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Ibrahimovic il supereroe: il Dio che si è arreso al tempo, alle emozioni e a quel piccolo tremolio all'addio
L’urgenza fisica del fuoriclasse - un’urgenza a sua insaputa - si concentra tutta lì, tra i muscoli della bocca, dentro lo smottamento della mascella, l’emozione trattenuta, il groppo in gola, le parole consegnate al vento. C’è stato un momento, in cui il campione è stato - non è nemmeno corretto dire travolto - ma schiaffeggiato dall’emozione, perché lo schiaffo arriva senza preavviso.
Di Ibra si può pensare tutto, nessuno può però dubitare della straordinarietà del suo percorso. E’ stato un’anomalia. Diverso da tutti, uguale solo all’idea migliore di se stesso. Non ce n’è stato uno che gli somigliava, non c’è e forse non ci sarà. Ibra è stato Ibra, fin dall’inizio, fin da quando - giovane assai - arrivò alla Juventus: aveva i capelli lunghi e lo stesso ego.
Quell’ego incrinato nella sua arroganza, da quella piccola onda facciale, un’onda arrivata in mare aperto, rapidissima e fuggevole. Un tremore di foglie, ecco cosa è stata quella mascella che tremava. Un tremore di foglie secche al vento, lungo il viale del tramonto.
Sarà bello ricordare dei venti e passa anni di calcio - bellissimo in tutti i suoi gesti - proprio questo gesto minimo, che ci restituisce non tanto la divinità a cui il nostro si atteggia, quanto il suo essere uomo. Anche Achille si fa fragile, prima della battaglia. Godbye. ma anche God sai. Lo sai - e lo sappiamo noi - che questo è Ibra. L’uomo con una sola fede, quella in se stesso. L’uomo con una sola religione, io esiste. L’uomo che crede nei suoi superpoteri - li ha, certo che li ha - e poi però si arrende ad un tremare di foglie, si spiace del vento che porta via tutto, si controlla senza riuscirci, perché nel consegnarsi alla leggenda, la mascella ha fatto il suo dovere: ci ha detto che in fondo, da oggi per Ibra comincia una nuova vita.