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    Il bad boy Livaja è solo un ricordo, ora la Croazia si affida a lui: l'Inter, i pugni e la tragedia del padre

    Il bad boy Livaja è solo un ricordo, ora la Croazia si affida a lui: l'Inter, i pugni e la tragedia del padre

    • SG
    La Croazia non molla i Mondiali in Qatar e nella vittoria sul Canada ritrova i suoi attaccanti: segnano Kramaric, due volte, e Marko Livaja. La storia di quest’ultimo è fatta di due binari paralleli: quello del suo talento, cristallino fin dalla tenera età, e quello dei suoi comportamenti, discussi e discutibili da altrettanto. Il croato da quei binari è spesso uscito, motivo per cui la sua carriera non è mai decollata.

    CARRIERA - Marko inizia in patria. Passa dal vivaio della Dinamo Zagabria anche se lui è uomo di Spalato, con l’Hajduk nel sangue. Lo prende l’Inter a 18 anni e, dopo un paio di prestiti a Lugano e Cesena, comincia a brillare: con Stramaccioni vince il campionato Primavera 2011/2012 e la NextGen, l’antenata della Youth League. I paragoni si sprecano, segna 4 gol in 14 presenze con la prima squadra ma viene sacrificato all’altare del mercato. Entra nell’operazione che porta Schelotto a Milano e passa all’Atalanta. Qui le magie diminuiscono e gli episodi controversi aumentano. Il classe 1993 non si fa tanti amici a Bergamo. In rapida successione litiga con Colantuono, allora tecnico dei nerazzurri. Poi scaglia un pugno in allenamento a Radovanovic in una sfida serbo-croata d’altri tempi. Un episodio che segna la sua esperienza in Italia. Lo stesso centrocampista in un’intervista aveva rivelato di essere rimasto sotto shock dopo quanto successo e dopo aver visto Livaja ridere di gusto per avergli fatto colare del sangue dal naso.
     
    GIRAMONDO - Finisce spesso fuori rosa, e con i tifosi non va tanto meglio. Dopo gare in cui veniva preso di mira dai suoi stessi tifosi – il croato si lamentò di essere stato etichettato come ‘zingaro’, di aver ricevuto insulti razzisti e minacce alla famiglia – risponde per le rime, scrivendo un messaggio su Facebook, poi cancellato, in cui li appella come ‘italiani bastardi’. La storia non poteva che finire lì. Continua il suo giro per il mondo. Gioca al Rubin Kazan, torna in Italia, all’Empoli, e poi al Las Palmas e all’Aek Atena. Le Livajate però non lo abbandonano. Dopo un’espulsione, spinge l’arbitro e si becca 5 giornate; in Grecia invece rifila un calcio al petto di un avversario. L’unica soluzione è casa, è l’Hajduk dove tornare a respirare e a sentire l’affetto della sua gente.

    CASA - E dove gioca a quello che è il suo sport preferito, altro che calcio. Stiamo parlando della Skalina, una variante del gioco. Tre mesi fa, proprio Spalato ha ospitato una sorta di Coppa del Mondo di questo gioco. Le regole? Una sorta di calcetto giocato 3 vs 3 in strada, in campetti con porte con pali altissimi, una traversa rimpicciolita e un pallone sottodimensionato. Ma la particolarità è una scala fatta di alcuni gradini posta in mezzo al campo. È qui che è nata la carriera calcistica di Marko Livaja, vero e proprio idolo di coloro i quali amano questa disciplina e, forse, il più forte ad averci mai giocato. Qui, come raccolto dal Guardian, veniva presentato come un "teppista senza cervello" ma è anche qui che ha iniziato a far parlare di sé. A 16 anni è stato il capocannoniere del torneo indoor anche se la sua squadra ha perso in finale, giocando davanti a 10.000 persone e battendo giocatori come Perisic e Rakitic. Proprio giocando a questo strano sport, ha conosciuto e giocato insieme al suo idolo d'infanzia, quel Davor Suker che ha portato in alto la Croazia e che ora vuole imitare. A Skalina, Livaja gioca ancora ogni volta che può. Se prima però doveva farlo all'insaputa dei club per cui era tesserato, ora all'Hajduk ha carta bianca e non di rado lo si trova nel campetto, circondato da un suo murales gigante.

    FAMIGLIA – Ora Marko è una persona diversa, ha messo la testa a posto. In questa stagione ha già 11 gol e 9 assist in 21 gare, nella passata ne ha segnati 32 in 40 partite. In totale sono 50 in 78 con 23 assist con la maglia dell'Hajduk, un dominio, numeri da record per il suo club e che gli sono valsi il rinnovo fino al 2027 e la chiamata di Dalic. "Nessuna offerta potrà portarmi via da qui. Non ho mai giocato per soldi ed essere qui, a casa, è ciò che è importante per me. Mi diverto ogni giorno”, ha detto dopo essersi accordato con il suo club. Un magic moment che dal club prosegue alla nazionale, ritirata su dal suo gol al Canada in una gara da vincere, e vinta. La dedica non può che essere per Iris, la donna che ha scelto al suo fianco. Molto più grande di lui, la modella croata ha 43 anni e gli ha già dato due figli, ponendo fine alla lunga e tribolata vita notturna del giocatore. In patria infatti era stato protagonista del gossip e aveva avuto tanti flirt. Ma un ultimo pensiero nella prima grande manifestazione con la nazionale a cui partecipa, non può non andare a suo padre, Milan. Solo pochi mesi fa questi era deceduto in un incidente a Castel San Giorgio, 15 km da Spalato. In una notte tra sabato e domenica, Livaja senior aveva cercato di immettersi sulla tangenziale in motorino ma lo aveva fatto nella direzione opposta e un’auto lo aveva ucciso.



     

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