emozione, tifo è soprattutto rispetto. Un rispetto che non abbiamo più e quindi bisogna ripartire, rifondare questa educazione sportiva e farne la base per una cultura, per i piccoli che diverranno “grandi“ .
Leonardo Valente