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Caos Brasile: otto stadi ancora incompleti e cresce la protesta contro il Mondiale
E va bene, avrà pensato Joseph Blatter, se non paga il Corinthians pagheremo noi della Fifa, in qualche modo si dovrà fare, perché un Mondiale brasiliano senza San Paolo, che Mondiale sarebbe? La pazienza è finita prima dello stadio Itaquerão, infinito, infinibile, col problema delle tribune mobili e delle infrastrutture, e del cablaggio, e della copertura tecnologica, e i suoi morti, già tre, morti per fare presto. Li caccerà la Fifa i reales — 60 milioni — che serviranno a completare lo stadio inaugurale della Coppa del Mondo. Mancano 68 giorni a Brasile-Croazia e niente, a Itaquerão, funziona.
Ventisei le irregolarità segnalate dai vigili del fuoco, tante da portare il ministero dei lavori pubblici dello stato di San Paolo a minacciare la chiusura del cantiere. Lo scorso 28 novembre una gru piovve sulle vite di due operai, accadde perché il terreno su cui posa lo stadio è incredibilmente friabile, 8 volte più del normale. La scorsa settimana un altro operaio ha lasciato la vita nell’improbo sforzo brasiliano di arrivare al traguardo del 12 giugno con il volto pulito e gli stadi perfetti. «Si lavora giorno e notte perché tutto possa essere consegnato in tempi brevi» raccontano gli operai, oberati da turni massacranti. «Non è colpa della Fifa se nei cantieri si muore» tuona Blatter, e poi la chiosa, «spetta alle autorità locali», già.
Il Mondiale, inizialmente previsto a costo zero per il governo, richiederà uno sforzo da 14 miliardi di dollari alle casse federali. Quattro anni fa anche il Sudafrica versava in condizioni simili, poi tutto andò. Ora il pessimismo, già espresso dal numero due della Fifa Valcke e stemperato da Blatter, è moltiplicato, ampliato dall’enormità dell’evento, distribuito su tutto l’immenso Brasile, anche in luoghi mai raggiunti dal pallone, con stadi costruiti ex novo per accontentare potentati locali e per ragioni geo-politiche. Ma non potendo spostare il via del Mondiale, rischiano di spostarsi alcune partite. Quante? Una marea. Oltre all’arena del Corinthians, sono quattro gli stadi ancora per aria.
L’Arena Amazonia di Manaus si è svelata ieri, tutto ok per le autorità locali, qui ci giocherà l’Italia, ma chissà se per il 14 giugno l’impianto audio, le strutture per le telecomunicazioni e un’infinità di altri dettagli saranno a posto: ieri non lo erano. Poi c’è il problema elettrico, il rischio blackout lanciato dall’Agenzia nazionale dell’energia elettrica, Manaus rischia quanto Porto Alegre e Curitiba di trovarsi al buio nel bel mezzo di una partita. Il Beira-Rio di Porto Alegre fu inaugurato simbolicamente due mesi fa dalla presidente Rousseff, dopo non se n’è fatto più nulla. Non va meglio a Curitiba, dove i lavori versano in colossale ritardo per le difficoltà a ottenere i finanziamenti dalla Banca dello sviluppo economico e sociale del governo da parte dell’Atletico Paranaense, che nell’antica e bellissima Arena de Baixada gioca dal 1924. E a Cuiabà, nel Mato Grosso, una pioggia insistente, mercoledì, ha mandato in tilt strade e accessi, allagando tutto e mandando nel panico il comitato organizzatore, che ora giura «non accadrà più». Dovesse saltare anche uno di questi stadi, si giocherebbero più partite a Brasilia, o al Maracanã, o dove si riuscirà a trovare uno spazio, e chissà cosa succederebbe con i biglietti, appena il 45% dei quali è stato acquistato da tifosi. Oltre metà degli stadi sarà pieno di autorità, vip, dirigenti, sponsor. Doveva essere il Mondiale del popolo brasiliano. Ma il 58% dei brasiliani, secondo un sondaggio, vorrebbe la Copa do Mundo ad anni luce dal paese. E presto, portati in strada dall’insostenibile peso dei numeri, potrebbero tornare in piazza gli indignados, la coscienza civile di un popolo stanco.
(La Repubblica)
Ventisei le irregolarità segnalate dai vigili del fuoco, tante da portare il ministero dei lavori pubblici dello stato di San Paolo a minacciare la chiusura del cantiere. Lo scorso 28 novembre una gru piovve sulle vite di due operai, accadde perché il terreno su cui posa lo stadio è incredibilmente friabile, 8 volte più del normale. La scorsa settimana un altro operaio ha lasciato la vita nell’improbo sforzo brasiliano di arrivare al traguardo del 12 giugno con il volto pulito e gli stadi perfetti. «Si lavora giorno e notte perché tutto possa essere consegnato in tempi brevi» raccontano gli operai, oberati da turni massacranti. «Non è colpa della Fifa se nei cantieri si muore» tuona Blatter, e poi la chiosa, «spetta alle autorità locali», già.
Il Mondiale, inizialmente previsto a costo zero per il governo, richiederà uno sforzo da 14 miliardi di dollari alle casse federali. Quattro anni fa anche il Sudafrica versava in condizioni simili, poi tutto andò. Ora il pessimismo, già espresso dal numero due della Fifa Valcke e stemperato da Blatter, è moltiplicato, ampliato dall’enormità dell’evento, distribuito su tutto l’immenso Brasile, anche in luoghi mai raggiunti dal pallone, con stadi costruiti ex novo per accontentare potentati locali e per ragioni geo-politiche. Ma non potendo spostare il via del Mondiale, rischiano di spostarsi alcune partite. Quante? Una marea. Oltre all’arena del Corinthians, sono quattro gli stadi ancora per aria.
L’Arena Amazonia di Manaus si è svelata ieri, tutto ok per le autorità locali, qui ci giocherà l’Italia, ma chissà se per il 14 giugno l’impianto audio, le strutture per le telecomunicazioni e un’infinità di altri dettagli saranno a posto: ieri non lo erano. Poi c’è il problema elettrico, il rischio blackout lanciato dall’Agenzia nazionale dell’energia elettrica, Manaus rischia quanto Porto Alegre e Curitiba di trovarsi al buio nel bel mezzo di una partita. Il Beira-Rio di Porto Alegre fu inaugurato simbolicamente due mesi fa dalla presidente Rousseff, dopo non se n’è fatto più nulla. Non va meglio a Curitiba, dove i lavori versano in colossale ritardo per le difficoltà a ottenere i finanziamenti dalla Banca dello sviluppo economico e sociale del governo da parte dell’Atletico Paranaense, che nell’antica e bellissima Arena de Baixada gioca dal 1924. E a Cuiabà, nel Mato Grosso, una pioggia insistente, mercoledì, ha mandato in tilt strade e accessi, allagando tutto e mandando nel panico il comitato organizzatore, che ora giura «non accadrà più». Dovesse saltare anche uno di questi stadi, si giocherebbero più partite a Brasilia, o al Maracanã, o dove si riuscirà a trovare uno spazio, e chissà cosa succederebbe con i biglietti, appena il 45% dei quali è stato acquistato da tifosi. Oltre metà degli stadi sarà pieno di autorità, vip, dirigenti, sponsor. Doveva essere il Mondiale del popolo brasiliano. Ma il 58% dei brasiliani, secondo un sondaggio, vorrebbe la Copa do Mundo ad anni luce dal paese. E presto, portati in strada dall’insostenibile peso dei numeri, potrebbero tornare in piazza gli indignados, la coscienza civile di un popolo stanco.
(La Repubblica)